Una vergogna di sempre, ma specialmente

di questo nostro tempo

E' ormai risaputo che i poveri sono portati a umiliarsi e ad avvilirsi. La lunga esperienza della povertà, la permanente situazione di bisogno degli altri li convince a prendere un atteggiamento in cui spesso è sacrificata anche la più elementare dignità personale.
D'altra parte i ricchi e i potenti li vogliono così. Umiliati, annullati, striscianti, sempre pronti a leccare dove loro mettono i piedi.
E' un grosso problema di assassinio della dignità umana che la ricchezza e la potenza dovrebbe ben considerare, ma che invece accentua e aggrava approfittando con cura e premura di tutte le occasioni vecchie e nuove che la convivenza umana, nel suo raffinarsi, offre.
Il risultato però è sempre lo stesso: legare al proprio carro, mettere il piede sul collo, ridurre a zero gli altri creando necessità e dipendenze inevitabili.
E ì poveri sempre più spariscono anche quando hanno evidenti diritti da affermare. La loro dignità in quanto persona e quindi anche nei pochi casi in cui possono pretendere rispetto e considerazione, svanisce mangiata dal fatto che se rispetto e considerazione possono sperare di avere sarà soltanto per la compiacenza e la liberalità del ricco o del potente.
E i poveri sono costretti ad essere rinunciatari dei loro diritti, devono consentire a impoverirsi anche delle loro giuste pretese, devono lasciar cadere, come vestito che loro non sta in dosso, la dignità di esseri umani, capaci di andare a chiedere e di avere, a nome loro, fidando sull'importanza e il valore della loro persona umana.
Invece devono spogliarsi nudi di tutto. Mettersi nel dovuto atteggiamento dimesso, umile, strisciante. Bisogna che si facciano battere il cuore furiosamente per il sacro timore. Studiare avanti le parole. Armarsi di una infinita pazienza disposta a ritentare mille volte. Immaginare a forza di indagini faticose qual'é il momento propizio. Tentare di sapere se è giornata buona, se l'umore è sereno... e poi farsi annunciare raccomandandosi a tutti i santi.
Lì, in piedi nel famoso atteggiamento di rigirare il cappello fra le mani. Piccoli tentativi di schiarirsi la voce: e forse il cuore batte davvero furiosamente perché da quei pochi minuti dipendono cose troppo importanti.
Chi è che continua a coltivare queste situazioni di rapporto disumano? Chi é che tiene le distanze? Chi è che vuole e fa di tutto perché gli altri siano tappeto sul quale camminare?
Ma l'annullamento della persona umana nei nostri tempi di tanto clamorosa difesa dei diritti e della dignità della persona umana, è andato avanti e si aggrava sempre più.
E questo nostro mondo è marcio perché gli uomini contano sempre meno in forza del loro semplice e puro valore umano.
I poveri e i deboli si sono dovuti piegare e rassegnare a sparire ancora di più: e sempre più hanno dovuto riconoscere che loro, in se stessi, e, insieme a loro, i loro diritti più sacrosanti, non contano niente. E non vale più nemmeno strisciare ai piedi, scappellarsi in saluti, dichiararsi lavapiatti. Non osano più sperare di essere «ricevuti» e ascoltati. Ormai le distanze sono abissi e le sponde così lontane! E non è possibile "vederlo" che nell'attimo fuggevole dell'automobile che fila via.
La desolazione del povero, dell'operaio, del disoccupato, di chi sta patendo un'ingiustizia, di chi ha bisogno estremo, di chi sta affogando di disperazione... davanti a un portone, davanti alla muraglia della burocrazia, sull'argine di là dal fiume della politica, di là dall'oceano della potenza e della ricchezza.
Povero cane randagio e bastardo respinto a pedate. Povero uomo ridotto a mangiarti i tuoi diritti, carta senza valore insieme a lacrime che nessuno raccoglie.
Allora il nostro tempo ha inventato l'appoggio, la raccomandazione. Da chi è stata inventata la raccomandazione? Chi é che ha fatto la grande scoperta che anche il cane randagio potrebbe sperare ancora nell'osso se trovasse un amico del padrone?
E' problema molto serio perché chi ha scoperto questo " ritrovato" meriterebbe un disprezzo infinito. E la società che l'ha raccolto e ne ha fatto sistema di convivenza e di rapporti é società disumana perché favorisce l'ingiustizia e prospera a forza di immoralità.
Non credo che la responsabilità di una situazione del genere sia dei poveri perché l'istituto della raccomandazione ha finito per uccidere la loro persona umana e per ridurre a cenere i loro diritti. I poveri, più in là della loro povertà, nella demolizione di sé, non possono andare e non vanno e sono già troppo nulla per annullarsi di più. I poveri hanno la dignità della loro povertà e credono che la loro povertà di per se stessa dovrebbe essere valore abbastanza eloquente, situazione che parla, in forza di se stessa, di diritti e di esigenza, di sofferenza e di bisogno di Amore, come l'acqua che corre verso il mare, come il fuoco che tende verso l'alto. La povertà è come il cieco all'angolo della strada: il cartello " povero cieco" chiede da se stesso l' elemosina.
Dovrebbe essere sufficiente " appoggio" presso chi è sensibile, la povertà e dovrebbe essere " raccomandazione" più che bastante presso chi ha un po' di cuore. Non vi dovrebbe essere bisogno «dell'amico» per chi ha così struggente bisogno dell'amicizia come i poveri. E tutte le porte dovrebbero essere aperte alla povertà, perché è sofferenza, è angoscia, è disperazione troppo spesso.
Chi offre le braccia al lavoro offre già abbastanza. Chi dà la propria giornata di vita e la fatica e il sudore, di cosa ha ancora bisogno per presentarsi e essere accolto? Non basta portarsi dietro una famiglia a carico, bambini che hanno diritto alla vita; voglia di mangiare un pezzo di pane, volontà d'essere galantuomini per tentare d'avere un posto di lavoro?
Non deve essere sufficiente un diritto chiaro e preciso o anche soltanto creduto o sperato, per poter ottenere soddisfazione?
Ma queste cose e tutte le altre - e sono infinite - come queste non dicono più niente, non hanno più significato, non possono sperare più nulla. Anzi sono difficoltà, indispongono, urtano, infastidiscono. Fanno chiudere la porta e il cuore. Ma chi ha bisogno non può arrendersi e s'angoscia a cercare la chiave per aprire. E fortunato è chi riesce a scoprire la formula magica, le parole dell'incantesimo alla dolce pressione delle quali la porta ferrata si apre.
Eppure la menzogna dell'amico, l'ingiustizia dell'appoggio e la vergogna della raccomandazione non l'hanno inventata i poveri, nonostante tutto.


don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1961, Ottobre 1961

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