LA VOCE DEI POVERI: La VdP aprile 1964

Il grande dovere

Vi sono dei doveri per il cristiano assolutamente determinanti. Condizionano la sua sincerità e verità di esistenza cristiana.
Per il loro adempimento occorrerà certamente tutta la vita e quindi non possiamo pretendere una immediata e totale attuazione, bisognerà però essere nella chiara e decisa disposizione a che siano vissuti in pratica, in concreto, per una ricerca seriamente impegnata di attuazione progressiva.
Forse non abbiamo ancora preso coscienza della essenzialità, per una sincerità cristiana, nella sua completezza di verità, per il Cristianesimo, di essere determinante di modo di vita, d'esistenza.
La sua verità teologica è tutta ordinata ad una verità d'esistenza. Verità d'esistenza che comprende il tempo e l'eternità, la terra e il paradiso, in modo così unitario, a continuazione così ininterrotta, che l'eternità sarà fedele continuazione di una scelta determinata, qui, nel tempo. La vita sulla terra, questa nostra povera vita di tutti i giorni, affogata di mediocrità e oppressa dall'inutile, ha la grandiosa e impressionante importanza di essere un inizio di «qualcosa» che avrà come continuazione e come compimento l'eternità. E' qui, fra le dure zolle del campo bruciato dal sole e spazzato dal vento, che matura il buon grano da riporsi nel granaio celeste e l'erba cattiva da raccogliersi in fascio al tempo della mietitura, per essere bruciata.
Il Paradiso è quel pugno di lievito deposto nell'anima e nel cuore (e nel destino) di ogni uomo, e di tutta l'umanità, che deve fermentare tutta la massa così pesante, amorfa della nostra materialità terrena. E' il tesoro nascosto sotto la crosta indurita della nostra carnalità egoista e chiusa, che dev'essere scavata a costo di qualsiasi fatica, per poter trovare e prendere il tesoro. E' la perla preziosa per la quale non bisogna mai esitare, nemmeno un istante, a vendere tutto quello che abbiamo per poterla comprare.
Questo momento contiene già l'eternità. Vi è un momento (chissà quale nella successione così veloce fino a potervi non prestare attenzione) che deciderà dell'eternità. Un filo di seta al quale è legato l'infinito.
Non si può non sentire questa terra unita in modo essenziale (perchè così Dio ha voluto) al Cielo, fino ad esserne un tutt'uno, questo tempo come movimento in seno all'eternità.
Perchè Dio è qui. E' qui come lassù, anche se velato e nascosto. Fra gli uomini vive una presenza come di fatica, come di contadino che zappa il campo e fra i sassi e i rovi cerca di fare una zolla buona dove il suo seme produrrà il cento per uno. E attende con fiducia. Non si stanca mai, né mai si arrende. E' così che potrà riempire i suoi granai.
In Paradiso invece è Dio, svelato e liberamente tutto donato e accolto, in comunione di gloria e di beatitudine. E' come il pastore che ha chiuso l'ovile e le pecore sono pasciute e al sicuro. E' il padre buono che ha riabbracciato il figlio perduto e nella sua casa fa festa.
Il Cristianesimo è Dio che è venuto a condividere, fino all'impossibile, tutta la vita umana, Dio che è venuto ad abitare questa terra per vivervi una vita, un'esistenza terrena, perchè gli uomini possano vivere la vita di Dio: è uno scambio, il Cristianesimo, fra Dio e gli uomini, di esistenza; un dono vicendevole che, evidentemente, perchè possa ottenere la sua verità, va vissuto tutt'intero, nella sua completezza che comporta in sé Dio e l'uomo.
E Gesù Cristo crediamo che è vero Dio e vero Uomo.
Il cristiano non sarà vero Dio e vero Uomo, cioè autentica continuazione e precisa presenza di Gesù Cristo nel mondo, se la sua esistenza umana non consentirà che sia interamente, totalmente determinata da Dio.
La sincerità del nostro Cristianesimo sta tutta in questo essere unicamente costruiti da Dio nel nostro vivere quotidiano.
Principio di azione in noi, determinazione della nostra mentalità, costruzione della nostra personalità, criterio di giudizio, motivo di coraggio, rapporto col mondo ecc. nel cristiano può e deve essere soltanto Dio.
Il Cristianesimo è certamente una scelta: la più radicale e determinante scelta nella vita. Non si tratta di aver scelto Gesù Cristo piuttosto che Maometto o Budda. Gesù invece che Marx. Nemmeno vuol dire aver deciso di andare a Messa la domenica invece che starsene a letto e andare al cinema il pomeriggio. Portare al collo una crocetta invece che il cornetto o cose del genere. Pensiamo che avere deciso di essere cristiani non voglia nemmeno dire osservare una certa moralità rispettabile da ogni punto di vista. E nemmeno dare un paio di scarpe smesse a un povero o il pacco dono a Natale ai bambini della famiglia bisognosa. E nemmeno certamente può darsi che voglia dire, la scelta cristiana, coltivare la propria spiritualità, raffinare il proprio interiore, colmarsi di meriti e di preghiere...
La scelta cristiana, l'aver deciso di essere cristiani vuol dire avere accettato Dio nella vita, nell'esistenza umana. Vedere Lui, cercare Lui soltanto, in sé e negli altri, in tutto e in tutti. E' l'aver deciso di voler essere a servizio totale, a disposizione assoluta di Dio, dei problemi del Suo Regno, della salvezza del mondo.
L'aver scelto il Cristianesimo vuol dire aver deciso di coinvolgersi col Mistero di Cristo, dalla sua nascita nella mangiatoia, alla sua morte sulla Croce, al suo essere dentro la storia umana attraverso la Chiesa.
E coinvolgersi nel Mistero di Cristo significa gettarsi nel suo fiume di Fede e di Amore che tutto travolge, senza altra certezza di quella che c'è Dio e che Lui è tutto e che Lui può anche l'impossibile.
Il dovere del cristiano, più serio e più essenziale perchè è principio di assoluta verità cristiana, è quello di compromettersi con Dio fino al punto che la sua vita diventi e sia spiegabile soltanto con Dio. «Perchè anche i capelli del nostro capo sono contati e non cade un passerotto senza che Dio lo voglia», insegna il Vangelo.
Per questo immenso Mistero di visione assoluta di ogni valore, che rapporta tutto a Dio fino al punto che soltanto Lui è e è tutto e da Lui solo si riflette valore e importanza su tutte le cose, su se stessi e sull'umanità, il cristiano che ha fatto questa scelta e ha preso questa decisione di Fede totale, si trova spaventosamente solo in questo mondo e prova il terrore e la disperazione di chi si trova a smuovere la montagna e a gettarla in mare, col briciolo della propria Fede. Ma è normale e giusto che sia così.
E' allora però che si chiama Dio e si cerca la Sua Onnipotenza e si grida alla Sua Misericordia e ci si aggrappa al Suo Amore...
E' allora che si comprende dal più profondo il Mistero di Gesù, di Dio fra gli uomini, affinché gli uomini sappiano che vi è «un solo Dio e che bisogna servire a Lui solo» e possano concretamente appartenere a Lui e essere Suoi.
E' allora che ci si strappa dai propri egoismi. Ci si libera da ogni limite e da ogni grettezza. Non si ha più paura e incertezza. Si può perdere tutto il mondo e è come se niente si fosse perduto. Perchè ormai tutto è poco o niente, quando si è scoperto e ci si è dati a ciò che è tutto. E' la libertà del cristiano. E' il cuore aperto, l'anima pronta di chi ha accettato il Regno di Dio dentro di sé.
Allora l'eternità è già cominciata nel tempo. Il Paradiso è già, qui, su questa zolla di terra, aspra e dura, ma buona e fedele, però, perchè un giorno ci coprirà per seppellirci nella felicità del Cielo.


La Redazione

L'unica fiducia Gesù

L'avere scelto ad unico Signore Gesù e averne fatto l'unico Amore porta con serena dolcezza o a che Lui sia l'unica, totale fiducia.
E' andata crescendo, di giorno in giorno, questa fiducia, fino a un riposarsi in Lui, consegnandoGli tutto me stesso.
Non è per stanchezza - anche se spesso può essere arrivata a misure estenuanti - che sempre più mi sono andato liberando dalla fiducia riposta, fino a un certo punto, con tenace, cocciuta speranza, in me e negli altri e in questo o quest'altro valore o motivo. E non è stato nemmeno per delusione patita dopo constatazioni amare e spietate.
La verità nei confronti di me stesso e degli altri e di tutte le cose si è precisata sempre più, è vero, e quasi si è stabilizzata in una visione oggettiva nella quale ogni cosa ha il suo esatto valore, e forse non vi è più possibilità di sforzature artificiose, a meno che non capiti - cosa che può sempre succedere - un impazzimento più o meno assurdo, però niente è deprezzato o svalutato, tantomeno messo da parte. No, no, per evitare il pericolo di affidarmi a qualcuno o a qualcosa, non ho fatto il vuoto intorno a me o la terra bruciata: tutto è lì, a portata di mano e in piena luce, perfettamente a fuoco. Non ho scelto la paura a norma di vita e forse nemmeno la prudenza e chissà, può darsi, neppure la saggezza. Ho vissuto allo scoperto la buona battaglia che ha la verità per vittoria e non a guerra di posizione, con strategie bene studiate e ben consigliate. Ho pensato che il rischio era la migliore difesa e quasi un dovere quando il motivo di fondo, il movente unico di ogni cosa, era la ricerca di valori assoluti.
Non sono andato avanti, procedendo nella vita cristiana, gettando tutto dietro le spalle o storcendo gli occhi per non vedere quello che era di qui o di là della strada o che mi camminava accanto. Sono andato semplicemente avanti senza fermarmi, senza tentare di costruire qui o là la casa, senza cercare sistemazioni di nessun genere e mai mi sono sentito arrivato altro che per giungere e subito ripartire, spesso senza nemmeno un po' di riposo.
Allora è successo che tutto è stato vissuto perchè tutto è stato raccolto e così tanto che ogni valore raccolto e vissuto ha costretto a cercare ancora, a riprendere il cammino e andare avanti. Penso che la verità delle cose (e degli esseri umani) stia tutta qui: nel costringere a cercare altri valori per lo scoprirsi del loro limite, della loro ricchezza relativa e contingente.
Quando questa spinta non succede e non se ne avverte la violenza, vuol dire non che abbiamo vissuto la loro pienezza, ma che ci ha vinti e convinti il loro margine di errore, la loro possibilità d'illusione, vuol dire che siamo rimasti prigionieri della loro apparenza e non abbiamo visto e raccolto la loro essenzialità.
Se tutto invece procede così, sul filo dell'essenzialità delle cose, allora questo mondo, nella totalità assoluta di tutti i suoi valori, diventa una forza formidabile di convergenza che fa centro in Dio.
Dio cresce nel Suo valore assoluto e a poco a poco tutto sopraffa nella Sua infinita misura. Sempre più il Suo essere tutto diventa dolce esperienza, constatazione che serenamente s'impone, scoperta che apre il cuore e l'anima ad un'accoglienza fatta unicamente di assoluta fiducia.
Il Cristianesimo è questa dolce esperienza di Dio nel Suo essere tutto. E' nella luce del Vangelo che Dio si rivela in conoscenza piena e perfetta di Lui. E Gesù è l'Amore di Dio che ci apre ad una totale, infinita fiducia.
Quando le ragioni essenziali dell'esistere hanno scoperto le loro esigenze assolute, quando il bisogno di Dio è diventato più urgente del respirare, quando l'aprirsi ad un'esistenza universale, distesa a tutta l'umanità, si è fatto dovere che reclama obbedienza, allora non rimane che affidarsi a Gesù Cristo, consegnarsi a Lui, diventare suoi per il Suo farsi in noi fino a diventare Lui nostro principio d'esistenza e motivo di destino.
Se questo avviene, se questo rimettersi a Lui, fino ad una dipendenza totale e assoluta si realizza, allora la fiducia in Gesù è arrivata a misure d'esistenza. A misure d'esistenza temporale ed eterna.
Allora tutto viene giocato disinvoltamente, serenamente, coraggiosamente per Lui. E non con sforzo e fatica, ma con serena logica, come normalità umile e semplice.
Consentiamo di essere coinvolti nel Suo Mistero di Gloria a Dio e di salvezza per l'umanità, come qualcosa che ci riguarda personalmente, diventata nostra, perchè a questo deve condurre la fiducia, a far nostro ciò che è di Lui per una partecipazione realizzata dall'Amore che, di per se stesso, toglie ogni differenza, il mio e il tuo, e realizza l'unità, l'essere uno.
Questo vuol dire credere in Gesù Cristo, l'affidarsi a Lui, l'avere fiducia in Lui.
Non può, evidentemente, questa fiducia che ha ottenuto tutto il mio affidarmi a Lui, il mio confidare unicamente in Lui per la realizzazione della verità e concreta autenticità della mia esistenza, nella soluzione del problema che è il mio corpo e la mia anima, il mio destino su questa terra e nell'eternità, non può questa fiducia non allargarci fino a comprendere in se stessa tutto il Mistero dell'umanità, della sua storia, dei suoi valori, delle sue speranze.
Ho fiducia in Gesù per tutto ciò che riguarda me, ma anche - e con la stessa intensità e sicurezza - per tutto ciò che riguarda te e gli altri e tutti e ogni popolo di qualsiasi tempo e continente.
La fiducia in Lui per tutta l'enormità del problema umano.
Il Cristiano sa che può aver fiducia, in questo mondo, perchè c'è Dio, c'è Gesù Cristo. Porta in sé, il cristiano, una forza inesauribile di fiducia mentre sta vivendo questa vita umana nella sua vastità spaventosa di problemi: una fiducia che anche l'impossibile può diventare possibile, che anche l'assurdo può avere una logica, che anche il male può essere occasione d'inizio di bene, perchè anche dall'odio nascerà l'Amore, anche il deserto fiorirà, e la morte cederà il posto alla vita... E questo perchè ho fiducia in Gesù Cristo e a Lui consegno tutta la realtà, a Lui lego ogni speranza, da Lui aspetto ogni salvezza.
Io so quanto è dura questa Fede e quanto spesso è pazzia troppo faticosa a sopportarsi. Eppure è ricchezza che arricchisce questo povero mondo, una fiducia così profonda e sicura come è la fiducia in Gesù Cristo,
Perchè è a seguito e come fruttificazione semplice e giusta della fiducia in Gesù Cristo, è per la sicurezza che proviene da questa fiducia in Lui, che si può avere fiducia in noi stessi, negli altri, nel mondo, nella vita, nell'umanità.
Perchè questo miracolo di Amore Gesù Cristo ha compiuto fra gli uomini e compie continuamente: che degli uomini abbiano fiducia e fiducia vera, seria, profonda, libera, sicura, negli altri uomini e nella vita e nella storia, per una fiducia piena e totale e assoluta in Lui.
Gesù Cristo motivo di fiducia nel mondo: è bellissimo. Da riconoscenza infinita.
Senza di Lui io non avrei mai saputo cos'è la fiducia e non mi sarei abbandonato alla fiducia come alla giusta visione e al logico rapporto con l'umanità e col mondo, come all'unica possibilità di Amore vero in questa nostra povera vita.


don Sirio

"Libero sono ma legato a un ritmo..."

Tu sai quando mi siedo e quando m'alzo
e se sosto, se arretro e se procedo:
misuri ogni esitanza ed ogni balzo
e sai se sto per vincere o se cedo.

Conosci - benché libero mi lasci -
l'itinerario che scelgo via via
e, sia che avanzi sia che segni il passo
sempre all'opzione aperta m'è la via.

E se alla Grazia aspiro me l'accordi
e ad ogni tentazione riproponi
che la mia libertà spazi e s'accordi
all'infinito dei segreti doni
da Te offerti alla mia natura inferma
che a se ogni di morendo in Te s'eterna.

Girolamo Comi


...Il cuore prende le dimensioni dei mondo; così le prendesse di quelle infinite del Cuore di Cristo.

Paolo VI


Preghiere

O Signore, il mondo pende sopra un abisso pauroso. Non lo salverà certo né un filosofo, né uno stratega, né un generale, né un uomo politico, ma un santo, una teoria di santi.
O Signore, manda santi sacerdoti e ferventi religiosi alla tua Chiesa:
Per dare alla tua Chiesa le sue mistiche colonne.
Per infondere ai neonati l'onda della grazia.
Per guidare i fanciulli nei primi passi.
Per sostenere i giovani nella lotta contro le passioni.
Per consigliare gli adulti nei dubbi della vita.
Per assicurare ai morenti gli ultimi conforti.
Per difendere gli operai nei loro diritti.
Per sfamare i poveri e sostenere i deboli.
Per assicurare ai peccatori pentiti il perdono.
Per chiamare gli uomini all'uguaglianza e alla carità fraterna.
Per benedire i nostri lavori e assicurare la giustizia sociale.
Per benedire i nostri sacrifici, i nostri dolori.
Per ritemprare le nostre anime con la divina Eucaristia.
Per il bene e la prosperità delle famiglie cristiane. Per indicare la luce, la verità la vita al mondo intero. Per estendere fra noi il tuo Regno, o Cristo Signore.


Lacordaire

La croce

Ecco, sono entrata, e la figura del Cristo si distingueva ancora precisa, grigia, sul fondo più grigio della Croce, Poi a poco a poco sono scese le ombre, i contorni sono svaniti, e sulla parete non è rimasta che nitida, decisa la Croce. Ne sono rimasta un pochino sgomenta perchè mi è sembrata questa la realtà, il richiamo chiaro, la via sicura, l'insegnamento preciso.
Ecco non è finito tutto con la Sua morte, ma direi, è incominciato tutto. Ora gli uomini sanno con precisione che cosa Egli è venuto a fare nel mondo e che cosa voglia da noi. «Vai rinnega te stesso, prendi la tua Croce e seguimi».
Sii quindi quello che sei, riconosci la tua povertà, la tua miseria, la tua inutilità, la tua incapacità, la tua ignoranza, la tua misura, i tuoi limiti così tanto umani da non saper guardare oltre la convenienza, Futilità, giustificata magari anche con la necessità, l'abitudine, la comodità, l'amor proprio. Ecco rinnega te stesso poiché ti credi grande, potente, signore, dominatore; ma non potrai mai finger di non sentire quella voce che ti viene da qui, dal legno della Croce, e che cresce dentro di te, contro la tua volontà, contro i tuoi desideri, e che con tutte le forze tenti di negare.
«Prendi la tua Croce» è così precisa questa frase che non c'è dubbio, sì, ognuno ha la sua croce, fatta di dolore, di sofferenza, di vuoti non colmati, di inestinguibile sete di bene, di ricerca, di rinuncia, di lotte, di lacrime. E Cristo si fece aiutare dal Cireneo. Siamo così povere cose che non possiamo tirare avanti da soli, proprio da soli, siamo così in tanti proprio per aiutarci, per sostenerci, per appoggiarci l'un l'altro in questo lungo cammino che porta a Lui.
«E seguimi» e qui l'abbraccio delle Sue braccia stese sulla Croce si fa immenso, per raccogliere tutta l'umanità, tutti questi uomini che nascono, camminano, scompaiono sulla terra; i limiti della Croce non lo possono più contenere.
C'è rimasta la Croce e la Sua presenza viva in noi perchè non abbiamo a sgomentarci, perchè abbiamo a capire che la Sua era immensamente più pesante, perchè abbiamo a credere veramente che ciò che non è possibile a noi è possibile a Lui, così come la resurrezione dopo la morte.


T.R.

Al Pastore Evangelico di St. Moritz

Lettere fra amici

Carissimo fratello,
è da tanto tempo che volevo scriverti e non solo privatamente con una lettera chiusa dentro una busta e consegnata alla posta, ma con una pagina impressa su questo povero foglio dove ogni mese depongo tutto quello che ho di Fede e di Amore nella mia ricerca di vita cristiana per me e per i miei amici.
Volevo tanto che fosse su queste pagine della mia vita che ti giungesse la mia parola di affetto fraterno, tutta la mia verità d'amicizia e la mia profonda riconoscenza per la stima, la considerazione che tu hai di me, del mio povero lavoro, dei miei ideali, del mio sacerdozio.
Perchè io e tu sappiamo quanto in Gesù Cristo ci vogliamo bene e quanto la nostra vita è vincolata insieme, resa unita dal Suo Amore. Tante volte abbiamo parlato di Lui e del Suo Mistero nel mondo e tante volte abbiamo parlato di questo mondo visto nelle sue terribili problematiche davanti a Lui, alla Sua Verità, alla Sua Giustizia.
E la sofferenza per constatazioni amare di un progressivo scristianizzarsi del vivere umano, ci angosciava il cuore e ci riempiva di tristezza. Ma anche la Speranza nella forza della Parola e nella onnipotenza della Grazia ci colmava di fiducia, rinnovando in noi serietà d'impegni e generosità di offerta.
Ricordo con tanta gioia il nostro stare insieme, in qualche ora di riposo anche per me, durante le tue vacanze nella nostra splendida pineta di Viareggio, mentre tua moglie, così dolce e serena, preparava la tavola davanti alla tenda sotto gli alberi immensi nel cielo azzurro e i tuoi tre meravigliosi bambini giocavano nella sabbia.
E poi nella tua casa parrocchiale di St. Moritz. Le montagne colmate di neve. La distesa meravigliosa del lago, deserto bianco, abbacinato di sole. La dolce pace del nostro parlare uguale alle lunghe soste sulla montagna con davanti orizzonti di catene bianche alpine a perdita d'occhio.
Grazie, fratello, dal più profondo del cuore. E' molto bello venire da lontano e per vie tanto diverse e subito volerci bene e trovare gioia nello stare insieme perchè il desiderio da tempo ci aveva avvicinato e tutto era pronto e preparato: è bastato aprire il cuore e la comunione di Amore è subito avvenuta. E' come quando è primavera sulle sponde del tuo lago e sui poggi delle tue montagne: subito l'inverno scongela e lo spesso strato di ghiaccio diventa azzurro di lago e la dura neve tappeti di verde e fioritura stupenda.
Che Dio voglia, fratello, che ciò che fra noi è avvenuto si allarghi a tutto il nostro popolo cristiano, perchè il tempo è venuto che i figli di Dio si ritrovino insieme.
Devo anche ringraziarti dell'aiuto che ogni mese - con dolce e fraterna fedeltà - da molto tempo mi spedisci per aiutarmi nelle mie povere cose. Ho pensato di usare quella somma per le spese di spedizione de «La voce dei poveri». Qui, come ti ho scritto all'inizio, su queste pagine vi è tutta l'anima mia e tutta la mia fatica di Amore e di Fede per il Regno di Dio: sono veramente felice che questa mia fatica possa essere diffusa per mezzo di te, fratello, comunicata per mezzo della tua Fede e del tuo Amore.
E grazie anche dell'immagine del Crocifisso della mia chiesetta stampato sul foglio periodico delle Chiese Evangeliche dell'Engadina. E' stata una gran gioia per me. E mi sono fatto tradurre la presentazione che tu ne hai fatto, la descrizione della mia casa, quelle parole di amicizia scritte sulla porta e il porto stipato di barche, colmato di sole.
Grazie di tutto, fratello, e la dolce bontà di Dio sovrabbondi la tua serena bontà con misure sempre più grandi da rendere sempre più prezioso il tuo fedele servizio di Pastore nella Comunità cristiana che alle tue cure si è affidata. E la Sua benedizione custodisca, colmandola di ogni bene, la tua dolce famiglia dove la pace è l'aria che respirate, l'Amore il pane che mangiate.
E Gesù ci custodisca nella Sua Verità e ci doni le misure del Suo Cuore perchè il Suo Amore sia il nostro Amore.
Fraternamente,


don Sirio

La poesia dei giorni

8 marzo - Ho ricevuto una lettera che mi aiuta a capire questi giorni. Noi siamo strumenti e Dio illumina attraverso il nostro essere e il nostro operare.
8 marzo - «Laudato sia l'ulivo nel mattino! Una ghirlanda semplice, una bianca tunica, una preghiera armoniosa a noi son festa! Chiaro e leggero è l'arbore nell'aria. E perchè l'imo cor la sua bellezza ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo non sa l'ulivo». Questi versi hanno danzato alle mie finestre coronate di ulivi mentre il vento li scuoteva. Li ho contemplati con amoroso cuore.
9 marzo - Scendo spesso nel centro di Firenze ora che c'è la Mostra della mia pittura ed è una cosa bellissima abitare in una città come Firenze. Ogni volta che ci vado riporto a casa armonie di linee, splendore di pietre antiche che il sole ha impatinato e il sole indora,
10 marzo - Siamo alle pulizie di Pasqua, sono giornate faticose, ma le sento come una festa; è splendido preparare la casa perchè Lui verrà con la sua benedizione, è un lavoro consolante perchè verrà Lui con la Sua luce tra queste mura.
18 marzo - E' finita la mia mostra di pittura, Una signora mi diceva stasera che do un senso di apertura e di fiducia, io dico a me stessa: Coraggio Grazia ce la devi fare!
19 marzo - Pur sotto un cielo gravido di nubi e lo spirare di venti gelidi primavera muove il suo miracoloso attacco, tutte le forze mobilitate gonfiano i rami di gemme e trapuntano le prode di fiori. Stamani era fiorito anche un piccolo pesco nel mio giardino.
19 marzo - Da quando è stato ammalato il mio bambino continua a dormire con me. Ieri sera mi diceva: Quando io mi sposerò tu mi darai un pezzo della tua casa e quando verrà la sera inventeremo una scusa alla moglie e io continuo a dormire con te. Mi scrive anche le poesie quella di oggi dice:
La mamma per il suo bambino è il cuore, la speranza l'amore. Insomma tutto. La mamma è la creatrice del suo bambino, la mamma è la donna che lo ha allevato (se non è morta prima).
26 marzo - Una Messa solenne con la partecipazione di tutti i frati e i Padri del Convento di San Domenico ha celebrato l'ultima cena del Signore. Quando però battevano le bacchette sentivo l'eco di tutte le crocefissioni e la passione del mondo, Don Mazzolari scrive che solo chi ha provato la passione è degno della Pasqua. E tutti quei dolori al suono delle bacchette erano un annuncio di resurrezione, una beatitudine per quanti soffrono. Il rito è stato magnifico; trenta frati sotto le arcate cinquecentesche con gli abiti bianchi si muovevano intorno all'altare e al Confiteor si sono gettati a terra, quasi scomparissero.
Io l'ho dipinto in cuore a ricordo della nostra «Ultima Cena».
27 marzo - Oggi ho ricevuto una lettera che aspetto da vent'anni, leggendola ho saputo nel mio segreto il perchè di tante pene e della mia salute malferma. Essa dice: Cara Grazia, ormai siamo risorti, non c'è più nulla da fare. La morte è un'utopia, perchè non si può morire, siamo fratelli del Risorto, incorporati a lui nella crocifissione, ma quella passò e fu la mattina di Pasqua, Veramente è risorto e noi con lui! L'uomo è fatto di speranza, perchè è la speranza la verità nella quale si vive. Soffrire, aspettare, morire, l'angoscia, il buio... è tutto una illusione: «praeterit figura huius mundi». Il nostro destino è l'allegria perchè Gesù è risorto.
31 marzo - Stanotte le stelle si dondolavano nel golfo azzurro del cielo, intorno le nuvole avevano forma di fantastici continenti. Pregare in queste notti è essere molto vicino al mistero di Dio.
6 aprile - La mattina cantano fitto fitto gli uccelli, hanno un loro segreto e lo dicono al giorno che viene. Mentre aspettavo che la casa si destasse pensavo a «La voce dei poveri» del mese di marzo, è vero, risorgiamo col Cristo che emerge dalla tomba, ma abbiamo pur sempre le mani ed i piedi forati dalla crocefissione.
Grazia Maggi


Quello che Dio chiede alle sue figlie non è di recitare la commedia davanti alla sua maestà, ma di servirla.
Bernanos


La carità e i suoi compiti storici

Pubblichiamo un brano della conferenza (e ci dispiace all'infinito di non poterla pubblicare tutt'intera) pronunciata da P. Balducci al Convegno Nazionale dei Gruppi Giovanili Vincenziani, tenutosi l'anno scorso a Torino.
La Conferenza registrata è stata pubblicata nel n. 57 di «Testimonianze».
E' un discorso chiaro, profondo, essenziale: ogni vincenziano dovrebbe conoscerlo e tenerlo vivo e presente per una autenticità interiore di spiritualità vincenziana e per una sincerità piena e totale di rapporto di carità cristiana verso il prossimo: questo prossimo che ci vive accanto, insieme a noi, in questo nostro tempo.
«Quindi vi sono due prospettive della carità. Vediamo la prima: la carità presuppone e provoca l'integrità delle strutture di giustizia. Senza una chiara ed oggettiva distinzione tra le competenze di giustizia non è possibile l'esercizio della carità. Quindi la società civile non può aver fondamento immediato sulla carità, ma sulla giustizia. Tiriamo subito un corollario vineenziano: in un momento storico come il nostro, in cui la creazione di strutture giuridiche è basata sulla rigorosa uguaglianza dei cittadini, la carità deve favorire il processo di giustizia e deve cedere, abbandonare quelle strutture di supplenza che essa ha creato nell'epoca in cui la giustizia era comunemente manomessa. La S. Vincenzo ha avuto una esperienza, la sua maggiore esperienza, in un'epoca in cui le strutture sociali erano caratterizzate da tutt'altri segni che da quelli della giustizia, ed in cui la coscienza della giustizia sociale era paurosamente in ribasso. Non ci dimentichiamo che l'esempio di Ozanam, dobbiamo dirlo con forza, non fu sempre con coerenza imitato dai vincenziani delle generazioni successive. Ozanam era l'uomo che andava nei sobborghi di Parigi ad assistere i poveri, ma per esempio, quando nel 1848 vi fu quella strana e mirabile, in qualche senso, rivoluzione del proletariato, era fra i pochi cattolici che accettavano la repubblica nata dalla rivoluzione contro la monarchia di Montalembert. Dopo, nell'epoca successiva, non ci furono sempre uomini eccezionali per senso di giustizia sociale. Non dimentichiamoci la nostalgia dell'ancien règime che caratterizzò la Francia cattolica dell'epoca di Napoleone III e anche dell'epoca successiva; non ci dimentichiamo che quando Leone XIII promulgò la Rerum Novarum, in certi ambienti ci fu come uno scandalo. Ora la S. Vincenzo, che sembra minacciata dal crescere delle strutture della giustizia, in realtà deve favorirle e deve trovare su queste strutture, che realizzano l'ideale della giustizia, un suo nuovo modo di esistenza. Se noi dovessimo, per difendere la carità, ostacolare l'integrazione dei compiti dello Stato, ad esempio di quelli che sono compiti assistenziali, un tempo lasciati all'iniziativa privata: se noi dovessimo impedire che lo Stato compia fino in fondo le sue responsabilità di assistenza e di sollevamento delle classi umili, la carità diventerebbe corrotta.
La carità esige che la persona umana sia portata ad un livello di garanzie oggettive, da poter sperimentare con piena libertà la sua vita religiosa e la sua vita naturale. Ovunque la carità impedisca ciò, essa è corrotta. Una carità che volesse esercitarsi senza un adeguato rispetto, anzi senza una adeguata sollecitazione dell'ideale della giustizia, diventerebbe paternalistica. Cos'è il paternalismo? E' la presunzione di voler risolvere i problemi di giustizia in termini di carità. La carità deve invece postulare che i problemi che appartengono per loro natura all'ambito della giustizia, siano risolti secondo gli strumenti della giustizia. Se la carità non fa questo, essa si corrompe, e siccome «corruptio ottimi pessima», non c'è niente di peggio, nella esperienza religiosa, che la carità corrotta in paternalismo. Essa scredita il Vangelo agli occhi del mondo. Ora, l'epoca storica in cui siamo, è caratterizzata - ed è il suo aspetto più nobile - da un universale bisogno di giustizia. Le classi umili vanno portate dal loro ruolo passivo ad un ruolo attivo, i Paesi sottosviluppati vanno sollevati anch'essi ad una partecipazione diretta e dignitosa alla comune storia dell'umanità. Non sopportiamo la separazione delle classi. Noi vogliamo realizzare una comunione sociale in cui la distinzione sia legata alle funzioni. Non ammettiamo la divisione contro giustizia! Se la S. Vincenzo non rendesse in noi più urgente questo bisogno di giustizia, essa favorirebbe la corruzione della carità. Un interrogativo importante dunque si alza alla nostra coscienza: un'azienda va diretta non secondo criteri di carità ma secondo criteri di giustizia; uno stato va governato non secondo criteri immediati di carità, ma secondo criteri di giustizia. Che poi la carità ispiri la giustizia, la sollevi verso finalità più alte, la restauri nelle sue inevitabili corruzioni, questo è vero! Ma la giustizia deve crescere secondo le sue intrinseche misure, e non deve trovare nella carità un ostacolo. Se noi non facciamo con coraggio questo discorso, la testimonianza vincenziana non ha più senso nel mondo moderno».


P. E. Balducci

(citazioni)

Beati noi, se con povertà di spirito sapremo affrancarci dalla fallace fiducia nei beni economici e mettere i nostri primi desideri nei beni spirituali e religiosi; e se avremo per i Poveri rispetto ed amore come fratelli e immagini viventi di Cristo;
Beati noi, se educati alla mansuetudine dei forti sapremo rinunciare alla triste potenza dell'odio, e della vendetta e avremo la saggezza di preferire alla paura delle armi la generosità del perdono, l'alleanza della libertà e del lavoro, la conquista del a bontà e della pace;
Beati noi se non faremo dell'egoismo il criterio direttivo della vita e suo scopo il piacere, ma sapremo scoprire nella sobrietà un'energia, nel dolore una sorgente di redenzione, nel sacrificio il vertice della grandezza;
Beati noi, se preferiremo essere oppressi che oppressori, e se avremo sempre fame d'una progrediente giustizia;
Beati noi, se per il regno di Dio, nel tempo e oltre il tempo, sapremo perdonare e lottare, operare e servire, soffrire ed amare.
Non saremo delusi in eterno. Paolo VI

* * *
La verità è che bisogna passare attraverso l'eroismo per giungere all'amore. E l'eroismo... non ha che mostrarsi: la sola sua presenza potrà mettere gli altri in movimento.
Bergson

* * *
Credo d'aver cominciato ad essere me stesso allorché ho cominciato a dimenticarmi per gli altri. Quoist


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