La poesia dei giorni

3 gennaio - Sono due giorni che nevica, la natura tende a purificare tutto quello che il passaggio dell'uomo insudicia; le strade rese grigie dalle automobili, i marciapiedi neri, i tetti affumicati hanno ricevuto un candido dono dal cielo e gli alberi innalzano un'architettura splendida di bianchi cristalli. Eppure solo l'uomo riassume questa purezza virginale che viene dall'alto e all'alto la restituisce in rendimento di grazie.
4 gennaio - Abbiamo salito la montagna in seggiovia, è stato un volo leggero, ecco la tecnica ha risposto al salmo antichissimo poiché tutto era sotto i nostri piedi «le pecore e i bovi e anche le fiere della campagna e gli uccelli dell'aria».
Epifania - E' stata la valle a darci l'"epifania" della bellezza e dello splendore celesti. Appena alzato il sole, eravamo sulla sommità, dove finiscono i prati e cominciano le rocce, sotto di noi fluiva il Boile e dal fondo splendente di neve si alzavano le montagne come immensi icebergs azzurri. Così cantavano in cuore le profezie di Isaia: «Sorgi, splendi, Gerusalemme, perché la tua luce è venuta e la gloria del Signore è spuntata sopra di te».
15 gennaio - Tutta gelata l'Italia nel nostro lungo viaggio sulle interminabili strade ghiacciate dal Cadore a Firenze. Tutta morta la rigogliosa pianura padana, le sponde fiorenti dei laghi, le pendici degli Appennini. Eppure tra pochi mesi riapparirà la vita che pur vive sotto questo manto di morte, le radici germoglieranno, i semi voleranno, i rami si sveglieranno e avranno fiori e frutti.
Penso che una stessa potenzialità di vita resterà anche nei nostri corpi dopo la morte, onde risorgeremo l'ultimo giorno.
20 gennaio - «Il desiderio di generare un proprio simile» P. Pouget confessò di averne sentito la tentazione e Jean Guitton, riportando l'episodio, ricorda come anche San Francesco un giorno, che sentiva il desiderio di una famiglia, si era messo a distruggere fantocci di neve.
E io ho intorno a me la mia famiglia che in ogni ora del giorno ha una sua pulsazione viva e ardente, in cui il mio passato è sempre verde e il mio futuro si prolungherà. Capisco lo strazio di tale privazione.
26 gennaio - Ho finito la traduzione dei «Pensieri» di P. Pouget dal francese. Tra pochi giorni il dattiloscritto e l'originale partiranno per la Casa Editrice. Ho pena come se stesse per partire un amico.
Tenevo il testo e la macchina da scrivere nella mia stanza sul tetto e quando avevo un momento libero correvo lassù; dalle pagine mute e dalla lingua straniera la voce usciva, come per un incanto, sempre più piena, più aderente, più suasiva, più arguta. P. Pouget è morto nel '37, ma io ho conosciuto ogni sfumatura della sua parola, ogni moto della sua natura piano, piano, ogni giorno, per quattro mesi.
Egli mi ha parlato da quella che lui chiamava la «sua eternità» e lo porto in me come un dono.
30 gennaio - «Quando uno soffre, soffre e basta» dice il mio P. Pouget. Ho patito tanto in questi giorni, in modo così terribile da essere stata vile e incapace di altro che di soffrire.
Per il cristiano però resta questo: il non avere l'urgenza dì dimenticare i giorni del dolore e di rifarsi di fronte ad esso: sappiamo che sono stati giorni positivi, giorni in cui siamo entrati misteriosamente nel circuito della salvezza del mondo.


Grazia Maggi


in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1963, Febbraio 1963

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