nuove esperienze

Una delle prime sensazioni che si riceve quando si viene a contatto con gli operai, è la percezione chiara di non trovarsi a posto, a disagio come degli estranei. Noi, seminaristi o preti, avvertiamo fortemente il nostro disagio di fronte a questa gente, e ancor più il loro disagio nei nostri confronti. La nostra vita, la nostra cultura, i nostri interessi, la nostra fede ci caratterizzano e ci separano dagli uomini. Ci riesce difficile percepire le sfumature del loro linguaggio, le componenti della loro vita di ogni giorno, cose semplici, lontane da schemi culturali, genuine e profondamente umane, e in molti casi lontane da ciò che noi chiamiamo fede, religione.
E' la cultura che ci separa. L'operaio non ha cultura, non sa parlare, ragiona "con le mani", noi con le nostre "categorie". La vita dell'operaio è segnata dalla fatica, la fatica fisica. Chi ha condiviso per un po' di tempo la loro vita ne sa qualcosa. Il lavoro manuale prende per se ciò che di meglio c'è nell'uomo, la maggior parte delle sue energie, frustrando, spesso le doti morali e intellettuali. L'operaio in fabbrica non è più un uomo, è il numero tale o il pezzo tale dell'ingranaggio produttivo. Non c!è più personalità. Quando si è spossati da un lavoro spersonalizzante, la cultura, la fede, la cura della famiglia diventano un lusso.
E' importante per noi entrare nella vita dei poveri d'oggi, degli operai: è l'incarnarci che conta, non l'interessarci vagamente al problema. E' indispensabile per questo una scelta chiara consapevole, una scelta di vita. E' uno dei modi forse fra i più radicali di realizzare oggi il comandamento dell'amore. Come Cristo.
Preti e seminaristi di fatto appartengono ad una classe: sono coloro che comandano e hanno i soldi, una cultura. Esistono le classi perché esiste la concentrazione del denaro, del potere, un certo tipo di cultura. E queste cose sono in mano a pochi, mentre dovrebbero essere di tutti. Ci sono degli esclusi. La lotta, lo scontro diventa inevitabile. Sta a noi farci trovare dalla parte giusta, dalla parte di Cristo, cioè dalla parte di coloro che soffrono, che non sanno nulla delle beatitudini ma le vivono. Il prete deve realizzare con gli uomini una comunione di vita, sentire come propria la crisi di fede, di speranza, soffrire il rifiuto di Dio da parte degli uomini.


I chierici operai di Torino

(dagli incontri su "Chiesa e mondo operaio")



in Popolo di Dio: PdD anno 2° gennaio 1969, Gennaio 1969

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