14.000 lire

Un di quegli operai, vecchio stampo, che quando il padrone comanda levano il trotto e fanno tutto di corsa. Zitto e obbediente, ossequioso fino al Signor Sì. Gente che fa il lavoro per dieci. Mai stanco. Forse non sa nemmeno cosa sono le ferie e poco anche cos'è la domenica, la dolce domenica del dormire fino alle dieci.
Casa e lavoro, lavoro e casa. Assolutamente null'altro. Una fortuna per il padrone. Un pozzo di energie e un fiume di generosità.
Capisco perché i padroni ce l'abbiano col sindacalismo, i partiti di sinistra, gli scioperi. Svegliano questi operai del buon tempo antico, dagli occhi umili e dimessi, dal cuore perennemente in pena per paura di un cicchetto del padrone. E impediscono che ne nascano ancora a fare le loro fortune.
Forse vorrebbero che non sapessero che anche loro sono uomini. Che i loro occhi valgono come gli occhi di tutti e così le braccia, così il valore della persona umana, e che anch'essi hanno dei diritti. I semplici diritti di difesa dei loro interessi, di affermazione della loro dignità.
Ha perduto un occhio, dell'altro gli sono rimasti tre gradi di vista. Un braccio è gravemente anchilosato da non poterlo alzare oltre un certo punto. E' carico di reumatismi e piegato in avanti come un tronco ingobbito. E con tutto quel rumore del cantiere in anni e anni di lavoro è quasi sordo, sì che c'è da urlare per dirgli una parola.
Quarantanni circa di lavoro. E' riuscito a farsi anticipare la pensione per invalidità: due anni prima che arrivasse quella della vecchiaia.
Le visite mediche. Certificati. Documenti. Controlli. La trepidazione dell'attesa. E i piani in famiglia. Arriva la pensione: faremo questo e quest'altro. Farò questo lavoretto in casa, tanto per passare il tempo, perchè finalmente è arrivato il riposo. E quasi si affaccia un certo timore, quello del non far nulla, la paura del non aver nulla da fare, la preoccupazione di come passare il tempo.
Eccola la pensione. Una busta, e forse l'aprono come l'uovo di pasqua, trepidando per la sorpresa.
Quattordicimila lire al mese. Un occhio e mezzo. Un braccio anchilosato. La spina dorsale ricurva. Dolori reumatici a non finire. Sordità da tamburi. Quasi quarantanni di lavoro da mulo legato alla macina.
Per anni gli hanno rubato i giorni e le forze. Gli hanno spento un occhio e quasi quell'altro. Gli hanno logorato la salute, a poco a poco, dagli anni più belli fino quasi alla vecchiaia, e gli hanno mangiato anche le marchette, ora gli mangiano il riposo e la pace sognata da tutta la vita.
L'ho incontrato l'altro giorno ancora più curvo e stanco, con quel povero sguardo lontano. E' chiaro che deve ancora continuare a lavorare, a levare il trotto, a scodinzolare la coda: forse dovrà continuare finché non gli si spengerà del tutto anche l'altro occhio? Non ho potuto dirgli nulla, ammesso che qualcosa sia possibile dire davanti all'assurdo, perché eravamo in mezzo alla strada, nel traffico del porto e non potevo gridare stupide parole di pazienza e di coraggio.
Mi sono però salite le lacrime agli occhi e lui ha alzato quelle manone grosse come palette, come per dire: è così.

Tornandomene a casa, non ho potuto non girare gli occhi e non guardare il cantiere dove i milioni sono aumentati di anno in anno fino a poterli spendere in cose pazze.


un amico


in La Voce dei Poveri: La VdP giugno 1962, Giugno 1962

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -