Il grande dovere

Vi sono dei doveri per il cristiano assolutamente determinanti. Condizionano la sua sincerità e verità di esistenza cristiana.
Per il loro adempimento occorrerà certamente tutta la vita e quindi non possiamo pretendere una immediata e totale attuazione, bisognerà però essere nella chiara e decisa disposizione a che siano vissuti in pratica, in concreto, per una ricerca seriamente impegnata di attuazione progressiva.
Forse non abbiamo ancora preso coscienza della essenzialità, per una sincerità cristiana, nella sua completezza di verità, per il Cristianesimo, di essere determinante di modo di vita, d'esistenza.
La sua verità teologica è tutta ordinata ad una verità d'esistenza. Verità d'esistenza che comprende il tempo e l'eternità, la terra e il paradiso, in modo così unitario, a continuazione così ininterrotta, che l'eternità sarà fedele continuazione di una scelta determinata, qui, nel tempo. La vita sulla terra, questa nostra povera vita di tutti i giorni, affogata di mediocrità e oppressa dall'inutile, ha la grandiosa e impressionante importanza di essere un inizio di «qualcosa» che avrà come continuazione e come compimento l'eternità. E' qui, fra le dure zolle del campo bruciato dal sole e spazzato dal vento, che matura il buon grano da riporsi nel granaio celeste e l'erba cattiva da raccogliersi in fascio al tempo della mietitura, per essere bruciata.
Il Paradiso è quel pugno di lievito deposto nell'anima e nel cuore (e nel destino) di ogni uomo, e di tutta l'umanità, che deve fermentare tutta la massa così pesante, amorfa della nostra materialità terrena. E' il tesoro nascosto sotto la crosta indurita della nostra carnalità egoista e chiusa, che dev'essere scavata a costo di qualsiasi fatica, per poter trovare e prendere il tesoro. E' la perla preziosa per la quale non bisogna mai esitare, nemmeno un istante, a vendere tutto quello che abbiamo per poterla comprare.
Questo momento contiene già l'eternità. Vi è un momento (chissà quale nella successione così veloce fino a potervi non prestare attenzione) che deciderà dell'eternità. Un filo di seta al quale è legato l'infinito.
Non si può non sentire questa terra unita in modo essenziale (perchè così Dio ha voluto) al Cielo, fino ad esserne un tutt'uno, questo tempo come movimento in seno all'eternità.
Perchè Dio è qui. E' qui come lassù, anche se velato e nascosto. Fra gli uomini vive una presenza come di fatica, come di contadino che zappa il campo e fra i sassi e i rovi cerca di fare una zolla buona dove il suo seme produrrà il cento per uno. E attende con fiducia. Non si stanca mai, né mai si arrende. E' così che potrà riempire i suoi granai.
In Paradiso invece è Dio, svelato e liberamente tutto donato e accolto, in comunione di gloria e di beatitudine. E' come il pastore che ha chiuso l'ovile e le pecore sono pasciute e al sicuro. E' il padre buono che ha riabbracciato il figlio perduto e nella sua casa fa festa.
Il Cristianesimo è Dio che è venuto a condividere, fino all'impossibile, tutta la vita umana, Dio che è venuto ad abitare questa terra per vivervi una vita, un'esistenza terrena, perchè gli uomini possano vivere la vita di Dio: è uno scambio, il Cristianesimo, fra Dio e gli uomini, di esistenza; un dono vicendevole che, evidentemente, perchè possa ottenere la sua verità, va vissuto tutt'intero, nella sua completezza che comporta in sé Dio e l'uomo.
E Gesù Cristo crediamo che è vero Dio e vero Uomo.
Il cristiano non sarà vero Dio e vero Uomo, cioè autentica continuazione e precisa presenza di Gesù Cristo nel mondo, se la sua esistenza umana non consentirà che sia interamente, totalmente determinata da Dio.
La sincerità del nostro Cristianesimo sta tutta in questo essere unicamente costruiti da Dio nel nostro vivere quotidiano.
Principio di azione in noi, determinazione della nostra mentalità, costruzione della nostra personalità, criterio di giudizio, motivo di coraggio, rapporto col mondo ecc. nel cristiano può e deve essere soltanto Dio.
Il Cristianesimo è certamente una scelta: la più radicale e determinante scelta nella vita. Non si tratta di aver scelto Gesù Cristo piuttosto che Maometto o Budda. Gesù invece che Marx. Nemmeno vuol dire aver deciso di andare a Messa la domenica invece che starsene a letto e andare al cinema il pomeriggio. Portare al collo una crocetta invece che il cornetto o cose del genere. Pensiamo che avere deciso di essere cristiani non voglia nemmeno dire osservare una certa moralità rispettabile da ogni punto di vista. E nemmeno dare un paio di scarpe smesse a un povero o il pacco dono a Natale ai bambini della famiglia bisognosa. E nemmeno certamente può darsi che voglia dire, la scelta cristiana, coltivare la propria spiritualità, raffinare il proprio interiore, colmarsi di meriti e di preghiere...
La scelta cristiana, l'aver deciso di essere cristiani vuol dire avere accettato Dio nella vita, nell'esistenza umana. Vedere Lui, cercare Lui soltanto, in sé e negli altri, in tutto e in tutti. E' l'aver deciso di voler essere a servizio totale, a disposizione assoluta di Dio, dei problemi del Suo Regno, della salvezza del mondo.
L'aver scelto il Cristianesimo vuol dire aver deciso di coinvolgersi col Mistero di Cristo, dalla sua nascita nella mangiatoia, alla sua morte sulla Croce, al suo essere dentro la storia umana attraverso la Chiesa.
E coinvolgersi nel Mistero di Cristo significa gettarsi nel suo fiume di Fede e di Amore che tutto travolge, senza altra certezza di quella che c'è Dio e che Lui è tutto e che Lui può anche l'impossibile.
Il dovere del cristiano, più serio e più essenziale perchè è principio di assoluta verità cristiana, è quello di compromettersi con Dio fino al punto che la sua vita diventi e sia spiegabile soltanto con Dio. «Perchè anche i capelli del nostro capo sono contati e non cade un passerotto senza che Dio lo voglia», insegna il Vangelo.
Per questo immenso Mistero di visione assoluta di ogni valore, che rapporta tutto a Dio fino al punto che soltanto Lui è e è tutto e da Lui solo si riflette valore e importanza su tutte le cose, su se stessi e sull'umanità, il cristiano che ha fatto questa scelta e ha preso questa decisione di Fede totale, si trova spaventosamente solo in questo mondo e prova il terrore e la disperazione di chi si trova a smuovere la montagna e a gettarla in mare, col briciolo della propria Fede. Ma è normale e giusto che sia così.
E' allora però che si chiama Dio e si cerca la Sua Onnipotenza e si grida alla Sua Misericordia e ci si aggrappa al Suo Amore...
E' allora che si comprende dal più profondo il Mistero di Gesù, di Dio fra gli uomini, affinché gli uomini sappiano che vi è «un solo Dio e che bisogna servire a Lui solo» e possano concretamente appartenere a Lui e essere Suoi.
E' allora che ci si strappa dai propri egoismi. Ci si libera da ogni limite e da ogni grettezza. Non si ha più paura e incertezza. Si può perdere tutto il mondo e è come se niente si fosse perduto. Perchè ormai tutto è poco o niente, quando si è scoperto e ci si è dati a ciò che è tutto. E' la libertà del cristiano. E' il cuore aperto, l'anima pronta di chi ha accettato il Regno di Dio dentro di sé.
Allora l'eternità è già cominciata nel tempo. Il Paradiso è già, qui, su questa zolla di terra, aspra e dura, ma buona e fedele, però, perchè un giorno ci coprirà per seppellirci nella felicità del Cielo.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1964, Aprile 1964

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