Motivi di Fede

L'essere vivi significa molte cose e cioè tutto l'esprimersi, il realizzarsi, lo sbriciolarsi del vivere nella storia quotidiana di ciascuno inquadrata, spinta o condizionata, spesso travolta, dalle vicende della grande storia, quella che va avanti per conto suo, anche se a volte ci dispiace e ci ribella.
La vita vuol dire l'essere entrati dove dopo è assurdo tentare di uscire, dove è sciocco pensare che è come non essere legati a catena. E' una vicenda dalla quale è impossibile liberarsi, nonostante anche il dibattersi più arrabbiato e la pazzia del tentar di spezzare le sbarre.
E' una prigione, dorata o squallida che sia, affogata di benessere o sopraffatta di disperazione.
E' Dio che ha creato questa prigione, anche se voleva che nemmeno vi fosse l'orizzonte a chiuderla, ma infinita fosse di spazio e eterna di tempo.
Ma quando dal nulla si entra in una precisazione, cioè in una realtà di spazio e di tempo, si comincia ad esistere e quindi si inizia una storia: cioè continuità, a quell'inizio. E il fatto che esisto indica eluso il tempo del nulla iniziando il tempo dell'esistere.
Come far scaturire in un deserto una sorgente violenta di acqua e comincia il fiume con tutto quello che il fiume significa e comporta.
La prima cosa che per me vivere vuol dire è l'essere entrato e il ritrovarmi dentro questo cammino che continua a nascere dal nulla e porta all'esistenza: una goccia d'acqua che è scaturita dall'antica sorgente nel deserto e è fiume di vita.
La visione e l'apprezzamento, cioè la valutazione religiosa della vita, è il riallacciarsi e il giudicarlo continuità, a quell'inizio. E il fatto che esisto indica che quel rapporto non è mai stato rotto nemmeno per un istante: la catena non ha un anello spezzato, il fiume nemmeno un attimo di secca.
I miei genitori d'accordo, la mia patria, la storia fino al di là dell'età della pietra, la razza, la cultura, la civiltà... tutti mi hanno partorito (con dolore e angoscia tutti e senza nemmeno pensare a me), ma quello che conta è che sono io ora ad esistere e per capirmi e ritrovarmi è nel rapporto fra il nulla e l'esistere (esattamente come quello all'inizio) che riesco a intravedere cosa sono e che cosa devo fare.
Credere in Dio ed accettarlo come motivazione del mio essere, per me è più facile assai che credere che sono nato da mio padre e da mia madre. Perché il mio nascere per me, cioè per il mio vivere è essere uscito dal nulla, cioè dal non esistere. E la ragione, il motivo del mio venire all'esistenza dal nulla è nel Pensiero di Dio, non nel meccanismo che si inizia da Adamo e da Eva (o chi per loro).
La mia spiegazione è Dio e non rifacendomi all'origine del mondo, ma rifacendomi alla ricerca della spiegazione di me stesso. La goccia del mio esistere è uscita dalla sorgente. E' il sentirmi anche soltanto una goccia che mi richiama alla sorgente.
È questo non è per una dimostrazione dell'esistenza di Dio ritrovata nell'evidenza del rapporto immediato e diretto fra Dio e il mio esistere (ho sempre pensato dopo le fesserie che si pensano a scuola accettando le fesserie che hanno pensato e pensano gli altri, anche se si tratta di gente famosa, che è assurdo e sciocco tentare di dimostrare agli altri l'esistenza di Dio) non è quindi questo mio riflettere tentativo di indurre alla Fede, ma piuttosto premessa ad un discorso di cosa comporta di stupendo, di profondamente umano, di liberante fino alla possibilità (credo l'unica) di costruzione vera di una vita e quindi della vita, del credere in Dio fino a scoprirlo nella radice costitutiva e determinante del proprio essere.
Nasco dal pensiero di Dio (ed è ogni momento questo nascere, compreso il momento del morire) e sono introdotto nel fiume della vita per volontà di Dio.
La purezza e la libertà più vera e più seria la scopro da questo mio diretto rapporto fra me e Dio.
Bisognerebbe saper immaginare (ed esaltarsene) cosa vuol dire «storicamente» e cioè per la verità e grandezza del mio vivere, che non si frappone niente fra me e Dio. E questo, ogni momento, fin dal mio primo momento.
E' acqua (fiumana quanto vuoi) che sgorga ora dalla sorgente.
E' fiore (conta pure chissà quante primavere) che sboccia incessantemente dall'albero.
E' sole che nasce da un'aurora incessante (metti pure miliardi di anni, ma ad ogni momento risveglia di aurora la terra e l'umanità).
Liberazione vuol dire sgombrare, toglier via ciò che ostacola anche se è semplicemente per un allargarsi del giro di rapporto.
E il vivere ha bisogno (è bisogno vitale) di cogliere la vita immediatamente e direttamente di là di dove la vita viene.
Bisogna che mi senta e mi ritrovi al di fuori della storia. Al di sopra di ogni cultura. Non dipendente da alcuna civiltà. Non appartenente a nessuna razza. Non condizionato da una politica. Assolutamente non determinato da un andazzo. Non dominato da quello che S. Giovanni nel suo Vangelo chiama continuamente «il mondo».
No. Non sono un selvaggio. Nemmeno un malinconico misantropo. E tanto meno un filosofo. O un menefreghista. Ossia un borghesaccio qualsiasi che si frega dì tutto all'infuori di se stesso.
Oppure pensa di me quello che ti pare.
lo voglio essere soltanto una vita che nasce dal suo Dio.
E questo sogno non mi è venuto su da sé: mi è venuto conoscendo Gesù Cristo. E' Lui che toglie via tutto e dà di trovarsi «faccia a faccia» con Dio. Cioè io (tu) e Dio.


don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1971, Febbraio 1971

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -