Le cerimonie

Non sono andato ad assistere e a partecipare alla «presa di possesso» del mio Vescovo della mia diocesi.
Chi ha finito per convincermi a non andare è l'aver letto sul «notiziario della diocesi» le disposizioni, sistemate dal solito cerimoniere, per lo svolgimento della cerimonia.
Disposizioni per i sacerdoti: dall'abito fino ai canti processionali dal Palazzo Vescovile alla cattedrale.
Disposizioni per le R.R. Suore, vivamente pregate di lasciare libera la navata centrale per le Autorità e i Fedeli.
Disposizioni per i fedeli, lasciando liberi i posti riservati alle autorità.
Poi l'ordine della funzione, minuziosamente descritto fino all'alzarsi in piedi e allo star seduti e le altre disposizioni circa la concelebrazione o la comunione e poi i canti...
Il solito frasario, i soliti problemi, le solite ecclesiasticherie, le solite cose di cui c'è da dire per forza: ma quando li sbatteranno via i cerimonieri e la Chiesa la farà finita con le cerimonie, le liturgie a spettacolo, le cose sacre a teatro, il Mistero di Dio e di Cristo a manifestazioni di grandezza?...
Sono infinita sofferenza questi ritorni di constatazione che fondamentalmente niente è cambiato con tutte quelle riforme di cui non si è fatto che parlare e scrivere in questi anni di dopo Concilio.
E niente cambierà se non cambiano gli uomini modificando radicalmente il loro essere e quindi il loro presentarsi concretamente uomini di Dio, sgombrandosi d'intorno e liberando se stessi da tutta una incrostazione di modi e di sistemi umani, terreni, perché riesca a splendere un po' di Dio nella trasparenza limpida e cordiale della semplicità.
Non riesco a capire tutta una amministratività che si rifà a tutta una complicazione di titoli e sottotitoli, in una gradualità di poteri così orribilmente giuridica, fino al punto da rendere impossibile il riconoscervi i valori religiosi, soprannaturali.
C'è ancora un clero (non credo assolutamente più un popolo, meno quella minoranza che ormai sempre più si assottiglia, di gente di sagrestia), c'è ancora un clero che ha bisogno di titoli per riconoscere e accettare un Vescovo. Di nomine che sempre più si intensificano, quasi per aumentare il peso dell'autorità. Di prese di possesso a festa grande perché dalla sontuosità di un ingresso solenne ne nasca un maggiore rispetto e una più profonda considerazione dell'autorità del Vescovo. Come se qualcosa ne venisse a Dio di gloria da un certo modo di glorificare gli uomini, anche se sono i successori degli apostoli, una testimonianza più valida a Gesù Cristo, anche se ne sono, in quanto Chiesa, la continuità, una motivazione di spinta alla Fede per i cristiani, anche se ne sono i Pastori.
E' questo tipo di clero, di mondo ecclesiastico, di sensibilità clericale che continua a pesare terribilmente sulla Chiesa e affoga i Vescovi per una inevitabilità di adattamento dal quale non è possibile liberarsi, perché sarebbe necessario operare rotture che comporterebbero altre rotture, possibili soltanto a seguito di una convinzione assoluta e chiarissima che queste rotture aprono la strada al Regno di Dio.
Vi sono, me ne convinco sempre più, motivi, modi, sistemi, attrezzature, convenienze, rapporti, culture, strutture, ecc. nella Chiesa che ancora permangono come alberi secchi e ai quali ormai nessuno più crede come valori di possibilità, e nemmeno di segno, di Regno di Dio, di Mistero cristiano, eppure vengono meticolosamente conservati e affermati e continuati. Unicamente perché vi è una concatenazione gerarchica di questi valori, una burocrazia di dipendenze che nessuno oserebbe mai rompere. E anche perché vi sono uomini che hanno bisogno (non dico interesse) a che tutto possa e debba continuare, per il semplice motivo - è molto benevola la considerazione - che diversamente, allora, la Chiesa dove va a finire, cosa rimane della Chiesa?
Non posso pensare, assolutamente mi rifiuto, che andare a prestare giuramento per un nominato Vescovo residenziale nelle mani del Presidente della Repubblica, non significhi e non comporti un dramma interiore, qualcosa che sa di orribile, studiata, programmata mescolanza di sacro e di profano. Sta il fatto che ancora non è apparso quel Vescovo che si rifiuta davanti ad una imposizione simile, sia pure realizzata da un accordo fra Stato e Chiesa, perché forse pensa che darebbe un altro colpo al già traballante concordato o chissà per quali altri motivi ancora.
Non mi intendo di cose giuridiche, grazie a Dio, ma è forse per questo che sento di più cos'è la libertà, quali sono i valori indispensabili all'annuncio della Parola di Dio, alla testimonianza del Mistero di Cristo.
Come ancora non mi è capitato di sapere che un nominato Vescovo di una diocesi non esistente, si rifiuti di accettare di essere fatto Pastore, e sa che il suo gregge esisteva qualche secolo fa e forse non andrà mai su quella terra, di cui porta il titolo nemmeno a baciarla e a segnarla di una croce.
Io, quando anni fa è venuto un Vescovo a dare aiuto alla vecchiaia del Vescovo che mi ha ordinato sacerdote, l'ho accolto con tutto l'Amore e la Fede che ho per il Vescovo e con tutta l'amicizia personale di cui sono stato capace.
Prima era Ausiliare ad personam, poi Amministratore Apostolico, poi Amministratore Apostolico con diritto di successione, e dopo tredici anni che è in diocesi, il solito clero gli ha organizzato la solenne presa di possesso: per me non è cambiato niente, non è diventato di più, non ha più Spirito Santo: è il mio Vescovo, l'uomo col quale vivo il mio sacerdozio e condivido più che mi è possibile il mio giocar tutto per il Regno di Dio.
Sono anni che nella Messa mettevo i due nomi, del vecchio e venerando Arcivescovo e del Vescovo Ausiliare: ora il segretario del Culto divino, dietro richiesta, data la presa di possesso, ha disposto che possono e devono essere ricordati i due nomi. E tutto ora è a posto.
Con i problemi che travagliano la Chiesa e il mondo, nella situazione attuale di guerre e rivoluzioni, di sopraffazioni e di violenze private e pubbliche, la Chiesa, cioè il solito apparato della Chiesa, non dovrebbe aggravare le difficoltà che già gran parte del clero, specialmente quello più giovane, stanno soffocando.
Mi sono venute in mente tutte queste cose, e chissà quante altre ancora, quando la mattina dopo - era domenica - insieme ad alcuni preti della comunità, sono andato a celebrare la Messa in un cantiere che gli operai avevano occupato per difendere un lavoro che è un pezzo di pane. Abbiamo celebrato la Messa senza il cerimoniere.


don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP marzo 1971, Marzo 1971

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