Due libri sul concilio

«I progetti presentati ai concili non sono ancora decisioni. Fu per dovere di coscienza, non per mania di critica, che i Padri del Concilio Vaticano rilevarono i difetti delle proposte disciplinari, come anche per dovere di coscienza i presidenti curarono l'ordine e il progresso dei dibattiti. Ci sono «partiti» ai concili, c'è «opposizione»; si potrebbe perfino dire che su un concilio senza opposizione graverebbe il sospetto di non essere un libero concilio. L'opposizione degli antiocheni ad Efeso, come quella degli alessandrini a Calcedonia ebbe la sua funzione nella ricerca della verità. La scuola agostiniana a Trento contribuì a porre in più forte rilievo nel decreto della giustificazione l'importanza della fede e della giustizia di Cristo. Anche i partiti di centro hanno un loro provvidenziale compito. Come soltanto i neo-niceni posero fine alla disputa intorno all'homousios, così al Concilio vaticano il partito di centro aiutò a chiarire la natura e i limiti dell'infallibilità papale.
Un concilio deve saper sopportare originali come il vescovo Martelli di Fiesole, imperterrito assertore dei diritti dei vescovi al tridentino o come il vescovo Strossmayer, focoso avvocato della libertà di parola al Vaticano. Un concilio deve anche superare intrighi, come ne ordirono Simonetta e Manning, e deve saper confidare che alla fine la verità e soltanto la verità rimane vincitrice. Se spesso ai concili le cose procedono in modo molto umano, ciò non mette minimamente in dubbio la loro autorità, bensì conferma la loro libertà. Un'adunanza di persone sempre pronte ad annuire non sarebbe un concilio, ma ne sarebbe soltanto la caricatura».
(da « Breve storia dei Concili di Hubert Jedin pagg.206-7)

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Padre Voillaume scrive che mai come oggi il mondo ha avuto bisogno dei segni esterni della Chiesa: la Chiesa deve esprimere esternamente i suoi valori più soprannaturali, più divini, attraverso dei segni che il mondo possa riconoscere. Anzitutto il segno della povertà: «come accade - si domanda P. Voillaume - che uomini e donne consacrati a Dio nella povertà, che hanno rinunciato a tutto per il Cristo, vivano in una maniera tale che il loro ideale di vita non possa più essere comprensibile dagli animi del loro tempo?». In realtà un abisso separa le concezioni economiche sulle quali è fondata la povertà volontaria dei monasteri, dalle strutture economiche che impongono la miseria e l'impotenza del proletariato.
Il secondo segno è il segno dell'amore per l'uomo e del rispetto che gli è dovuto. L'amore per l'uomo deve esprimersi oggi in un atteggiamento che possa realmente preparare la pace fra gli uomini e contribuire allo sviluppo della giustizia; è necessaria soprattutto un'attenzione maggiore, più generale da parte della cristianità per la condizione dei poveri, dovunque essi siano. Vi è infine un ultimo segno che gli uomini attendono dalla Chiesa: è quello della trascendenza di Dio, il segno della preghiera e della contemplazione. La vita di preghiera deve esprimersi in uno stile pieno di bellezza e di profondità, che trasmetta veramente agli uomini qualche cosa del mistero del Dio incarnato.
(Dalla recensione su Testimonianze di un libro «Un Concilio per il nostro tempo». Ed. Morcelliana)
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Nella presente questione lo sconcio maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell'altra, quasi che i ricchi ed i proletari li abbia fatti natura a lottare con duello implacabile tra di loro.
Ma le classi sociali conosceranno che tutti sono stati egualmente redenti da Gesù Cristo e chiamati alla dignità della figliolanza divina, in modo che non soltanto tra loro, ma con Cristo Signore «primogenito tra molti fratelli» sono congiunti col vincolo di una santa fraternità. Conosceranno che i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano, perchè «se tutti figli, dunque tutti eredi; eredi di Dio, e coerenti di Gesù Cristo».
Leone XIII



in La Voce dei Poveri: La VdP settembre 1962, Settembre 1962

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