Tempo di passione

Anch'io non sono povero

Incerta luce dell'alba in Ospedale. Sona prossimo ad un Figlio, uomo maturo, chino sul proprio Babbo, morto da alcuni istanti. "Come posso non amare mio padre - mi diceva singhiozzando - oltre tutta una vita dedicata a me, quando, rastrellato stavo per essere avviato ai lavori, si presentò alle SS. per sostituirmi, lui povero vecchio, data la mia cagionevole salute".
Offerta totale di se stesso: amore di un Padre.
Due Piccoli Fratelli di Gesù nel mese di Febbraio 1963 hanno donata la loro vita ai Lebbrosi in un Ospedale di Ankara. Coscienti che domani potrebbero ripetere con P. Damiano, in gioia sofferta, «NOI Lebbrosi».
Impegno d'amore totale coll'uomo: Carità di Preti di Gesù.
Fra i lebbrosi per tutta la vita! E' incomprensibile a uno come me che in questi giorni ha tremato per l'esito di una radiografia.
Su quel lettino, in una stanza «lunare», imponente, intimidito dal parlare sommesso delle infermiere, indifeso allo sguardo indagatore dei Dottori, docilissimo ad ogni distaccato comando, ho cercato, finalmente, di non pensare a me. Quanti pellegrini del dolore (poetico commentare "Beati quelli che piangono") trascorrono o hanno trascorso parte o tutta la vita fra ore di attesa, visite controlli, in anonime corsie o stanze paganti! Scontano ogni giorno una esecuzione capitale da anni sommessamente inflitta!
Ombre vaghe hanno preso, piano piano, forma di un volto preciso nella mia memoria, e i lamenti non più umani, di una povera creatura lacerata da un tumore continuano a pesarmi sul cuore. Presso di loro, da tempo, non ha parole questo prete senza consolazione.. infatti non l'ha sofferta, "scontata vivendo". Io che ogni giorno devo vivere di questa mistero di abiezione e di dono! Io che devo completare in me ciò che manca alla passione di Cristo!
«Verrà, vedrai, il tuo momento». Proprio qui la mia inquietudine.
Non sono povero da accettarlo. Egoismo e ribellione. Minutamente informo gli altri dei miei sciocchi dolori, delle non meritate umiliazioni, del poco conto in cui è tenuta la mia «umile» persona. Spreco le occasioni d'oro, non so soffrire in silenzio.
In questa settimana Santa ho osato (è da anni) pormi dinnanzi a Cristo Gesù: a Cristo Gesù del Calvario, dei Sanatori, dei Lebbrosari, all'Uomo dei dolori dal passo incerto dei Poliomelitici, dallo sguardo indefinito dei Pazzi. Non ha, decisamente, sembianze d'uomo, eppure io, il vigliacco, umiliato per la mia ricchezza, in quelle piaghe ho baciato (miracolo di fede!) la sofferenza di tanti Fratelli miei, i veri poveri del Vangelo.
Venerdì Santo. Nella mia chiesetta, rivolto al popolo di Dio, ho cantato in tona sommesso «Ecco il legno della Croce» per tre volte: necessaria insistenza e precisazione, dovevano comprendere bene, senza equivoci: «Vi parlo di Lui.... sempre Lui (purtroppo), Cristo Gesù. Voi non potete vedere in me, suo amico intimo, l'uomo tanto povero degno di stare attaccato a quel patibolo infame «e adorabile».
Eppure fra coloro che, in ginocchio, seguono il rito d'Amore e di morte ve ne sono alcuni che dovrebbero prendere il mio posto.
I Poveri sul serio! P... cieco per una mina esplosa nel suo duro lavoro di cavatore, G.... con un tumore attanagliato alla gola, M... povera vedova che sgobba tutto il santo giorno per i suoi figlioletti... Venite qui sull'altare, spetta a Voi annunciare la Croce di Salvezza, io non ne sono degno.
«Noi lebbrosi» Per tutta la vita «Prendete me».
Motivi di passione per questa mia Settimana senza passione: crudamente essi hanno spazzato i facili orpelli di cartapesta del mio vittimismo.
Sorpreso, avvilito, mi sono trovato a faccia a faccia con la mia verbosa ipocrisia.
A sera, solo, davanti al Crocifisso, umiliato da questa ricchezza, da cui non so distaccarmi, ho detto, impaurito «Signore dammi coraggio nella mia ora della «Tua» croce»: in quel momento, Dio perdoni la presunzione, mi sono sentito un povero, il meno degno.


don Rolando


in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1963, Aprile 1963

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