Storie di lavoro: in un cantiere navale

Il nostro è un lavoro nuovo che oggi non si può ancora chiamare mestiere. Ci sono impiegati alcuni falegnami che organizzano e dirigono due squadre di operai.
E' importante farne una breve descrizione.
Nelle due stive di una nave di circa 150 metri si trovano 6 serbatoi cilindrici lunghi da 20 a 30 metri ciascuno con una circonferenza di 24 metri: devono essere rivestiti di plastica come isolante termico, perché dovranno contenere un gas che arriverà a 45° sotto lo zero.
Non c'è poesia nella nostra vita, ma solo lunghe fila di «passi d'uomo» da attraversare, carichi di cunei, spessori e puntelli per fermare alle pareti esterne dei serbatoi i pannelli di plastica.
Qualche volta a sentirne parlare sembra un giuoco da bambini. Ma spesso non si considera il disagio e lo scomodo che comporta fare lo stesso lavoro per giornate, senza alcuna variante, se non le esalazioni irritanti e nocive delle colle, e il sali e scendi sui tubi «Innocenti» a diversi metri di altezza.
Invano si cerca un'impalcatura seria per un lavoro da uomini, e quando si rivede il cielo (fuori della stiva) con i piedi ben saldi in terra, sembra che ricominci di nuovo la vita.
Noi ci siamo trovati insieme all'inizio dell'inverno, come per caso, arrivando da strade ed esperienze diverse. Un gruppo di persone quasi folcloristico. Ma il bello della diversità va a scapito della coscienza operaia.
Per formare un insieme ci vogliono anni e in certi casi anche molto di più. Noi ci siamo cominciati ad accorgere di essere insieme per lottare, già abbastanza presto, ma anche molto tardi. Buona parte di noi sono lavoratori stagionali, cioè, come capita a Viareggio, durante l'estate il luogo di lavoro si sposta sulla spiaggia, così la compattezza di una coscienza comune ne risente notevolmente, considerando la sosta dei mesi estivi.
Questo è uno dei terreni fecondi per lo sfruttamento da parte dei padroni.
Perché quando ci si accorge di dover chiedere qualcosa che è nostro, o viene allungata qualche ora fuori busta, o ci si sfalda al pensiero della bella stagione.
Consola il fatto di trovarci fra uomini con una notevole ricchezza di vita. Non quella ricchezza che fa effetto o che si può idealizzare, ma quella normale di chi parla della sua famiglia, dei figli, dei problemi del mondo e del sesso (anche qualche volta..). La ricchezza disordinata e non capitalizzabile dei poveri.
C'è qualcuno che la sfrutta, che ci specula, che ci fa i films da cassetta, ma qui tutto è ricondotto alla genuinità.
Una vivacità però individualista, non ben collegata insieme, se non dagli scontri delle discussioni chiassose o dalle amicizie che cominciano a farsi luce, nella semplicità della vita comune.
Per caso c'è anche il prete che cerca di raccogliere ogni cosa, dallo spunto sindacale, alla battuta amichevole, al caso serio di famiglia, a tutto quel mare di «umano» che sta nascosto nel fondo o nei doppi fondi di questi uomini.
Una presenza che non riesce a trovare la sua casella perché pulsa (o cerca di farlo) con la vita di ognuno e di tutti, in un'unica direzione: quella che porta alla comunione di ogni cosa con il Tutto.
C'è una cosa che dispiace: che forse, o per incapacità o per impossibilità espressive non possa trasparire pienamente quello che scorre in questa esistenza, come movimento (fallito o riuscito) di massa, come fatto umano di insieme che cresce nelle diversità, come vita di sofferenza di sfruttamento che vuole una sua risposta, come incarnazione silenziosa del mistero di Dio, pur rimanendo tutto ben nascosto nel seno della vita di tutti i giorni.
Una nota finale, amara, ma significativa. E' vero che il lato economico dovrebbe avere una rilevanza minore rispetto ai valori umani, ma è anche vero che questi sono spesso schiacciati dall'assillo di non arrivare mai al necessario per le esigenze normali di famiglia.
Un manovale - e sono la maggioranza - prende 352 lire l'ora e in fondo al mese porta a casa una busta paga che oscilla fra le 60.000 e le 65.000 lire, lavorando 43 ore alla settimana.

(Un gruppo d'operai della «Pluriplast» Cantieri M. B. Benetti - Viareggio)



in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1971, Febbraio 1971

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