Prospettive di Chiesa

La pienezza del Regno che la Chiesa annuncia sarà sempre al di là delle realizzazioni, anche delle più seducenti e incoraggianti.
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Una comunità di fedeli non deve mai cedere alla tentazione di identificare il Vangelo con l'ideologia politica di uno o di tutti i suoi membri.
Qualunque sia il rapporto tra gli uni e gli altri, essi devono sempre rispettare l'autonomia dell'uno rispetto all'altro e non abdicare alla propria responsabilità di uomini scaricandola sul Vangelo.
Lo scacco delle democrazie cristiane, dopo quello dei fascisti cristiani e delle monarchie cristiane, ci deve rendere attenti contro la tentazione di un socialismo cristiano. L'aggettivo è ambiguo nella misura in cui insinua un identificarsi del sostantivo con il programma evangelico, perché questa identificazione è assurda.
Sicuramente questo fatto condanna la Chiesa, in quanto tale, a una certa inefficacia politica. E' vero, mi sembra tuttavia necessario ribadire che non tocca ad essa, ma ai suoi membri (senza nessuna eccezione) l'impegnarsi completamente nella lotta politica per un mondo migliore.
Non si può del tutto evitare un certo numero di infrastrutture necessarie per il suo autofunzionamento, e che lo si voglia o no esse rappresentano una realtà politica.
L'ideale sarebbe, sicuramente, ridurre al minimo queste infrastrutture. Dopo il 1870 è apparso chiaro che la Chiesa non aveva bisogno dello Stato Pontificio. Allo stesso modo oggi non ha bisogno della Città del Vaticano. Essa potrebbe liberarsi di molte istituzioni e di molte proprietà che, forse giustificate un tempo per il ruolo di supplenza che la Chiesa doveva assumere in confronto delle carenze della società, sono oggi un peso assai faticoso da sopportare. In alcuni paesi come in Francia la separazione fra stato e Chiesa, a dispetto delle lamentele di quasi tutti i cristiani del tempo, ha certamente significato una grande liberazione. Più per la Chiesa che per lo Stato. Noi però portiamo ancora dei grossi pesi, a cominciare da un corpo di effettivi che costituiscono «il clero», veramente troppo grande.
Più la Chiesa comporta un «establishment» più viene ad essere legata a un «establishment» sociale e politico e il suo peso gioca a favore di un conservatorismo opposto alla esigenza della Fede, che essa continua a predicare, ma che ormai suona falso, perché in contrasto con l'istituzione.
Quanto più essa rinuncia ad avere infrastrutture proprie, quanto più usa i mezzi che la città mette a disposizione di ogni associazione di cittadini tanto più essa diventa trasparente per il messaggio che deve annunciare. L'ideale sarebbe una Chiesa senza locali propri, senza ministri a pieno tempo, che raduna nella casa del popolo della città i fedeli che sono uniti dalla fede in Gesù, intorno ai ministri, uomini dell'unità, che non possono essere identificati con la Chiesa, finché difenderanno l'autonomia della propria vita domestica, professionale e politica.
Fin quando la parola «Chiesa» significherà un insieme di proprietà di terreni, di edifici, di funzionari e di istituzioni più o meno di beneficenza, invece di significare la comunione di tutti coloro che sperano e credono in Gesù di Nazareth, sarà difficile che la Chiesa non si mostri colpevole di doppiezza: rivoluzionaria per l'esigenza dei propri principi e reazionaria per l'inevitabile gioco della solidarietà di proprietà ed istituzioni. Sarà necessario passare ancora una volta per la purificazione del deserto. Sarebbe auspicabile che ciò avvenisse per libera scelta e non per imposizione altrui.
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Se l'uomo che cerca la propria umanità, incontra Gesù, Gesù di Nazareth, e l'esperienza della vita gli ha scavato delle orecchie capaci di capire le parole di Lui come parole di vita, allora la Chiesa ricordo vivente di Gesù e profezia luminosa del suo messaggio, ha una ragione d'esistere, non solo per se stessa ma anche per tutta l'umanità.
La soluzione di vita che essa propone agli uomini supera ogni dottrina, morale, politica, e anche religiosa. Si tratta dell'«utopia di un mondo dove regnerà l'amore».
Le sue strutture, i suoi riti, i suoi ministri hanno valore solo in quanto concorrono all'annuncio e alla profezia di quel mondo nuovo che il Vangelo chiama il Regno.




B. Besret «Clefs pour une novelle Eglise»
Ed. Eeghers da «Le Monde» 11-12 aprile 1971



in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1971, Aprile 1971

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