La dolce pietà di Dio

Sto invocando - e è quasi un gridare - la dolce pietà di Dio. Ma non perchè copra o cancelli peccati e rifaccia l'anima pulita e bianca come la neve. Non so perchè ma i peccati se paura mi fanno e sgomento, è perchè sono qualcosa che complica ciò che è già terribilmente difficile, come un velo che cade sugli occhi quando già poco si vede, come una mazzata in testa quando già tutto è agonia e ombra di morte. E poi perchè me ne dovrei occupare e preoccupare - e non ho voglia e non è giusto dare attenzione e tempo e cuore e anima al male mentre c'è tutto il bene e bontà e verità e Amore a cui pensare e a cui servire. Perchè devo stare a brancicare nel buio, quando fuori vi è tutta la luce? Pensare al diavolo mi sembra che sia togliere qualcosa a Dio che ha diritto di avere tutto, assolutamente tutto, di noi.
E pensare ai peccati con Lui è semplice e facile, basta un istante e tutto è perduto nell'infinito mare della Sua Bontà.
Ma invoco e grido alla dolce pietà di Dio perchè povero e misero, vuoto ed inutile, è questo nostro esistere umano.
No, non posso incoraggiarmi all'apprezzamento e all'entusiasmo orgoglioso perchè sembra che siamo i padroni del mondo.
Ecco ciò che mi spaventa ed annienta: nella tua anima non puoi niente tu e tanto meno io posso qualcosa e nulla possiamo nell'anima del mondo, nella storia degli uomini.
Non ho da poterti dare - e lo vorrei tanto, più che pane morendo di fame e più che acqua agonizzando di sete - una scintilla di Verità e un momento di pace: che importa allora anche se potessi deporre nella tua mano il mondo intero?
E nella tua solitudine di deserto bruciato non sono capace - lo so bene ormai - di far nascere un filo d'erba, di far cadere una goccia di rugiada, di ottenere una zona d'ombra riposante, sia pur piccola come una foglia.
La Bontà stessa - e credevo che tutto potesse - ho visto che non può. Non può varcare l'oceano, scalare ogni montagna, sfondare ogni difesa, spezzare tutte le catene, vincere tutte le diffidenze e paure... Povero cavaliere errante in cerca di affermare la giustizia, voglioso di difendere la libertà e di aiutare i deboli oppressi, pronto al dono di sé fino al sacrificio, perduto a correre dietro a ideali altissimi come le nuvole portate via dal vento! Gli vien voglia - poveretto - di appendere le armi della gloria nella sala da pranzo per mostrarle come pezzi d'antiquariato ai rari visitatori del castello antico.
E anche l'Amore: quello vero, limpido e puro perchè libero da qualsiasi ritorno personale, è forza e violenza appassionata, debole e povera. E' fiumana incontenibile che un fuscello ferma e arresta. E' fuoco a incendio cui la foresta può tanto facilmente sottrarsi e una goccia di egoismo può renderlo fuoco che non brucia. E' sole a mezzogiorno splendente nell'azzurro, ma le imposte di una finestra lo possono spengere e rendere buio ed inutile..
E ti sono vicino, tutto dentro l'anima tua, ma nemmeno te ne accorgi e tanto meno mi ascolti e io so, anche se gridassi fino a morire che le mie parole sono senza voce e peggio ancora senza senso e valore.
Allora - forse perchè mi pare che null'altra cosa sia possibile e utile fare - grido a Dio implorando la Sua pietà per noi poveri uomini ridotti sul lastrico di una povertà infinita. E' la preghiera di anime senza luce, di cuori sconfitti nell'Amore, di braccia, a moncherini, senza mani, di esistenza stanca perchè la speranza sembra spengersi ogni volta che rinasce, di affamati e di assetati senz'acqua e senza pane. Ma non è disperazione perchè è preghiera. E' soltanto e semplicemente invocare aiuto dal fondo - non è destino che debba essere da tutti toccato? - dell'abisso che è questo povero mondo.



in La Voce dei Poveri: La VdP settembre 1963, Settembre 1963

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