disse: NO

Di buon mattino, 25 Febbraio 1943, il contadino F. Jagerstatter uscì di casa cercando di non farsi notare. Non si avviava al lavoro consueto dei campi, ma alla solitaria testimonianza di umile operaio del Regno di Dio. "Oggi mi avvio su un cammino difficile" dove né la sua chiesa, i suoi sacerdoti, la mamma e i suoi compaesani potevano e volevano aiutarlo. Solo con Dio era risoluto più che mai. Non si faceva illusioni circa la sua sorte. Una donna lo intravide dalla finestra allontanarsi a passo lento, arrestarsi un istante, poi tornare indietro come per abbracciare con un lungo sguardo tutto il paese prima di riprendere decisamente la strada per Titmoning. "Dio ti accompagni, Franz" fu l'abituale saluto del suo migliore amico già al lavoro nella sua fattoria: Jagerstatter, scuotendo tristemente la testa, rispose "Non mi vedrai più". Stava infatti avviandosi coscientemente alla morte. Era stato richiamato alle armi al centro di mobilitazione di Ennz e da anni aveva deciso, di dire "NO". Infatti, ricevuto l'ordine di prendere parte a una guerra che giudicava ingiusta, una guerra che serviva i disegni di un regime politico immorale, Franz rispose col rifiuto a sottomettersi. Come cristiano preferiva combattere con la parola di Dio più che con le armi. Egli amava in modo appassionato l'Austria e rifiutava di servire l'oppressore del proprio paese. Sapeva che sarebbe stato giustiziato, ma preferiva morire a quel modo piuttosto che fare il male.

Franz Jagerstatter era nato il 20 maggio 1907 a Santa Radegonda, piccolo paese dell'Austria superiore. Suo padre morì nella prima guerra mondiale. Visse la sua giovinezza nel lavoro dei campi - trascorse anche tre anni nelle miniere di. ferro - e fu spensierato come molti della sua età. I compaesani ricordano Franz con simpatia e con affetto: "Era un tipo formidabile". Giovane simpatico, brioso, robusto, dinamico: bravissimo alle bocce, buon cacciatore, appassionato del giuoco, delle carte e della danza, sensibilissimo alle belle ragazze. Intelligente ed accanito lettore, aveva compiuto con buoni risultati il corso di scuola elementare. Pronto a distinguersi e ricco di spirito di iniziativa, era sempre disponibile a battersi e a trascinare gli altri nella battaglia. Per cocciutaggine non aveva tralignato dalla famiglia. Come cristiano ci dà testimonianza in una sua lettera: "La mia esperienza personale mi ha insegnato quanto sia penosa la vita di un cristiano tiepido: è vegetare più che vivere". Però si interessava vivamente di problemi religiosi, partecipava a corsi di istruzione religiosa.

Prese piena coscienza dei valori cristiani quando, nel 1936, sposò una bravissima ragazza di un paese vicino: da tempo Franz cercava un impegno cristiano serio e coerente e la sua compagna lo aiutò a trasfondere nelle proprie azioni il cambiamento che già sì era operato nel profondo del suo animo. Al ritorno dal suo lavoro di minatore a Steiermark, tutti notarono in Franz un fervore insolito. Roma fu la meta del suo viaggio di nozze. Ogni mattina si recava a Messa e si comunicava: in segno di rispetto per il Sacramento ricevuto digiunava fino a mezzogiorno. Il suo tempo libero lo dedicava alla preghiera e alla lettura del Vangelo, seguiva e partecipava vivamente e appassionatamente gli avvenimenti del suo tempo. Era un buon contadino e lo fu fino alla fine, la sua vita religiosa lo aveva costretto ad organizzare il suo lavoro, mai a trascurarlo. Dal carcere non smette di interessarsi del buon andamento della sua terra e manifesta il suo amore per essa: "La natura sembra indifferente ai mali che opprimono 1'umanità: benché dalla mia prigione non veda un gran che, mi pare tuttavia che quest'anno le piante e i fiori siano più belli del solito", e con delicatezza - dopo la condanna a morte Luglio 1943 - raccomanda al suocero "Non fate lavorare troppo duramente i miei, che resti loro almeno un po' di tempo da dedicare alla meditazione e alla preghiera". Anche in prigione trascorreva lunghe ore in contemplazione e in preghiera e si imponeva digiuni e penitenze e supplicava il cielo di sostenerlo e di illuminarlo. Durante la guerra, quando i generi di consumo erano razionati, Jagerstatter riempiva un tascapane di viveri che, con discrezione, distribuiva fra i poveri del paese: anche se lui e la sua famiglia, vivevano in condizione di povertà. Non gradiva chiacchiere inutili e non parlava mai male di nessuno. Pronto a dare una mano a chiunque ne avesse bisogno, senza interesse; nella sua mansione di sacrista della parrocchia rifiutava ogni forma di compenso. Si comportava a quel modo perché "ci credeva".

La sua fede cristiana confermò la sua fiera e virile opposizione al nazismo. I suoi compaesani erano indispettiti dal fatto di sentirsi dire da Franz che l'opposizione al nazismo doveva essere manifestata apertamente. Rispondeva al saluto "Heil Hitler!" "Puah Hitler". Quando una potente organizzazione rurale manifestò cedimenti nella sua opposizione al nazismo, Franz si dimise. Il giorno più penoso nella vita di Jagerstatter fu il 10 aprile 1938: un plebiscito ratificò all'unanimità l'annessione dell'Austria alla grande Germania. Non solo i suoi compatrioti capitolarono senza resistenza di fronte al nazismo, ma persino le gerarchie della Chiesa cattolica austriaca approvarono e sostennero 1'annessione: "Se il clero austriaco, invece di giungere al punto di andare a congratularsi con il partito per avere compiuto quella buona azione, e di aiutarlo a raccogliere la quasi totalità dei suffragi, avesse manifestato un'opposizione vigorosa fin dal 10 aprile, indubbiamente pochi preti sarebbero rimasti in libertà per esercitare il sacro ministero, ma almeno la Chiesa avrebbe evitato un tragico errore". Così scrive il contadino austriaco: lui votò contro l'annessione. Non solo egli rifiutava
di contribuire finanziariamente al regime nazista, ma ne respingeva anche ogni beneficio. Non chiese mai gli assegni familiari per le tre figlie, ai quali aveva diritto. Poco dopo l'invasione nazista quasi tutto il raccolto della regione venne distrutto dalla grandine; la sovvenzione straordinaria del governo agli agricoltori fu da Franz rifiutata.

Diversi sacerdoti erano stati interrogati da Franz, "Si aveva moralmente il diritto di partecipare alla guerra nazista?" Tutti lo consigliarono a sottomettersi: anche il Vescovo di Linz che Franz era andato a visitare rispose: "Ogni uomo deve sottomettersi alle responsabilità loro imposte dall'autorità". Jagerstatter per non rinnegare Cristo non si sottomise. "E' meglio adattarsi subito a sacrificare la propria vita che esporsi al peccato prima di morire". Nessuno riuscì a convincere Franz ad accettare il servizio militare (neppure negli ausiliari): attraverso il sacrificio della propria vita, egli intendeva anche proclamare l'iniquità di un regime che combatteva una guerra ingiusta e che perseguitava la Chiesa. In attesa del processo, dal carcere di Linz scrive alla moglie e alle bambine interessandosi di loro e dei suoi compagni di prigione. Chiede una stella alpina per un povero francese che è stato condannato: "Vorrebbe inviarla alla fidanzata che ama molto i fiori". Per sé ha tanta fiducia in Dio "Finche si può pregare, è possibile dare un senso alla vìta", "quali che siano le prove che ci riserva l'avvenire, tutto finirà bene per chi persevera nell'amore del Signore".

4 maggio 1943, Franz viene trasferito alla prigione di Berlino "Non preoccuparti per me - scrive alla moglie - il Signore non mi abbandonerà". Per smuoverlo dalla sua decisione fecero notare a Franz che milioni di altri cattolici, seminaristi, preti combattevano al fronte e che nessun Vescovo aveva esortato a non prendere parte alla guerra, il contadino rispose: "Non è stata concessa loro la Grazia". Fu sollevato quando apprese che un altro, padre Reinìsch, aveva percorso la sua stessa via. Processato il 6 luglio 1943, fu condannato a morte. Venne decapitato il 9 agosto 1943. Franz Jagerstatter, contadino austriaco, obbediente alla propria coscienza, andò sereno incontro alla morte: "Chi non teme la morte è l'uomo più ricco e più felice della terra", così aveva scritto.


don Rolando

(da "Il testimone solitario", G. Zahn, Gribaudi editore
"Fede e violenza", T. Merton, La Morcelliana



in Popolo di Dio: PdD anno 2° gennaio 1969, Gennaio 1969

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