Il popolo eletto

Paul Gauthier

Il popolo eletto è dunque ogni popolo che soffre lo sfruttamento e che è in via di liberarsene. Se un giorno questo popolo s'arricchisce al punto da sfruttare a sua volta altri popoli resterà ancora «il popolo eletto»? Non c'è bisogno della Bibbia per sapere chi è l'eletto da Dio. Basta ricordare che Dio è giusto. Il suo amore va dunque di preferenza a quelli che sono vittime dell'ingiustizia. Fra tutti i popoli e tutti gli uomini, quelli che Dio ama con amore di predilezione sono i poveri, i piccoli come Ismaele, gli sfruttati come Israele in Egitto. Oggi il popolo palestinese è certo amato con questo amore di predilezione a motivo del suo esilio nel 1948 e nel 1967 e del suo massacro nel settembre scorso. E' lui attualmente il vero Israele, il véro Ismaele abbandonato in pieno deserto, che vive sotto la tenda e guarda da lontano la terra promessa. Nel vangelo, il Cristo, per i cristiani, si è identificato a quelli che hanno fame, che non hanno casa, stranieri, prigionieri, malati. (Mt. 25, 35-40 .
Egli vive oggi in modo speciale in questo popolo, straniero ovunque si trova perché scacciato dalla sua terra, ridotto a ricevere razioni da fame e a vivere prigioniero nei campi, alcuni da 22 anni. Egli vive in questo popolo oggi ferito, mutilato come questi uomini amputati, che provano le loro stampelle, o ciechi che cercano a tastoni di riscoprire il mondo la cui luce si è spenta per loro, come questi bambini vittime dei carri armati che hanno sparato sulle loro povere case, e che si accorgono di non avere più mani, gambe, braccia, e chiedono con angoscia quando ne riceveranno di nuove.
I cristiani lungi dal lasciarsi influenzare dalle pubblicazioni sioniste, devono sapere che il Cristo continua a soffrire la sua passione in questo popolo palestinese, come nel popolo vietnamita e in tutti i popoli vittime dell'ingiustizia e dello sfruttamento che le nazioni ricche fanno loro subire.
Se è questo per i credenti il significato religioso e cristiano del popolo palestinese come di tutti i popoli sfruttati, non si può comprendere l'atteggiamento di una chiesa che si è legata alle nazioni ricche e sfruttatrici fino al punto da apparire come una nemica agli occhi dei popoli poveri. Allineata alle nazioni che si comportano come dei e che esigono dai sudditi il sacrificio della vita per la difesa dei loro interessi, legata a queste nazioni da relazioni diplomatiche, come la chiesa così istituzionalizzata, secolarizzata, potrà efficacemente alzare la voce per denunciare le iniquità di quel sistema che divide la umanità in nazioni le quali dispongono ciascuna del diritto di abbandonare il loro popolo all'ecatombe delle guerre? Come potrà la chiesa, dopo essersi ridotta allo stato di nazione indipendente, condurre l'umanità verso l'unità? Come potrà, se vive essa stessa del capitalismo, denunciare il principio stesso del capitalismo, il servizio del denaro come sorgente di ogni male (cfr. I Tim. 6/10 - Matt. 6, 24)? Il prestito a interesse è sempre stato condannato dai profeti (Ez. 18, 8 e 13, 22-12; Ps. 15, 5; Lev. 25, 37; Es. 22, 24; Le. 3, 35). La chiesa ha tollerato il prestito a interesse alla fine del 18° secolo: come può adesso denunciare il sistema che gli stessi economisti riconoscono come causa dell'arricchimento progressivo delle nazioni ricche e della corrispettiva depauperazione dei popoli poveri (cfr. Mc Namara presidente della banca mondiale alla riunione del F.M.I. settembre 1969)? Col suo silenzio e la sua partecipazione al sistema capitalista la chiesa si rende complice di coloro che sfruttano i popoli poveri. Prigioniera essa stessa di istituzioni che si è. data, non ha più la libertà di vivere e di annunciare il vangelo.
Così molti dei cristiani che per fedeltà all'amore di Gesù di Nazareth si sono sempre più legati ai popoli sfruttati sono entrati in crisi nei confronti di questa chiesa istituzionale. La lotta che conducono per la liberazione dei popoli sfruttati, in tutto solidali con questi popoli, ha aperto loro gli occhi sulla realtà del mondo e del suo dramma. Fra tutti questi popoli il popolo palestinese ha un pesante significato: scacciato dalla sua terra da un popolo eletto è divenuto esso stesso questo popolo eletto a causa dei pesi d'ingiustizia che porta. Massacrato dai mercenari dei ricchi, soffre la passione di Cristo.
Perseguitato dai discendenti dei profeti che, invece di aprire all'umanità la strada per superare i nazionalismi verso l'unità di tutti gli uomini si chiudono in un nazionalismo razzista, il popolo palestinese animato dallo spirito profetico propone una Palestina democratica in cui tutti, arabi ed ebrei, israeliti, musulmani e cristiani godranno dell'uguaglianza di tutti i loro diritti.
Vi sarà certo una dura lotta da fare per liberare l'umanità dalla tendenza di ogni religione a credersi superiore alle altre, che sia l'Islam, l'ebraismo o il cristianesimo.
Ognuna si crede «il popolo eletto» e da questa elezione pretende trarre favori e vantaggi temporali. Quando dunque i credenti capiranno che la fede in Dio può conferirci solo doveri di giustizia verso tutti gli uomini, perché, se Dio esiste, è il Dio giusto e buono per tutta l'umanità?

PAUL GAUTH1ER

Da «La questione palestinese nel giudizio di Paul Gauthier». Articolo apparso sulla «Rocca» del 15 gennaio 1971.



in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1971, Febbraio 1971

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