Vigilia del Concilio Ecumenico

Ci siamo permessi, noi povera voce, di scrivere qualcosa intorno al prossimo Concilio Ecumenico. Ci sembra presunzione e stranezza anche a noi. Ma è non perchè crediamo che abbiano importanza queste paginette de «La Voce dei poveri», ma soltanto per cercare di capire e di vivere con viva partecipazione questo grande avvenimento della storia religiosa del nostro tempo.
I lettori abbiano la cortesia di prendere queste pagine come appunti personali, riflessioni semplici e spontanee e se trovano qualcosa che li possa aiutare, ne siamo felici, diversamente il cestino della carta straccia può sempre mettere a posto ogni cosa.

Vigilia del Concilio Ecumenico

I poveri, i semplici, i non arrivati, i non importanti guardano al Concilio Ecumenico di prossima apertura a Roma, con segrete e serene speranze. Forse non sanno, e nemmeno possono sapere precisare, cosa si aspettano da un avvenimento così grandioso e importante. Sembrerebbe niente: ma non è vero. Niente si aspetta soltanto chi non crede che molte cose possano cambiare, chi non gli importa che molte altre debbano cambiare.
Senza occuparci di come giudica il Concilio chi non gli interessa nulla del problema religioso, cristiano, cattolico, anche rimanendo fra i credenti e i praticanti, non sono pochi quelli che guardano al Concilio in modo distaccato: son cose a cui devono pensare il Papa e i Vescovi. E guardano al Concilio come alla processione del Santo Patrono quando passa, tra i lumi e i fiori e i canti traballando sulle spalle di quei poveracci che lo portano per le vie della città: loro stanno sul marciapiede ad ammirare lo spettacolo.
Non sono pochi quelli che non sperano niente, anche perchè il Concilio lo sentono come un consiglio dei Ministri buono a legiferare e a prendere provvedimenti. E forse, sia pure inconsapevolmente, sanno di essere ormai, loro e il mondo religioso che hanno d'intorno, così statici, così fossilizzati, così ormai murati a cemento armato a prova di bomba, che, lo sanno già in partenza, nessuna forza di nessun Concilio al mondo li potrà smuovere loro e le loro mentalità e le loro abitudini.
Perchè la sfiducia nelle possibilità di rinnovamento del Concilio? I casi sono due: o è perchè non si crede nelle possibilità di una incidenza nella vita della Chiesa e della Cristianità da parte del Concilio che è sicuramente la massima forza e l'organismo supremo proprio della Chiesa militante, o si pensa che ormai il Papa e i Vescovi, il Concilio Ecumenico, abbiano intorno una cristianità diventata materia veramente sorda, dura, implasmabile.
Nell'un caso come nell'altro, si tratta di una sfiducia che a ben pensarci arriva fino alla mancanza di Fede. Assai più di quello che non si pensi, il Concilio si apre con un vuoto di Fede intorno, assai pauroso. Vuoto di Fede autentica, che si rifà a Dio, a Gesù Cristo e alle Sue Istituzioni, vuoto di Fede che lo Spirito Santo è presente nella Sua Chiesa e che Lui può veramente tutto. E vuoto di Fede intorno al Concilio è guardare ai Vescovi di tutto il mondo cattolico come a una immensa riunione raccolta per ascoltare e abbassare fino al torcicollo la testa annuendo in continuazione, immensa riunione totalmente a livello di riunione di uomini in cerca di formule, di nuove leggi, di nuovi regolamenti.
Queste mancanze di Fede sono la peggiore preparazione che la Cristianità poteva fare al Concilio: creano indubbiamente dei vuoti intorno al Concilio di cui il Papa e i Vescovi risentiranno, come di un clima non adatto, di un'atmosfera guasta e viziata.
D'accordo che è molto difficile in questi nostri tempacci così smaliziati e materialisti essere capaci di una visione soprannaturale dei fatti storici, attuali e contingenti. Uomini e cose ci risultano inevitabilmente vestiti di temporalismo, legati mani e piedi a mentalità del momento e di luoghi particolari, costretti dentro limiti di tempo e di visuali personali, ecc. E quasi inavvertitamente allarghiamo questo storicismo da quattro soldi anche alla Chiesa e agli uomini che in questo nostro momento storico la rendono viva e vivente.
E dimentichiamo, o non consideriamo abbastanza, che in fondo il Concilio non può che essere un impegnare lo Spirito Santo in una presenza più scoperta e più intensa nella Sua Chiesa. Ci viene da sentire il Concilio - Papa, Vescovi, cristianità - come raccolti, fatti anche materialmente una realtà sola, per una appassionata preghiera a Dio, in Gesù Cristo, per la salvezza dell'umanità. Perchè è certo che la ricerca e la testimonianza della Verità nel mondo, prima di ogni altra cosa, è preghiera di salvezza.
E la Chiesa nel mondo è questa ricerca e questa testimonianza della Verità e il Concilio ne è la manifestazione massima, suprema e più rischiosa e coraggiosa.
Per questo, ci sembra, il Concilio non è qualcosa che riguarda i Vescovi e il Papa, ma è atto di Fede che impegna tutti, fino all'ultimo credente. Ne portiamo ciascuno nell'anima una misura di responsabilità.
E' veramente cosa strana e penosa certo atteggiamento di passività attendista. Con la storiella dell'obbedienza che deve arrivare fino a quella di giudizio, uno si scarica tranquillamente le spalle e la coscienza di ogni responsabilità, preoccupandosi soltanto di essere capace di tirare su dal pozzo l'acqua col canestro o di piantare le cipolle dalla parte delle code invece che dalla parte delle radici.
Bisogna certamente essere pronti e disponibili all'obbedienza, ma prima di essere a questa seconda parte bisogna pensare alla prima e qui ognuno deve prendere il suo posto e dare il proprio contributo di Fede, di Amore, di ricerca, di testimonianza. Perchè il rinnegare se stessi è ordinato ed è sicuramente per poter essere in condizioni di prendere la croce sulle spalle, e questa croce è quella della salvezza dell'umanità intera.
Ancora non abbiamo noi credenti messo le spalle sotto questa Croce alla quale è inchiodata l'unica speranza di salvezza.
Il Concilio Ecumenico ne è una occasione misteriosa, ma anche splendida, meravigliosa.
Siamo chiamati a uscire dal nostro guscio o dalla nostra tana e cominciare a guardare in giro per il mondo, per tutto il mondo. E' doveroso cominciare ad accorgersi che ci sono anche «gli altri» e che tutti hanno diritto alla salvezza. E' necessario toglier la muffa di vecchie, inutili abitudini e mentalità, dentro le quali ci si rigira così comodamente.
Ma tutto questo, e molto altro ancora, non lo possono il Papa e i Vescovi e non vi saranno formule e ritrovati e novità che potranno ottenerlo.
Questo e il senso di responsabilità universale e la serietà di impegni e di sincerità ecc. è miracolo che lo Spirito Santo otterrà in chi vive e soffre nella propria anima il mistero di questo Concilio, in chi vi partecipa offrendosi totalmente alla ricerca della Verità insieme al Papa e ai Vescovi, in chi ne accoglie a cuore aperto tutta la responsabilità, anche a costo di tanta angoscia e preoccupazione.
Il Concilio è come un misterioso Sacramento che si inserisce fra l'umanità e Dio a realizzare universali, infiniti rapporti. Vi si possono riscontrare facilmente la materia, la forma, i Ministri. E è tutta l'umanità che riceve questo Sacramento. E ogni corpo e ogni anima e ogni esistenza.
Ma non si può e non si deve ricevere questo Sacramento che Dio ha offerto a noi e al nostro tempo, passivamente, come disgraziatamente succede per i Sacramenti ai quali andiamo aprendo soltanto la bocca per ricevere la Comunione, o aspettando che tutto sia finalmente finito, come il Matrimonio, ecc. E' doveroso partecipare in modo attivo e vivo e non solo a nome nostro, ma dell'umanità intera.
Perchè questa enorme Grazia del Concilio Ecumenico offerta all'umanità del nostro tempo non cada nel vuoto.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP settembre 1962, Settembre 1962

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