LA VOCE DEI POVERI: La VdP luglio 1963

Paolo VI

Non può essere vero che con Papa Giovanni XXIII qualcosa è stato perduto per la Chiesa, per l'umanità. Vi sono realtà di Grazia che sono sicuramente completezza, totalità. Senza dubbio il pontificato di Papa Giovanni ha questa pienezza e tutta è stata data e certamente tutta è entrata e è nella Chiesa, nel mondo, a realizzarvi il Regno di Dio.
Ciò che è appartenuto a Lui, al Mistero del Suo pontificato, alla Sua testimonianza, non potrà essere ripetuto e forse nemmeno continuato.
E' assurdo che ci aspettiamo dal suo successore un altro Giovanni XXIII. Ogni essere umano porta con sé un destino assolutamente personale, qualcosa di proprio, di esclusivo. Di irripetibile.
Nella storia della Chiesa e, ancor meglio, nella storia del Regno di Dio, Papa Giovanni rimarrà unico, anche se iniziatore di un cammino che non potrà in nessun modo essere abbandonato. La sua fisionomia di Papa è inconfondibile e è sicuramente inimitabile. Tentare di farlo sarebbe forse penosa e vuota ricopiatura. I suoi gesti sono troppo nati da una personalità particolare e maturati da tutta un'esistenza perchè possano essere ripetuti e rinnovati.
No, noi non aspettiamo da Paolo VI che ci dia una copia di Giovanni XXIII: sarebbe necessariamente scolorita e sbiadita e non sapremmo nemmeno cosa farcene.
Aspettiamo e desideriamo con tutta l'anima e preghiamo che Paolo VI sia Paolo VI. Il papa dalla personalità chiara e precisa. Siamo trepidanti di conoscere il Suo destino personale. Perchè sicuramente è chiamato a dare ciò che è unicamente Suo, legato alla Sua persona, maturato dalla Sua vita, e, adesso, entrato nella Chiesa, nella umanità, nel divenire del Regno di Dio.
Adesso è l'acqua del Suo fiume che deve scorrere. E' la Sua pioggia che deve fecondare. E' la Sua luce accesa che deve illuminare. Il Suo pugno di lievito ormai dentro la massa dell'umanità. Il Suo sale. Adesso Lui la pietra angolare. Il Pastore del gregge...
L'essere l'immediato successore di Papa Giovanni può comportare maggiore difficoltà o facilitazione, ma questo è soltanto in ordine alla tremenda responsabilità di avere trovato il campo arato e pronto per una semina ricchissima di speranza. Ma non significa niente nei confronti di ciò che Paolo VI personalmente deve essere, del Suo personale pontificato, di tutto il Mistero di Grazia legato e fatto tutt'uno con la Sua persona e l'opera Sua.
Perchè la storia va avanti ogni giorno e dentro l'umanità - questa immensa moltitudine in cammino - è Paolo VI, è Lui che vi cammina insieme, passo passo, condividendone tutta la vicenda, raccogliendone tutta la sofferenza, portandone nell'anima tutto il destino.
Il tratto di strada - e è stato così breve ma pure così tormentoso e glorioso - lungo il quale insieme all'umanità intera ha camminato Papa Giovanni, è stato percorso. Adesso è tutto nel cuore e nell'anima, è esperienza, è ricchezza di Verità e di Amore: è avanzamento compiuto, è tappa misteriosa raggiunta. Ma la strada continua, il camminare è senza soste.
Paolo VI è su questa strada. Chissà quale sarà il tracciato riservato al Suo cammino. Non sarà assolutamente uguale a quello riservato a Papa Giovanni o ai Suoi antecessori.
E' inevitabile una originalità, una capacità di novità, una particolare prontezza di accoglienza, un cuore sempre più aperto, una misura di Fede e una potenza di Amore sempre più inesauribili.
Bisogna che tutto cresca, che tutto si allarghi, che tutto sia più libertà, più Grazia, più umanità intera, più universalità, bisogna che tutto sia sempre più una misura maggiore di tutto il Mistero di Cristo.
Questo «di più» dopo Giovanni XXIII, è sicuramente qualcosa che spaventa, ma è ciò che di veramente terribile ha fatto Papa Giovanni: ha imposto ormai alla Chiesa - e ne ha dato l'avvio - un ritmo di Fede e di Amore che non può più assolutamente rallentare, non solo, ma deve crescere con accelerazione incessante.
Aspettiamo con serena fiducia di ascoltare il palpito del cuore di Papa Paolo. Siamo certi della sua intensità e violenza. E' il cuore di un «Corpo» che è necessario che abbia vitalità ardente ed esuberante perchè deve portare il peso del mondo. Perchè questo è il Mistero della Chiesa.


La Redazione

Meditazione d'estate

Sono venuto ad ascoltare quest'ultimo maturare del grano agli ultimi giorni di giugno e a vedere il crescere lento e sicuro dei piccoli grappoli sotto il verde fresco e puro dei pampini. E' per accogliere e vivere un profondo mistero che sale come dalle viscere della terra, si prende tutto il cielo azzurro, questo splendido sole e la pioggia per maturare qualcosa che poi Dio raccoglie colle Sue mani per farne Mistero di Se Stesso, cioè dono di Grazia e d'Amore.
E' un bel campo di grano di un giallo arrossato fino a essere bruciato, qualcosa del rame vecchio di secoli, di piogge e di sole. Le reste colme sono pesanti: non reggono il peso di una ricchezza raccolta dalla terra e dal cielo; portano il peso di un mistero di vita nascosto sotto la terra e poi nato e cresciuto e moltiplicato portando tutto con sé come un filo di acqua che è poi un ruscello e poi un fiume. Questo sottile e delicato stelo, nudo e fragile è tutto una storia lunga come quella della vita. E' cominciato allora nel primo giorno del mondo e continua in questo momento.
Sta maturando sotto i miei occhi, quasi ne sento ne ascolto il fluire dolce e sereno. Raccoglie questa violenza di sole, lo sento che si inebria più di me affocato sulla pelle riarsa, raccoglie il suo raggio di vita e lo nasconde dentro quel piccolo grano che già è pesante e dorato e quasi pronto. E' un campo largo e scoperto. Gli gira intorno una verde corona di erba medica, rigogliosa e forte e sono pietre e perle preziose le margherite bianche dal cuore d'oro e i papaveri rossi dal cuore di pece nera: ne sento il profumo profondo ora che il vento si muove dolcemente e il sussurrare quasi metallico del grano alto è come un zittire misterioso.
E di qua il campo è un vigneto, ordinato e raccolto in filari severi. I tralci sono colmati di verde tenero e sano, a coprire i piccoli grumi verdi che già sembrano grappoli. E fra il verde anche qui gli occhi curiosi e spalancati dei papaveri rossi bistrati di nero.
Mi sento smarrito come portato via in un mondo irreale, quasi di sogno, qui fra un campo di frumento già pronto per la falce dei mietitori e un vigneto che sta crescendo a poco a poco grappoli d'uva. Il cielo è azzurro, ma vi sono nuvole estive e il sole fiammeggia in questo momento, ma poi si vela e ritorna come per un dialogo misterioso con la terra, coi campi, il grano e il vigneto: è come se parlasse e poi una nuvola lo vela e sembra che ascolti per poi, scoprendosi, parlare di nuovo.
Certamente lui sa molte cose perchè conosce e vive unicamente delle prime cose che gli sono state dette al suo primo splendere nell'azzurro. E sono parole infinite di sapienza e onnipotenza. Le ascolto mormorate nel maturarsi del frumento qui accanto e nel loro nascondersi silenziose e pazienti, sotto i pampini del vigneto.
Vorrei scoprire e sapere e adorare cosa Dio ha nascosto dentro la terra e il sole e il cielo azzurro e questo campo di frumento maturo e questo vigneto verde.
Perchè vi è dì Lui così tanto, forse così tutto!
Quando ha creato il mondo Dio si è coperto di un velo. Si è manifestato, ma si è nascosto. E' tanto scoperta la Sua presenza, è vero, eppure è tanto velata. Prima della Creazione Dio era immediato, scoperto, era Lui così come Lui è, così come lo vedremo nella visione beatifica. E è molto bello pensare a Dio prima della Creazione del mondo. Non è contemplazione difficile, basta non cercare di farsi delle immagini, basta lasciar cadere ogni fantasia e trattenerci soltanto sull'idea di Dio, perchè l'essere di Dio va "visto" come deve essere "visto" l'essere divino.
E in questa visione non vi è astrazione dei sensi e dei nostri poveri limiti, perchè tutto di noi sicuramente deve poter vedere Dio: se è vero che ci sarà la resurrezione dei corpi già anche il mio corpo deve aiutarmi "a vedere" Dio, già adesso il mio corpo ha la sua "visione" di Dio.
In questo momento il sole splende e mi colma di luce violenta. E penso che questa luce sta velando, mi sta nascondendo Dio. La Sua luce sì è nascosta dietro questa luce che mi inebria. Penso alla luce prima della creazione del sole... A quella luce tutt'una luce con la sorgente di luce. Dopo è stato più buio, terribilmente più buio, fino al punto che questa luce di adesso quasi mi acceca fino a poter non essere più capace di "vedere".
E l'altra sera un operaio mi diceva con molta serietà e naturalezza che non credeva in Dio e io non sapevo cosa dire, in che modo argomentare per tentare almeno la discussione. E mi sentivo disperatamente infelice e inutile. Ancora non sono riuscito ad alzare il velo, a scoprire la Sua faccia: almeno nei confronti degli altri.
C'è una serena brezza di vento che zittisce le reste del grano, sfrusciando leggere. Mi pare che ormai il grano sia stanco di sole, mentre invece godono in pieno i pampini verdi del vigneto e il rosso violento dei papaveri dagli occhi truccati di nero.
Penso ancora, in questa meditazione estiva, forse perchè il riverbero del sole, pare che tutto voglia penetrare per arrivare a mettere in luce ciò che è nascosto nel buio del Mistero, penso a Dio che vuole ancora e sempre più manifestarsi e continua a nascondersi, a velarsi. E' venuto fra noi, ma è venuto fatto Uomo. Devo cercarlo nella carne, dietro un volto umano, scoprirlo nascosto nella povertà di una vicenda umana, e il velo che l'ha coperto, a un certo punto, è stato un velo di sangue e di morte e poi un sudario pietoso a coprire un cadavere.
Manifestato, fino ad una ostensione materiale di Sé, eppure terribilmente ancora più nascosto. Così tanto che scoprirlo, conoscerlo, riconoscerlo, è unicamente miracolo di Grazia. E l'operaio mi diceva che credeva in Gesù Cristo e io non avevo il coraggio di dirgli che Gesù Cristo era Dio, Dio che lui rifiutava anche come esistenza, già così nascosto e impossibile a vedersi e poi ancora più nascosto, così coperto, dall'essere Uomo di Gesù.
Il cammino verso lo scoprire Dio è lungo e difficile sempre più. Perchè per essere dentro ad ogni realtà sembra che Dio vi si debba nascondere, quasi facendone un velo che copra e nasconda la Sua presenza. Sicuramente ad ogni istante entra di più a fondo nel Mistero della creazione. Raccoglie sopra di se tutta l'esistenza. Ne fa mezzo di rivelazione. Così anche della storia dell'umanità. Si sta colmando sempre più di Dio il mondo. Attraverso tutto e tutti. Niente rimane al dì fuori. L'invadenza di Dio si allarga e penetra ogni realtà ed esistenza.
Chissà come sarà il mondo quando sarà saturato, traboccante dì Dio? Quando tutto sarà segno immediato di Lui, quando tutto Lo nasconderà perchè sarà dentro, finalmente, nascosto da ogni cosa, da ogni filo d'erba, da ogni stella e da ogni volto d'uomo e di donna?
E' ciò che Gesù chiama il Regno dei Cieli. E ogni giorno invochiamo questo venire del Regno di Dio.
Adesso è stata una nuvola che a lungo ha attenuato la violenza del sole, ma poi di nuovo splende ardente e appassionato. E penso ancora al donarsi di Dio nascondendosi sempre di più. E' in queste mattine che sento il Mistero, quasi in modo fisico e all'improvviso. E adesso nella terra di questo campo di grano, quasi pronto per essere pane e vicino a quei filari che faticosamente preparano il vino, riavverto la grandiosità del Mistero fin quasi a coglierne l'intimo e profondo attuarsi.
Ciò che io - non riesco a riconoscermi, nemmeno a ricordarmi di me, allora: in quel momento, sono senza nome e cognome, mi chiamo e sono l'universo, tutti gli uomini, l'umanità, l'uomo, non so con precisione: non è però un sognare anche se spaventosamente sembra un sogno impossibile - ciò che io metto sul piatto dorato - è così fra le mie mani - e nel calice - e sembra il cavo di mani accoppiate - è tratto dalla terra del campo, è sole, questo sole violento, è stata pioggia di primavera, freddo e gelo d'inverno. E' venuto su portando con se fino a essere tutta la terra e tutto il cielo e il firmamento, la notte e il giorno. Ha la fatica e il sudore degli uomini. Porta con sé la loro speranza di vita, è la loro vita, la loro carne e il loro sangue. Viene da tutto l'universo, contiene tutto il mistero del mondo, frutto prezioso di tutto l'esistere.
E' il grande e misterioso velo che copre il Volto di Dio.
Adesso io - no, non sono più io assolutamente, è il Mistero del nascondersi di Dio, per essere sempre più fra gli uomini, che dice le parole, che compie l'azione, io ho soltanto paura ogni volta perchè è Dio che passa nel Suo andare a nascondersi sotto le apparenze dell'universo che è sotto il segno del pane e del vino, realtà dì sintesi di tutto l'esistere - adesso io devo dire alcune parole, ecco le sto dicendo e Dio si vela, sì nasconde terribilmente sempre più. Ora non si può più assolutamente vedere nulla di Lui. Nulla. La Sua manifestazione è massima perchè il Suo nascondimento è totale?
Di Lui adesso vi è soltanto Pane e Vino. E io (di qua dal velo ci sono soltanto io) a dire che quel Pane e quel Vino è Gesù Cristo e Gesù Cristo è Dio. Tutto qui ciò che è visibile, scoperto, evidente di Lui.
Chi vuol credere in Dio bisogna che alzi un velo fatto di Pane, di Vino, di me stesso.
Anch'io devo cercare Lui sotto la copertura pesante che io sono e sotto il velo che ogni mattina stendo sul Suo essere Dio perchè sia soltanto come il Pane e il Vino.
Anche stamani è successo, come già da tanti anni. E poi l'ho rinchiuso, ciò che è rimasto di Lui, dentro una cassetta di ferro, murata dentro un muro di pietre e sulla piccola porta vi è una catena incrociata di ferro, come se non bastasse per capire che Dio è dentro la prigione del mondo che Lui stesso ha creato. Poi sono venuto a cercare di scoprire qualcosa e di vederne almeno un'ombra, in questo campo di grano bruciato di sole. Perchè la terra mi riveli il segreto e mi dia di intravedere sia pure appena, appena, cosa palpita nel suo seno caldo. E' per ascoltare tutto ciò che passa dalle sue viscere da quel primo giorno fino a queste spighe appesantite di certezza di pane per farne della carne e dell'anima. Sale su, lo vedo benissimo, sotto il fuoco del sole, coperto di verde tenero e buono, il sangue della terra che sarà vino generoso e poi anche Sangue di Dio.
E la terra tutto ha avuto da Lui, come il sole la forza dì luce e calore, perchè tutto Lo ammanti Dio, Lo rivesta di gloria, Gli sia corona di bellezza trapunta di margherite bianche dal cuore d'oro e di papaveri rossi dal cuore dipinto di nero, ma riesca anche a coprirne la Maestà infinita e la Gloria terribile, sì che per sapere qualcosa di Lui e averne la certezza che sotto il velo Lui è, sia necessario fare violenza di Fede e appassionata ricerca d'Amore. Allora sotto il velo il Suo palpito è vivo e scoperto: si sente, come appoggiare una mano sul petto dalla parte del cuore e spesso il velo stesso misteriosamente si alza o svanisce e il Suo Volto appare perchè la Sua Verità è semplicemente evidente e il Suo Amore fascino irresistibile.


don Sirio

Questo, l'Amore

Se ami Cristo
- non potrai veder scorrere una lacrima sul volto d'un fratello senza cercare d'asciugarla;
- non saprai intuire un'inquietudine nei suoi occhi
senza cercare di fugarla;
- non saprai rifiutargli il pane, se te ne chiede.
Se ami Cristo
- non potrai vedere uno dei Suoi piccoli picchiato da un bruto senza cercare di riceverei i colpi ad suo posto, e senza tentare altresì - mia ciò è più difficile - di perdonare a colui che ti colpisce.
Se ami Cristo
- non potrai vedere uno dei Suoi poveri sfruttato da un ricco senza tentare di ripagare l'ingiustizia, e senza tentare altresì - ma ciò è più difficile - di perdonare a colui che abusa.
Se ami Cristo
- non desidererai una donna diversa da quella che ti è destinata, ed essa sola amerai profondamente; tutta la vita, perchè è Dio che te l'ha data.
Se ami Cristo
- avrai paura di non amarLo mai abbastanza, avrai paura di non fare mai abbastanza per Lui, avrai paura di non amare mai abbastanza i tuoi fratelli;
- ti considererai un povero, piccolo uomo coperto di peccati, e domanderai incessantemente perdono.
Se ami Cristo
- e ti proponi di condurre altri al Suo seguito, non in maniera formale, né soltanto con riti e preghiere, ma con il loro cuore, le loro mani, tutto il loro essere, tu conoscerai in parte la persecuzione ch'Egli conobbe.
Diranno allora di te:
- «E' un esaltato; è uno squilibrato...
«E' un pazzo. Vive di sogni...
«E' un orgoglioso, che vuole darci delle lezioni...
«Minaccia il diritto di proprietà...
«Vuol rovesciare l'ordine stabilito...
«Se continua così, sua moglie e i suoi figli morranno di fame».
E tu piangerai
- se veramente ami Cristo;
e tuttavia conoscerai la Sua felicità
che non è quella del mondo.

da "Noi Uomini"



Un servo non "inutile"

Amara solitudine domenicale: pochi i presenti nella tua Chiesa nel giorno del Signore. Improvvisa poi meditata associazione di idee, irriverente, forse.
Per un curato di campagna ci sono serie difficoltà per «degne ed appropriate parole» su Papa Giovanni e Paolo VI: gli è facile semmai il commuoversi, invidiando, melanconico. Abisso (quale abisso) fra l'omaggio commosso di milioni di uomini al «mio» Papa e il deserto che si è creato al mio ministero, sordità alla mia parola, inutilità di una vita!
Tredici anni di sacerdozio, conoscenza di fallimento: tremo solamente a pensarci ma... solo fallimento. Ed io non sono tanto povero da accettarlo. Ora della croce: non posso, umanamente, non voglio essere inutile.
Operaio, medico, padre di famiglia, alla sera stanco per il tuo lavoro, avresti coscienza di essere uomo ma qui, prete, qui no, sei di troppo peso morto che non ha più nulla da dire, nessuno ti ascolta. Testimonio solitario ma testimone di che cosa se non accetto la mia inutilità? Aspettare la morte come il romantico capitano che sull'attenti s'inabissa con la sua nave? No non è possibile, è poetico forse, ma irreale, disumano.
Vado meditando pretesti, evasioni, non posso accogliere questa mia nudità umana: la presenza mia al mondo deve essere giustificata.
Il disarmato confronto con il Vangelo, l'accogliere interamente Cristo Signore nella mia vita, il lasciarmi sopraffare da Lui è troppo difficile perchè troppo semplice: semplice come la Fede, dono di Dio. Mi arrampico affannosamente, l'attivismo è una vetta che dona tanto ad un prete «moderno», sospiro da «oberato» dal lavoro: non ci sono uffici inesplorati per me, ho un vasto raggio di amicizie, sufficientemente aggiornato mi mantengo sulla cresta dell'onda. Ma... quanto è raro il mio incontro con Lui, il Cristo di Betlem, Nazareth, il Cristo del Calvario: l'impotente, il povero deriso, l'inutile illuso: il Mio Amore! Non c'è da meravigliarsi se ancora mi dibatto disperatamente, «Cercavi te, solo te: volevi solo servirti di Cristo per essere importante, ricco, centro di attrazione».
Vedi quella donna curva e spaurita che ogni Sabato, con il suo fagottino, s'avvia verso il luogo di pena per vedere un figlio? Tutti i suoi sogni sono svaniti, amaramente, è tanto povera ma vive di questo suo amore "inutile"! E l'altra?
La sua adolescenza era promessa e speranza, corpo cuore anima ridenti in attesa, dolce intensa attesa: ora, inutile relitto è scherno vivente su cui è giusto gettare ogni laido frizzo e onesto storcere la bocca «moralistica». Povera cosa che si compra: dell'amore è rimasto il donarsi senza misura, senza dignità... per chiunque!
Poliomelitico per trent'anni. Non il camminare umano ma solo strisciare, per una boccata d'aria la bontà e le gambe degli altri, amico fedele e spontaneo un cane bastardo... vita senza senso, inutile, e l'anima da quel corpo infermo sorride felice! Di tutto ringrazia e tu inchiodato da quel volto sereno, contempli Dio!
«Se il grano non muore non potrà dar frutto»: ed io LUI lo scelsi un giorno come Amico mio da donarGli tutto, giorno per giorno l'impegno si rinnova e Lui mi prende sul serio in parola: «Sei tropoo fedele, Signore!». L'inutilità, la pochezza di questo mio essere disgraziato spinsero il suo troppo Amore, ed in me compie il destino di tanti Fratelli.
Al varco mi aspetta, stasera, in questa solitudine domenicale per dirmi che Lui solo conta, Lui solo è il mio unico Amore e che in questo essere strano, deriso ed inutile, vuol salvare la «Gioia» di tutti. Unico segno, per me, della tua Presenza è questa difficile inutilità: come è duro accettarla, o mio Signore!


don Rolando

Lettera aperta al nuovo Papa

Caro papa Paolo,
quando ti ho visto, nuovo, nuovo di elezione, apparire al finestrone di S. Pietro, mi sono tanto sentito sgomento per te, quasi un senso di pena. Mi sembravi così sperduto, così smarrito, proprio un pover'uomo chiamato a sostenere una parte impossibile.
Ho pensato che non eri sicuramente felice, ma che ti sentivi quasi come un condannato dopo la sentenza del tribunale, mi pareva di vedere tanta paura sul tuo volto e quei tuoi gesti di braccia che si alzavano e si abbassavano in segno di saluto alla folla di piazza S. Pietro e del mondo, mi pareva che fossero invocazioni di aiuto, gesti per implorare pietà e compassione.
Non sono venuto a vedere la tua incoronazione. Sono cose che non mi interessano per nulla, ormai. Non credo che nemmeno verrò mai a vederti a Roma: non desidero più, come quando ero nei verdi anni, vedere il papa e battere le mani e gridare evviva. Non c'è bisogno di queste cose ormai.
Ho accolto però la tua elezione con immensa gioia e vi ho consentito dal più profondo dell'anima. Nemmeno un momento ho indugiato a pensare chi mi sarebbe piaciuto che fosse eletto papa fra tutti i cardinali al conclave perchè sapevo bene che il desiderio sarebbe stato stranamente interessato e quindi ristretto e forse egoistico, però devo dire che non eri il Cardinale del mio cuore.
Eppure ho consentito in modo perfetto e totale alla tua elezione. E l'ho accolta nell'anima dal più profondo.
Sono un povero prete, caro Papa Paolo, forse uno dei più poveri preti che tu hai nella tua Chiesa. E sono già avanti negli anni. Vent'anni di sacerdozio non sono pochi. E è immensa tristezza dover constatare tremenda inutilità, vuoto pauroso, incertezza e tanto sgomento per il futuro.
Ho tanto cercato una presenza cristiana e sacerdotale fra gli uomini, dentro questa esistenza, in questo nostro tempo. E forse gli ideali mi hanno bruciato l'anima e il sognare mi ha stancato il cuore.
E' duro, caro Papa Paolo, vivere fra la povera gente, in questo povero mondo operaio, fra la fatica di animali da soma cercando di rendere gli uomini figli di Dio.
Quanto costa di sangue dell'anima una goccia di Verità in un'anima e accendervi una scintilla d'Amore di Dio e del prossimo!!
E il mondo è tanto grande e gli uomini sono così tanti da averne paura soltanto a pensarci.
Mi sto domandando spesso e è angoscia e tormento: cosa si deve fare, cosa si deve fare... Il sangue e la vita si darebbe volentieri; ma è terribile dare il sangue e la vita a goccia a goccia, per anni e anni, lasciandolo succhiare dalla terra riarsa del deserto del mondo.
Ho pensato al tuo coraggio a metterti a fare il papa.
Alla tua età (sei assai più vecchio di me) cominciare un lavoro come quello di fare il papa. Non so come fai ad avere tanto coraggio.
In questo mondo che è quello che è fare il Regno di Dio come lo deve fare un papa. Avrai certamente tanta Fede, senza dubbio Dio è con te, ma ti ci vuole anche tanto coraggio umano, un cuore forte, una immensa misura di Amore e un donarti pazzesco, quasi direi assurdo.
Penso che tu non abbia questo coraggio e non lo penso soltanto per confortarmi, non lo puoi avere, eppure hai accettato di essere eletto papa.
Mi sembra di avere capito perchè lo hai fatto. E' una scelta che tu hai fatto quando ti sei lasciato ordinare sacerdote, quando Dio è diventato l'Unico valore, l'Assoluto, Tutto. Da allora tutto è diventato possibile e normale, anche il diventare papa.
In fondo non è aggiungere qualcosa di più. Più che tutto di se stessi non si può dare e quando si è dato tutto, ogni dono è già fatto.
L'essere prete o papa non comporta differenze per chi, Dio e gli uomini, sono tutto e si prendono tutto con pieno diritto.
Tu non puoi dare di più di quello che io devo dare perchè ugualmente dobbiamo dare tutto.
Allora anch'io mi sono fatto coraggio come sicuramente tu hai dovuto farti coraggio al momento della tua elezione a papa.
E ho pensato che se tu avevi il coraggio (e la Fede e l'Amore) di metterti a fare il papa, alla tua età e senza dubbio con tanta stanchezza già nell'anima, io, povero prete, dovevo iniziare con te, questo nuovo pontificato.
E ho accettato di combattere la buona battaglia del Regno di Dio insieme a te: tu su tutta la terra, io nella mia zolla di terra che però, so molto bene, è tutta la terra.
Caro Papa Paolo, non è poco quello che ci viene richiesto: vogliono tutto da te e da me, tutto e vogliono che tutto sia dato con serenità e con Amore, senza limiti e misura cercando soltanto di farci perdonare ciò che si dà, che, pur essendo tutto, è sempre spaventosamente poco.
E poi c'è Dio che aspetta tutto e poi c'è Gesù che attende testimonianza totale: per te tutto questo è senza dubbio risposta facile perchè chissà quanto sarai uomo di Fede e poi sei il papa, ma per me, povero prete, mescolato fra tutta questa povera gente, travolto dai loro problemi, indifeso dentro tutta la debolezza e misèria umana, spesso è soltanto ricerca terribile il credere in Dio per me e per loro e lotta senza respiro la scelta del Cristianesimo come unico valore d'esistenza, ancora per me e per tutti.
Ti prego di aiutarmi, caro Papa Paolo, cercando di non essere troppo Papa Paolo VI, ma padre, fratello, amico, prete come me, uno del popolo della terra, uno degli innumerevoli figli di Dio, accanto a tutti, mescolato nella gran folla ad alzare le braccia non in segno di saluto e nemmeno troppo in segno di benedizione, ma come per invocare aiuto, implorare salvezza per te e per noi, per l'umanità intera, come ti ho visto quando ti sei affacciato al finestrone di S. Pietro e del mondo, dopo pochi minuti che ti avevano eletto papa i cardinali per opera dello Spirito Santo.


un prete

I tremolanti veli

I tremolanti veli che fa il sole
lungo le altezze d'alberi si spostano
a un soffio silenzioso di parole
ch'io non conosco e sono una risposta.

Dentro al clima beato dei tuoi aliti
è il tuo incedere, o Dio, ogni momento,
prescelto dall'immensità totale
è questo incontro nel mattino ardente.

Volontà che si fa profondo abbaglio
e l'altezza impossibile frastaglia,
al fremito dei raggi Tu ci pensi.

Orizzonti di verticali sensi,
dentro quel tempo, da due punti estremi,
l'immensità è un abitare insieme.

Luigi Fallacara
Da «Il Frutto del Tempio» Premio Vallombrosa - Ed. La Locusta

Lettere fra amici

Carissima,
scusa se non ti ho scritto subito, ma anch'io non ho avuto il coraggio di farlo. Ed ora che tutto è passato vedo che ero veramente sciocca. Quando ho ricevuto la tua mi ero accorta da qualche giorno (solamente da qualche!) quanto mancassi nei confronti degli altri. Di colpo vidi che fino ad adesso non avevo fatto nulla se non gioire dell'amore che Gesù mi dava, senza darlo agli altri, levando così possibilità di vita. E non solo non avevo dato il Suo Amore, ma nemmeno un po' del mio, in più tante volte avevo agito male. Mi sentivo talmente depressa per questa mia mancanza di generosità, perchè da parte mia non avevo fatto niente perchè ci fosse più Fede Amore Coraggio Bontà nel mondo; e mi sentivo, e mi sento anche adesso, responsabile di ogni malattia, morte, dolore esistente, anche, e non so perchè specialmente - forse perchè Dio ci ha unite in modo particolare - dei momenti difficili che stavi passando. Sono andata a parlare, allora, con Padre C., un sacerdote che ho conosciuto e a cui voglio un mucchio di bene per tutta la Gioia e l'Amore che c'è in lui, E mi ha tanto aiutata. E' vero che nelle cose di Dio, anche nella colpa, bisogna sempre avere tanta pace nell'anima, ed essere sereni. Perchè se crediamo in Lui, quello che ci capita è successo perchè voluto da Lui, in ognuno di noi con un significato speciale. In me sicuramente perchè ero, e lo sono, poco umile, e niente affatto piccola. E Dio mi ha fatto capire che non facevo nulla, e che Lui solo aveva operato. E' strano quanto mi sia sentita inondare di amore per gli altri stando con Padre C., anche se lui non mi ha detto nulla di speciale. Mi ha raccontato che preferisce sempre andare a piedi per potere pregare meglio, e raccogliere passando tutti i sorrisi, le attenzioni, le gentilezze della gente che passa per offrirli a Dio. Quando va in autobus vuole un gran bene all'autista perchè ha mani e piedi, occhi, attenzione continuamente occupati per gli altri, stando attento a quelli che salgono e scendono, a quelli che corrono da lontano. Essendo così occupato non può offrire tutto l'amore che dà a Dio, ma Padre C. gli passa accanto e lo offre.
Così ho imparato a pregare per tutti, volendo a tutti bene, attenta perchè nulla di loro, specialmente se prezioso come rumore, vada disperso, ma trovi invece significato agli occhi di Dio.
Voglio tentare di andare avanti così, senza preoccuparmi come prima, ma molto piccola, dando il mio tempo agli altri. Perchè il Signore a cui mi sono rimessa può volere solo il mio bene, e quello che mi ha mandato è stato certamente perchè io ne gioissi e diventassi migliore in Lui, non perchè mi disperassi.
Sono stata due giorni in un convento di benedettine.
Ho pregato tanto e specialmente per te e ti sono sempre vicina. Ho scoperto, non certo da sola, ma leggendo un libro di un prete che ha fatto una vita molto simile a Charles de Foucould, cosa voglia dire avere in noi il Cristo vivente.
Ora so che non sono più sola, siamo in due, il mio corpo è nostro, si è incarnato in me, e devo seguirlo. Lui sa già per quale destino mi ha scelto il Padre, e certamente vuole seguire la Sua volontà. Mi devo abbandonare a Lui e stare in continuo ascolto perchè mi porti dove vuole. Non è fuori di me, è qui ed è Lui che agisce, va in giro, prega, si abbandona al Padre, io devo solo lasciargli sempre più posto.
Con tanto affetto.


M. G.

Quanc Duc, Bonzo, nostro fratello

«Saigon, 12 Giugno 1963: un monaco buddista si è fatto cospargere di benzina e poi ha acceso un fiammifero, dandosi fuoco in pubblica strada. E' morto dopo una diecina di minuti, fra orribili tormenti, ma senza levare una voce di lamento. Lo ha fatto per protestare contro la persecuzione nei confronti dei buddisti da parte del governo» (dal «Giorno»).
Silenzio assoluto fra la folla: monaci, popolo, poliziotti, pompieri udivano soltanto il tuo lento salmodiare e lo sfrigolare delle fiamme addosso alla tua veste gialla che ricopriva il tuo corpo settantenne.
Non l'ucciderti ma la libertà della tua fede, era diritto. Sarà facile, per molti, parlare di fanatismo; tu, fratello mio, avresti dovuto cospargere d'Amore, di pazzo impossibile Amore la tua vita, solo di questo fuoco era degno il tuo vecchio cuore stanco!
Ti sei imposta una morte sì orrenda perchè altri opprimevano forse il diritto del tuo salmodiare, i canti della tua pagoda, i riti e l'insegnamento della tua religione. Io commosso ed impotente non ti condanno, ammiro il tuo coraggio e ti comprendo.
Di fronte a quegli uomini inorriditi e commossi hai reso evidente, terribilmente morendo il perchè del tuo vivere. Eri certo che Dio è Libertà: forse non conoscevi il modo giusto di amarLo.
Fa tanta tristezza, fratello mio, vedere la dignità della persona umana, conquistata spesso con lacrime e sangue, conculcata e distrutta da eredi di Martiri.
Ignoro i motivi «precisi» del rogo suicida, so che in nome di Dio altri roghi omicidi furono e possono essere accesi.
Anch'io, fratello mio Bonzo, sono responsabile della tua morte: i facili pregiudizi, il servirmi degli altri, la difficoltà del perdono, arido e indifferente alla pena e alle lacrime, la «gioia» per l'insuccesso del «mio nemico», la pagliuzza nell'occhio fraterno, chiudono giorno per giorno il mio cuore all'Amore.
Spesso m'illudo in lacrimosi sentimentalismi: anche gli aguzzini coprivano con le sinfonie eroiche o pastorali le grida disumane dei torturati!
Su quell'incrocio di strade di Saigon, in quelle fiamme di giugno si raccolgono le sofferenze e i lamenti di tutte le vittime delle dittature, dei soprusi, de razzismi, nel tuo cuore stanco, o vecchio bonzo fratello nostro, brucia la speranza dei pellegrini dell'Assoluto, dei mendicanti del Regno di Dio, poveri illusi d'Amore che ancora, malgrado tutto, ostinati credono pregando «E' nella debolezza che sono forte».


R. M.

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