La difficile speranza: padre Perrin

Nacque il 13 Aprile 1914 a Corniment, in fondo ad un'alta vallata del Vosgi che dall'altro versante guarda la pianura d'Alsazia. Aveva due anni quando il padre morì durante una battaglia della prima "inutile strage". Sua nonna, sua madre e sua sorella erano operaie tessili.
La tristezza dei tempi e le preoccupazioni della sua famiglia sono vinte dall'allegria infantile di questo bambino nervoso e vivace.
A 12 anni entra in Seminario. Allievo indolente prima, ma ben presto troverà in se stesso motivi seri per applicarsi. Il grande Seminario di Saint-Dié lo accoglie a 17 anni. Nasce la JOC (Jeunesse Ouvrière Catholique) e il giovane sacerdote Perrin ne sente il fascino. Con il suo entusiasmo trascina i suoi compagni. La loro debolezza, la sordità degli ambienti cristiani inquieta le giovanili speranze.
I suoi superiori lo vogliono professore di lettere, ma lui cerca il vero cammino per il suo sacerdozio. Si dedica ai bambini delle colonie estive, agli adolescenti e si appassiona per lo scoutismo.
Dopo l'occupazione nazista iniziano le deportazioni dei lavoratori francesi in massa verso la Germania. Ma se parecchi erano i seminaristi fra i militanti in quei campi di lavoratori civili, i sacerdoti mancavano quasi del tutto; presto fu chiaro infatti che i tedeschi non ne avrebbero mai autorizzato la presenza. Dopo una preparazione spirituale e professionale, alcuni giovani preti camuffati da lavoratori e pronti a questa rischiosa avventura furono dislocati nelle città e regioni più importanti: molti vi lasciarono la vita.
Fra i primissimi volontari H. Perrin svolse la sua attività a Lipsia, individuato come sacerdote, fu imprigionato e infine rimandato in Francia. Ha 28 anni, nel pieno della sua giovinezza. C. Houdier ha ragione di collegare a questa definitiva esperienza tutto il suo sviluppo degli anni seguenti: "Egli aveva spinto fino agli estremi, con grande purezza e con intransigenza virile, la tormentosa ricerca di problemi che gli si erano presentati in Germania 12 anni prima e che riguardava la pratica sacerdotale della carità nel XX secolo con il suo aspetto terribile di giustizia sociale...".
Henri alterna ad una azione spesso febbrile il lavoro metodico, intellettuale e spirituale. Rimette in discussione tutto ciò in cui crede: di più solido gli resta la formidabile presenza di Dio che, in ogni istante, nel più profondo di se stesso, lo crea nell'amore, e la presenza di Cristo nel cuore del mondo, suo corpo, che la Chiesa lentamente trasforma. Studia i catechismi di S. Cirillo, l'Epistola ai Romani, agli Efesini ed ha l'impressione di penetrare in un regno completamente sconosciuto.
La calma ritorna dopo momenti di scoraggiamento. Non rimane inerte e si ricorda, dinnanzi all'abisso del mistero, che Dio è Amore e Padre. Anche se la sua irrequietezza penosa lo isola, sa che la deve sentire così forte perché altri la possano sentire, e ne fa la migliore preghiera per il mondo che ama.
Sprovveduto dinnanzi a ciò che il marxismo brutalmente gli rivela, attinge nella rivelazione biblica e cristiana, esterrefatto e spaventato, la solidarietà. Comprende perché i miscredenti del nostro tempo, pur attirati dalla dottrina e vitalità spirituale del Cristianesimo, sono respinti dall'"ambiente" religioso nostro. Non parla di "penetrazione ed esempio", ma di "purificazione e ritorno al Vangelo". "Non voglio dire - scrive in una lettera - con questo che il Vangelo sia stato abbandonato, ma che l'attuale e generalizzata mancanza di Fede in un paese, malgrado tutto, permeato ancora di istituzioni cristiane, esige un ritorno al Vangelo con intensità, semplicità e spiritualità massima".
Felice e commosso alla fine del 1947 si dona interamente ~ vent'anni di studi, di viaggi, di esperienza e di formazione - alla classe operaia: ha davvero deciso di legarsi ad essa e di vivere con essa e al suo ritmo. Sa che non è prudente avviarsi da solo in un lavoro di "massa - molti preti che lavorano attualmente in piena massa considerano come loro principale sostegno le esigenze dei cristiani che li circondano, e credo non sia difficile dimostrarlo".
D. Perrin è un potente organizzatore ed ha un'incredibile capacità di stabilire contatti e discussioni fra gli uomini più diversi, inoltre la sua regola religiosa, offrendogli la possibilità dei ritiri, favoriva in modo straordinario il dono da lui posseduto di pensare e di dominare l'azione. Con un compagno gesuita s'inserisce nel 13° quartiere di Parigi (della stazione): la situazione religiosa e morale di questa popolazione operaia è pessimistica. Ogni sabato questi preti operai lo dedicheranno al riposo di una giornata spirituale.
Il giorno prima della sua entrata in fabbrica fa il punto sulla necessità di servire la Chiesa, il clero e i cristiani, di servire il Cristianesimo attuale. Urgente evangelizzare le masse miscredenti, ma indispensabile scoprire tutte le cause di questo allontanamento. Materialismo, razionalismo, scuola laica... va bene! - "ma ciò non basta a spiegare il fatto che la totalità o quasi degli uomini, in meno di un secolo, non pratichi più la religione, e non basta a spiegare l'indifferenza quasi totale dei giovani nei confronti della vita religiosa". Lealmente e dolorosamente Henri constata che malgrado i nostri collegi e i nostri catechismi, le scuole libere e pubbliche dove si fa preghiera e insegnamento religioso, terminati i corsi, di tutto ciò non resta più niente.
Per la classe operaia: fa notare il silenzio dei cattolici fra il 1848 e il 1891 di fronte allo sfruttamento del proletariato: e dopo il 1891 "che prudente silenzio, che passiva opposizione alle Encicliche!". Come potrà il proletariato essere tentato di seguire una soluzione cristiana dell'equilibrio mondiale al posto di quella cosidetta comunista?
Il clericalismo: sclerosi delle istituzioni, ritualismo sacramentale, isolamento del clero rende incomprensibile la Religione, si oppone al Vangelo.
"Penso a quel parroco parigino, giovane, poverissimo, amato dai suoi parrocchiani, per la maggior parte operai e piccoli commercianti, che tre mesi fa mi diceva - da sei anni ho fatto tutto ciò che ho potuto per la mia parrocchia: vivo poveramente, il mio presbiterio è aperto a tutti, conosco la mia gente. I praticanti però diminuiscono sempre... Perché? - Perché il significato della vita cristiana si è svuotato per i nostri contemporanei, perché il Vangelo non è più una buona novella, perché i sacramenti non significano niente, perché siamo tagliati dalla vita".
Un uomo come Henri non poteva stare tagliato dalla vita, andò a vedere. Per ritrovare l'umano varcò il fossato desideroso di colmarlo lentamente e di mescolare il lievito alla pasta in modo che possa fermentare ancora. Non era prete per arrivare a pensare che in fondo tutto va bene, installarsi, sistemarsi, amministrare, per poi considerarsi oberato dal lavoro.
Nel 13° quartiere, l'attività di Henri sarà intensa non febbrile: non era il tipo. La sua calma imperturbabile, la sua capacità di ascoltare, il suo stile nell'organizzazione e nell'azione, sempre agile e preciso, ispirano totale fiducia in lui. Molti amici e innumerevoli compagni, agganciati durante il lavoro e nel quartiere, conquistati dal suo sguardo, dalla sua cordialità, vivranno in un'atmosfera di amicizia della quale non potranno più fare a meno né loro né lui.
Le sue domeniche sono dedicate ai giovani e alle ragazze degli alberghi della Gioventù. Durante gli scioperi Isèrc Arc, i membri e i dirigenti di questo movimento giovanile, così aperto e intelligente, gli daranno la più valida prova di fedeltà.
Lavora in fabbrica dove trova in tutti fiducia e amicizia, tiene contatti con il clero parrocchiale, continua la sua opera d'inserimento nel quartiere, partecipa agli incontri internazionali operai in Germania.
Prende coscienza che il messaggio cristiano, così come viene trasmesso dai cristiani di oggi, è perfettamente estraneo a questo mondo operaio dove al massimo viene considerato con curiosità superficiale o come un oggetto storico, mai comunque come una risposta all'insoddisfazione umana che turba la nostra e altre generazioni. Non si accusa il Vangelo, di cui si ha invece la nostalgia, ma si diffida, totalmente, della Chiesa. "Conosco i motivi esteriori con i quali si spiega questa indifferenza, ma è sui motivi interiori che ci è più facile agire; troppo pochi sono i sacerdoti e i cristiani autentici al giorno d'oggi e quei pochi non abbastanza santi perché l'esempio della loro fede e della loro speranza, della loro povertà e del loro amore sia sufficiente".
Nelle sue lettere agli amici chiede insistentemente la preghiera per sé e per i preti operai affinché restino fedeli alla propria vocazione di continuare l'Incarnazione, di Cristo e di diffondere, mediante la loro vita, il suo Amore e la sua Gioia.
E' cosciente delle difficoltà "non sappiamo dove andiamo. Siamo usciti dal mondo della sicurezza per quello dell'insicurezza e ci attende una lunga ricerca". Deve eliminare dalla sua persona l'impressione di confessionalismo e di proselitismo.
La nuova vita, allargando gli orizzonti, rafforza la volontà d'inserirsi silenziosamente nell'esistenza operaia, l'accettazione costante di ogni costrizione e la trasmissione costante di un esempio attraverso contatti liberi e numerosi con gruppi organizzati o movimenti. Così D. Perrin accoglie, consiglia, guida molti giovani uomini e donne, studenti e studentesse, apprendisti, operai, seminaristi - tutti arrivati alla vita operaia dall'esterno. Al suo contatto molti troveranno una vocazione missionaria definitiva.
Rispetta sovranamente le coscienze dei non credenti, esclude qualsiasi "intrigo" che voglia portarli a ciò che essi considerano la "bottega" cattolica: tutti però hanno capito che questo prete è pronto a caricarsi, nelle sue possibilità, della sofferenza, dell'angoscia, del peccato del mondo.
Negli incontri torna con insistenza sulla necessità di una autentica vita interiore. "Se vogliamo che la nostra azione non sia un insieme di attività prive di significato cristiano, di filo conduttore, dev'essere manifestazione e incarnazione di ben altro, l'aspetto tangibile di una realtà interiore spirituale".
D. Perrin nei due anni di vita operaia cercò di essere fedele all'Amore sopra ogni cosa, all'Amore che lo sollecitava, continuamente e sotto tante forme: un amore spesso pesante da portare, carico com'è della sofferenza altrui, del peccato suo e altrui. Alle volte non ce la faceva più con tanta sofferenza e tanta disperazione da dividere; a quel punto raggiungeva tutti, gli amici in particolare, nella Messa, li ritrovava e si appoggiava a loro che per lui erano la Chiesa e Cristo. L'intero universo è sacro poiché raggiunge la sua unità in Cristo e tutt'intero si bagna nella grazia dello Spirito. Non regno del male, questo mondo, non ancora divinizzato, ma lentamente in marcia verso Dio mediante l'Incarnazione, verso la Gerusalemme eterna.
Per mantenere e sviluppare quanto aveva messo in moto e creato nel 13°, il P. Perrin decide all'inizio del settembre 1951, dopo mesi di riflessione e di esami di coscienza, di chiedere il permesso per uscire dalla Compagnia di Gesù, per ridiventare il sacerdote Henri Perrin.
Lungi dal preoccuparlo, l'incertezza della quale si trova riguardo al suo avvenire, le molte e a volte tragiche difficoltà, e quelle non meno tragiche nelle quali si dibattevano altri intorno a lui, gli rinnovano un'immensa fiducia nel Signore, e una grande calma interiore riguardo al passato e all'avvenire.
Non accettato a Lione e a Parigi, Henri incontra Mons. Lamy, Arcivescovo di Sens, che lo accoglie nella sua Diocesi. La squadra delle Dighe aveva proprio allora informato Henri dell'interesse che avrebbe avuto un prete operaio a raggiungere alcune centinaia di operai che lavoravano alla cascata d'Iseré-Arc, in Savoia.
In pochi giorni è pronto, saluta Parigi senza sterili rimpianti e parte. Egli approda a una riva nuova.
Alle dighe conduce una vita semplice e piena nel cantiere e nella Chiesa; vita di comunità nell'amicizia, di umiltà, di fede.
Laggiù si sente perfettamente al suo posto, povero abbastanza per rappresentare la Chiesa di Cristo fra quelle centinaia di lavoratori. Sa che questa vita non potrebbe continuarla se non aggrappato alla fede profondamente. Diviene il responsabile operaio del cantiere e tutti hanno piena fiducia in lui. Ha fatto due scioperi notevoli. Ma questi due scioperi l'hanno fatto operaio. Questi due anni hanno avuto un peso particolare per la sua vita operaia movimentata: la sua esperienza ha avuto qualcosa di unico, di totalmente inedito per un sacerdote.
Mentre sta vivendo in pieno la condizione e la comunione operaia (anno 1953), i Vescovi chiedono ai preti operai di rinunciare agli impegni temporali e di lasciare discretamente i sindacati. Fino all'ultimo la squadra delle dighe (12 sacerdoti) tenta umilmente, coraggiosamente, di lasciare aperto, per il mondo errante delle dighe e dei lavori pubblici, il problema dell'incontro Chiesa - Mondo operaio che il card. Suhard aveva così intrepidamente affrontato per Parigi.
Arriva la notte di tutti coloro per cui sperare è difficile e faticoso. Così scrive alla sua cugina il nostro Henri: "Con l'aiuto di Dio, credo sempre in Dio, in Cristo e nella Chiesa, ma vi sono cose che non si possono più riaggiustare" - e promette solo una cosa, "di non rivoltarmi contro la Chiesa".
Quasi solo, prova disperatamente a sfuggire al dilemma, la Chiesa o il mondo operaio?
Chiede al suo Vescovo un congedo di sei mesi.
Il 25 ottobre 1954 "lo sconosciuto del buon Dio" trova morte immediata in un incidente della strada: stava terminando un tirocinio da elettricista.
Una morte sconosciuta dopo otto mesi di strade sconosciute. Nella sua breve vita aveva sempre, di persona, rischiato per amore della Chiesa e dei Poveri, sperando contro ogni speranza.
"Con noi o senza di noi, o malgrado noi, Dio colmerà il fossato; ci sia dato di non mettere troppi bastoni fra le ruote" - il suo ultimo...grido!


don Rolando


(da "Vita di un prete operaio", Ed. Einaudi, Torino
"Diario di un prete operaio in Germania", Ed. S.E.I., Torino)



in Popolo di Dio: PdD anno 2° febbraio 1969, Febbraio 1969

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