La nostra fedeltà

"ho pietà della folla perchè da tre giorni sta con me, e non ha da mangiare" (Mc. 8,2)
Si fa sempre più vivo ed esigènte in me sacerdote l'impegno e la responsabilità di vivere nella semplicità del quotidiano una vita conforme al Signore Gesù donatoci dalla Chiesa ed accolto in noi con consapevole amore, sicuro della sua verità umana e divina.
E' normale che uno a 40 anni confessi candidamente che Gesù Cristo non lo ha mai - dico mai - deluso e che non vi sono state difficoltà nell'accoglierlo per un'amicizia sincera, totale, seria per cui uno - di persona - ha potuto toccare con mano (palpare direbbe Giovanni) che solo da Lui è venuta una pienezza di valori umani che con altri non era assolutamente possibile. Non mi sono bastati - anche se tutti li ho accolti ed amati con gratitudine ed amore - coloro che come me vengono dalla terra e parlano secondo la terra, ma Gesù di Nazareth ha tutto per me perchè viene dall'alto ed è al di sopra di tutti e nella sua vita e nelle sue parole ci dona tutto quello che ha veduto e udito dal Padre.
Per me sacerdote sono tanti i momenti di gioia piena, una gioia che è continua esigenza, dove Lui, "sono io che ti parlo", rivelandoci ogni cosa condiziona una vita, la consacra e la pone a totale servizio della verità, dell'amore della giustizia.
La scelta è esclusivamente Sua: quel "vieni e vedi" ti ha totalmente preso ne ricordi i particolari di quell'incontro, 1'ora: il tuo cuore non ardeva invano. Così uno si è arreso alla sua amicizia, lo ha accolto e solo di Lui vuol vivere: un'esistenza determinata esclusivamente da Gesù.
Per un sacerdote la vita di Gesù - uomo e Dio - è la "vita" che sola corrisponde alla volontà e all'amore del Padre: non vi sono altri modi per affrontare l'esistenza. Ogni problema deve essere risolto in Lui: la gioia, il dolore, l'amore, la disperazione, l'angoscia trovano in Lui la pienezza, la chiarificazione, la speranza.
Ogni giorno l'incontro si rinnova e non ha importanza il tuo diminuire, il "tuo" infatti è solo miseria ed egoismo.
Mi ha scelto per stare con Lui, ecco la necessità di un tempo da dedicare soltanto alla preghiera - è vero che tutta la giornata, vita di ministero, ascoltare, parlare, il lavoro sono atti di fedeltà e di amore, ma non bastano - questo stare con Lui in una disponibilità di tutto te stesso consacra nell'amore, quello che fruttifica in redenzione, in apertura universale.
E' un atto di fede: sappiamo che Gesù è venuto dal Padre e nel nostro amore a Lui troviamo l'amore del Padre, senti di doverlo ammettere - senza di Lui non avrebbe più senso la tua vita - sino in fondo, in tutta la sua pienezza e per tutto quello che ti chiede. Sai che la Sua vita, - la Chiesa te la offre nel Vangelo, nella Messa di ogni mattina - è coerenza perfetta all'Amore del Padre, è donazione totale ai fratelli. Tutto di Gesù ha oggi (come ieri e sempre) valore pienezza e forza: di comunione vera con il Padre e con gli uomini per me sacerdote nel mio tempo.
Serenamente posso dire che la mia certezza, la giustificazione a vivere, il mio amore è Gesù Cristo e sono contento di avergli donato la mia povera vita: quel poco che sono e le briciole che posso dare nascono da questo personale e completo abbandono in Gesù Cristo.
E giorno per giorno rispondo alla Sua dedizione scoprendolo, amandolo e rispettandolo nel Suo Popolo, contento di far parte di questo Popolo, uno di quanti tutta questa realtà umana nella sua storia meravigliosa e terribile lottano e sperano, soffrendo, che sia veramente, totalmente, integralmente Regno di Dio.
Uno che fra i fratelli per un'accoglienza di Gesù non ha rossore a divenire povero popolo e sostenere il peso dell'Amore di Dio, seguirlo, patire la fame, quasi venir meno lungo il cammino.
Chi mi ha vinto per sempre conosce, per averla vissuta, tutta la nostra storia e unico può dire: io sono il riposo e il ristoro alla vostra stanchezza e alla vostra fatica.


don Rolando


in Popolo di Dio: PdD anno 1° novembre 1968, Novembre 1968

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