LOTTA COME AMORE: LcA marzo 1983

La tua pace

Come altri valori essenziali, decisivi per un vivere e una convivenza umana, anche la pace nella sua idea costitutiva e nella prassi storica è sottoposta a equivoci sconcertanti, a interpretazioni soggettive e soggetto è spesso tutta una cultura determinata dagli interessi dominanti, dittatoriali, imperialistici, la ragione economica, politica, militare, religiosa. Cosicché "pace" è stiracchiata di qui, di là è sempre stracciata in mille pezzi, frantumata, incenerita fino al punto che spesso la pace è causa, giustificazione della guerra.
Pace è come verità, giustizia, libertà, democrazia, dignità umana, amore ecc. Valori impossibilitati ad una storicizzazione perché perennemente e sfacciatamente strumentalizzati a copertura e giustificazione delle proprie guerre, menzogne, ingiustizie, violenze, oppressioni, sfruttamenti, disumanità..
Merito dei movimenti per la pace è l'aver tolto di mano "la pace" agli inquinamenti alle profanazioni e sacrilegi...ecc. dei grossi poteri che dominano il mondo, per ridonare alla pace la cristallina freschezza dell'acqua di sorgente, di aria pura da respirare, di speranza da poter essere sperata e sognata.
E' vero che non sempre tutto è nella chiarezza ciò che si agita sulle piazze, nelle strade delle marce per la pace, nelle sale dei congressi, dei convegni, nei gruppi spontanei germinati, scaturiti dalla volontà popolare di pace. Ma non ha importanza, non deve bloccare e stancare la costatazione di infiltrazioni, di strumentalizzazioni, di miserabili approfitti, di nauseanti contaminazioni. Anche se è vero che è di moda parlare di pace, nonostante che sia evidente che ne usano come di acqua per sciacquarsi la bocca contaminata da troppe menzogne e assurdità, per ricostruirsi un'immagine contorta e avvilita, per ritrovare una presentazione e un credito svanito.
Sta il fatto e è novità sorprendente e stupefacente nella storia del nostro tempo perché è forse per la prima volta che avviene questo "miracolo", sta il fatto che volentieri o no, per convincimento o no, degnamente convincimento o no, degnamente o vilmente, per amore sincero o per il maledetto tentativo di strumentalizzazione, sta il fatto che adesso bisogna parlare di pace. E di pace si parla e si
discute, per la pace ci si mobilita e si lotta, sul la pace la grande e la piccola politica si con franta e si verifica e gli imperialismi e i blocchi che si spartiscono il mondo di pace devono trattare e, sia pure per propaganda, la pace devono dimostrare di cercare.
Tutto questo movimento di coscienze e di popolo può essere che sia spiegabile non tanto perché finalmente l'umanità, la sua cultura e la sua storia e più ancora la sua coscienza umana, ha scoperto il valore "pace" e lo sente e lo giudica bene supremo, assoluto, come l'aria che si respira, quanto piuttosto può essere che gran parte di umanità sia spinta a cercare, invocare, imporre la pace, per paura, perché è in gioco la sopravvivenza, è a portata di un dito la fine del mondo e sempre più dilaga il terrore che il seno orrendo della storia partorisca "il pazzo", la schizofrenia irrefrenabile del potere, della grandezza, della gloria, capace di premere il fatale bottone.
È certo che la pace che nasce dalla paura non è pace. La paura è violenza, è oppressione, è disumanità. E dal male non fruttifica il bene.
E' di qui, da questa situazione equivoca, che la pace dev'essere liberata.
La pace richiede purificazione perché le incrostazioni della storia sono micidiali, il male oscuro della violenza ha guastato, incancrenito le radici, l'istintività del potere è diabolica, mostro dalle sette teste sempre pronte a rispuntare ad ogni decapitazione, la ragione economica è connaturata alla concorrenza e alla guerra. . .
Ma cos'è la pace?
L'interrogativo è terribilmente insidioso, scende nel più segreto midollo dell'essere umano, del corpo e dello spirito a cogliere la nascosta coscienza, meglio, coscienza del se stesso.
Perché è forse in questa profondità delle proprie radici, dove si annida l'istintività della violenza o dell'Amore, che giace il concetto, l'idea, il convincimento di ciò che può significare "pace".
Può essere la pace un ideale, un valore rimosso o atrofizzato, morto e sepolto e nel caso emergeranno surrogati strani, stravolgimenti assurdi, strumentalizzazioni indegne e pace sarà soltanto una maschera, una menzogna, anche ciò che di più orrendo possa accadere e sarà considerato, manipolato, offerto sul piatto dorato della propaganda, come pace.
Così è avvenuto e avviene nell'individuo, nei popoli, nelle razze, particolarmente in quella bianca.
Oppure la pace è ... ma forse è ancora tutto da scoprire. Perché millenni di storia, di cultura, di scienza, di filosofia, di religione, di civiltà, di progresso ecc. ancora non hanno chiarificato cosa è la pace. Mancano i concetti precisi, la conoscenza dell'identità della pace, dove riposi, in cosa consista, come realizzarla nella realtà di se stessi, nella carne e nell'anima, nella sostanza del proprio essere umano e quindi nei rapporti, nelle relazioni, nella convivenza. E infinitamente vuoto pauroso è la conoscenza di cosa è pace, di ciò che la realizza, la difende, l'afferma, nelle realtà dei popoli, delle razze, quindi nelle ideologie, nelle culture, nella politica, nella economia, nelle religioni..
Cosa è la pace?
Non può insegnarla la Chiesa perché la sua storia e il suo magistero non sono dottrina ed esempio di pace. Non la racconta il libro della Scrittura, se non decantato dal torbido di troppa guerra di uomini sì che splenda la luminosità adorabile della Pace e dell'Amore di Dio.
Perché sta venendo il tempo - è già alla porta - In cui la storia sarà posta nel crogiolo e sarà separato l'oro dalla scoria. Ciò che è dell'uomo e ciò che è di Dio si manifesterà di Dio. E questo anche di tutto ciò che è sacro, Mistero di Dio e di tutto ciò che è profano, terreno, Mistero di uomini. "Perché è dal Tempio che si inizierà la purificazione".
Ma quando la "purificazione" sarà avvenuta allora sarà possibile sapere cos'è la pace.
Perché la pace non è la non guerra. Come il bene non è il non male. La luce non è il non buio. L'amico non è il non nemico..
Pace è Amore, Bontà, Verità, Giustizia, Libertà, Fraternità..
Pace è umanità pensata da Dio e creata dall'onnipotenza del suo cuore, vissuta da Gesù Cristo con la passione di Amore di Dio, e dove la Potenza di Dio effonde la sua fatica a operare la salvezza.
E la salvezza è sapere cosa è la pace e vivere la pace.
I cristiani dovrebbero conoscerla questa pace ed evangelizzarne il mondo. Se questo non avviene sarà forse perché per il cristianesimo storico, Gesù Cristo è poco più di una componente secondaria?
Sta il fatto che se vuoi sapere cosa è la pace e dove trovarla, intatta e purissima, è nell'identità tra pace e Gesù Cristo.
"Vi lascio la pace, vi do la mia pace e la pace che vi do non è come quella del mondo".
La tua pace come la pace di Gesù Cristo.

La posta di Fr. Arturo Paoli

Caracas Natale 82
Miei carissimi Amici Italiani dal sei dicembre sono a Caracas dopo un'assenza di quasi sei mesi trascorsi in Bolivia, Brasile, Uruguay. In verità il viaggio in Uruguay è stato un affacciarsi al paese, perché non credo sia accettato il mio tipo di lavoro. Mi viene in mente una vecchia zia di mia madre, a cui mi sento particolarmente legato, che era una appassionata di pittura e cominciava sem-pre l'ultimo quadro della sua vita, e quando lo terminava, ricominciava l'ultimo quadro.
Cosi io intraprendo questi viaggi pensando sempre che sia l'ultimo perché vorrei ritirarmi dalla scena; prima che mi ritirino un lancio di pomodori o gli sbadigli del pubblico. Qualche fratello mi ha fatto notare che in questa paura si nasconde una buona dose di orgoglio e mi piace confessarlo, sperando che ne diminuisca la dose nella miscela della mia personalità. Qualche fratello mi ha detto che non è assolutamente necessario che mi preoccupi perché - quando non avrai più nulla di nuovo da dire -, non ti chiameranno più. Noi ci sentiamo obbligati ad accettarti cosi come sei, mi dice in agrodolce il fratello, quelli che ti invitano sono assolutamente liberi di farlo. Non vorrei vi faceste una cattiva opinione dél miei fratelli perché il trattarci con un certo umorismo e con una vena di ironia che smonta le velleità di grandezza, fa parte dello spirito di famiglia cui non saprei rinunziare.
Sottoposto a questa critica seria e semiseria anche l'83 esce tutto programmato e nel pro-gramma entrano alcuni mesi in Italia. Pensavo di passare la settimana santa in Italia a rivivere la poesia pasquale che qui nei tropici non ha l'accompagnamento orchestrale della stagione che risuscita, ma mi richiedono in Nicaragua e chi si negherebbe a questo paese che sta vivendo una tappa cosi storicamente importante?
Cosi penso di venire in Italia dal Nicaragua verso la metà di aprile. Il motivo che mi spinge a continuare questa vita randagia e faticosa divisa fra il soggiorno in Venezuela e i viaggi per l'America latina, è l'Ideate di motivare dei gruppi di religiosi e laici a fare una scelta del popolo.
Il Papa nella sua enciclica Laborem exercens afferma con molta forza: "La solidarietà dei la-voratori e con i lavoratori deve essere sempre presente dove lo esigono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le zone di miseria e persino di fame che sono in continuo aumento. La Chiesa è vivamente impegnata In questa causa, perché la considera suo servizio, sua missione e come una verifica della sua fedeltà a Cristo, per potere ed essere veramente la Chiesa dei poveri" (11,8). Questo richiamo pare ovvio, perché la Chiesa non si è rivolta sempre al popolo, ai poveri? Ma nella indicazione del Concilio che il Papa attualizza e fa sua, c'è una indicazione nuova e storicamente importante. Chiesa dei poveri significa una chiesa in cui i poveri non siano I mendicanti, l'oggetto della nostra carità, ma siano soggetto, voce, opinione. Il nostro amico Balducci dà un contenuto a questa indicazione e lo esprime con la sua inimitabile logica: "La nuova razionalità in grado di sollevare le speranze emergenti alla dignità e alla efficacia di un pro-getto storico non potrà insegnarla nessun Aristotele e nessun Bacone. Essa deve formarsi, e di fatto si sta formando, nel cuore stesso di una prassi che obbedisca ad alcuni principi diventati ormai non controvertibili.
Il primo è, come si è detto, la salvezza storica assunta come criterio finalistico di ogni azione, e come criterio di giudizio nel discernere le speranze. Un altro è la ricostruzione di una memoria storica che non sia quella propinataci dalle classi dominanti e dagli apparati ideologici di cui esse si sono servite. Il terzo è l'accettazione di un confronto critico con tutto ciò che si oppone come diverso, si tratti delle culture estranee alla nostra o si tratti dei gruppi etnici e dei ceti sociali rimasti emarginati o soffocati durante la sicurezza imperiale della Ragione che finora ha fatto storia". (Il terzo millennio pag.55).
Forse a molti italiani - perdonate la mia presunzione - queste parole non sembreranno cosi dense di significato come a me che mi sforzo di dirigere la mia attività a questo fine. Aiutare come è possibile quelli che Balducci chiama "gli altri emarginati e soffocati dalla sicurezza imperiale della Ragione" a scoprire la responsabilità di essere gli artefici di quell'alternativa che sola può salvare la nostra storia. Il motivo che mi spinge a camminare è unicamente questo e lo vedo coincidere con il regno di Dio: è questo il motivo di coerenza della mia vita, sotto altri aspetti incoerente, quello che giustifica la mia presenza in America latina dà senso alla nostra amicizia all'aiuto prezioso e importante che mi date con la preghiera, l'affetto e le contribuzioni economiche.
Il pubblico che assiste alle settimane di ritiro o d'Incontro cui sono invitato in Brasile, in Bolivia e in altri paesi dell'America latina, è formato di religiosi, sacerdoti e laici che in Brasile si chiamano agenti di pastorale, impegnati in una pastorale popolare. Non mi chiedono un aiuto per la loro prassi perché potrebbero insegnare a me, ma una spiritualità che li aiuti a portare avanti con fede, con chiarezza, con coraggio, un impegno durissimo perché molte volte incompreso nella stessa area ecclesiale dove si è abituati a fare la carità ai poveri ma non ad accoglierli e rispettarli come soggetti della storia, e perché i risultati immediati non sono certamente capaci di infondere entusiasmo e speranza. Il seminare fra le lacrime è la vera realtà. accompagnare questa sofferenza e nella ricerca di una sofferenza speranza contro ogni speranza, scopro la dimensione evangelica della mia vita. Mi accompagna la certezza assoluta che questo è il solo contributo che la Chiesa può dare e deve dare alla storia e il solo cammino che può liberare il Vangelo dalle oscene alleanze col potere economico e politico che difende la scorza del Vangelo svuotata della sua vera vita.
Il Vangelo separato da una prassi di liberazione popolare fatalmente si trasforma in ideologia dell'oppressione, della alienazione, della violenza.
Il desiderio di Balducci di smascherare la sostanziale insincerità che rende il Vangelo complice del privilegi delle classi dirigenti e è una operazione liberatrice che possono attuare solo i gruppi oppressi.
La mia nostalgia per l'Italia si è trasformata in questi anni, per merito vostro, in una calda affettuosa comunione, perché sento che io non sono per voi solo un ricordo del passato, ma uno che condivide ideali, speranze e una responsabilità storica che aiuta tutti noi a proiettare in uno spazio vastissimo le nostre vicende personali che portano spesso il segno della regressione e della morte. Non lascerò in America latina come i missionari classici né templi né ospedali, né collegi, ma un piccolo contributo alla storia in cui si scopre ogni giorno più drammaticamente la necessità di un salto qualitativo. Per noi cristiani non è strano che ci si attenda questo salto di qualità del mondo povero capace di arte, di poesia - Neruda e Garcia Marquez ne danno prova -, ma ritenuti incapaci di proposte tecniche capaci di risolvere la nostra crisi congiunturale, perché il rinnovamento, la vera novità, ha la sua radice in Nazaret da cui non si attende nulla di nuovo e di buono.
Non vi faccio per 1'83 gli auguri banali di felicità, ma esprimo il desiderio che consolidi in ciascuno di noi la chiarezza e la forza di contribuire alla crescita del regno di Dio.
Vi abbraccio con infinita tenerezza.


Arturo

2° Il mistero

"Dov'è il tuo Dio?" (Sal. 41)

Mistero è parola che non piace a tutti: è giudicato contro la razionalità, la cultura, la scienza e cioè contro l'uomo, se non altro perché indica i limiti o le impossibilità della sua conoscenza. Può apparire come un ridimensionamento dell'orgoglioso sapere tutto, fino alla restrizione, ad un ridottissimo diametro del cerchio, dentro il quale la scienza può non riuscire che ad agitarsi e ribollire allegramente.
A me, povero operaio dello spirito e della materia, questa parola "Mistero" dice, insegna, rivela tantissime cose, inconoscibili, inspiegabili, eppure chiarissime, mi è come una sintesi di tutto ciò che non conosco e che pure mi sembra di conoscere profondamente e cosi tanto da ritrovarmi come quando il sole mi accende di luce e mi colma di calore: non so niente di fisica e di astronomia eppure una conoscenza meravigliosa mi splende nell'anima, mi avvolge, mi penetra e mi dilata nel Mistero. Cosi è tutto nell'esperienza della vita, nel rapporto con le cose, le persone, la vicenda della storia, questo immenso mistero che fascia e raccoglie in sé tutta l'esistenza, da ogni battito di cuore al palpitare delle stelle.
Piaccia o no, sta il fatto, è concretezza indubitabile, che siamo e viviamo immersi nel Mistero. L'inconoscibile se fosse un muro ci sbatteremmo sempre di contro, è ad ogni passo, quando alziamo gli occhi a guardare o quando li teniamo chiusi, strinti, per non voler guardare. Se fosse un mare, un abisso ci precipiteremo continuamente: camminiamo sempre sull'orlo del precipizio e la profondìtà ci richiama e ci risucchia irresistibilmente.
Io ho accettato il Mistero con semplicità e serenità. Esattamente come l'aria che respiro, l'acqua da bere, il pane da mangiare. E cioè accogliendone dolcemente la dipendenza, immensità della sua misura,i1 mio perdermici come in uno spazio senza limiti, orizzonti. Il Mistero non mi è nemico, una realtà al di fuori, un opposto, un contrario e cioè una consistenza a se stante, un vuoto a perdita d'occhio, un buio impenetrabile, un'esistenza non esistente eppure alternativa, in contrapposizione nonostante la sua inafferrabilità.
Non è cosi per me. Alla conflittualità preferisco l'accoglienza, all'irrazionalità l'intelligenza (facoltà assai altra cosa della razionalità) alla scienza la conoscenza e forse al cervello il cuore.
È qui che il Mistero non è "altro" da me anche se è "oltre" e cioè spazio infinito dove tutto e ogni cosa è contenuta, si muove, si completa, perché il Mistero è l'esistenza nella sua totalità, mentre il conosciuto e il conoscibile è una parte e forse estremamente ridotta. Ma non mi offende. Questa riduttività, non mi dispiace prima di tutto perché è perfettamente normale, logica e giusta e poi perché tutto il resto (che è praticamente il tutto) è Mistero cioè modo diverso di rapporto, conoscenza capace di comunicarmi (a me e all'universo) ragion d'essere, il sapere essenziale e pienezza, compiutezza di vita.
Volevo semplicemente dire che il Mistero è per non essere imprigionati, costretti, chiusi, oppressi. Perché anche l'orizzonte, quando cerco lo spazio dove respirare la totalità, mi chiude e mi rinserra, tanto più la ragione; la razionalizzazione. Perfino la rivelazione scritta, dentro le pagine di un libro che racconta, mi soffoca spesso come catena al piede e le ali servono per troppo breve volo. Così la ricerca teologica, questo camminare costretto su strade tracciate e obbligate: anche i dogmi li sento spesso imposizione di razionalismi storicizzati e mi servono non di più che una porta, una finestra che si apre per la libertà della visione, della contemplazione. L'unica respirazione di purissimo ossigeno è la preghiera non legata alla parola, né all'elevazione interiore e nemmeno alle intuizioni della Fede, ma alla perdizione di sé, tutta nello smarrirsi del Mistero, come camminare senza sapere dove, ma semplicemente "verso" orientandosi al richiamo delle stelle avvertite in quel segreto, in quel nascosto del sé stesso e dell'universo, dove unicamente palpita e trepida il Mistero.
Perché Conoscenza e Amore sono possibili soltanto quando Mistero e Mistero s'incontrano e si abbracciano perché è allora, e unicamente, che fiorisce la Verità.
È quando la razionalità, questo orgoglio sciocco dell'uomo, dilata i propri spazi e diminuisce o tenta di diminuire quelli del Mistero riducendolo all'inconoscibile, all'irrazionale e quindi all'assurdità, che fanno tenebre e buio e non rimane che il brancolare a tentoni, aggrappandosi a tutto per evitare l'abisso.
Non è il Mistero che impedisce o restringe la conoscenza, piuttosto è la conoscenza che non accetta e respinge il dilatarsi nel Mistero. Perché spesso gli occhi chiusi vedono assai più di quelli aperti e nel buio può illuminarsi splendore di luce più che all'aurora del mattino.
E qui che spesso amo il non capire, il non sapere e certamente non per predilezione dell'igno-ranza, ma perché spesso perfino l'evidenza mi oscura e mi annebbia l'anima, la chiara visione delle cose e la profondità del loro Mistero. la conoscenza del cuore umano e l'abisso senza fondo del suo Mistero, l'intuizione del filo conduttore della storia e la terribilità sconcertante ed esal tante del suo Mistero.
E poi amo il Mistero perché nel Mistero mi incontro con Dio e con tutto il suo inconoscibile e ineffabile Mistero.
Cosa giova all'uomo, è detto da Chi parlava dalle profondità infinite del Mistero, cosa giova all'uomo guadagnare (il verbo usato è estremamente indicativo) tutto il mondo se poi perde1'anima sua?
E lo sconcertante del nostro tempo è che tutta la nostra cultura attuale è ordinata, finalizzata a conquistare e possedere tutto il mondo con il convincimento che qui in questo possesso universalizzato dall'atomo agli spazi siderali, è anche la salvezza, cioè l'affermazione, la compiutezza dello spirito umano, cioè del suo destino, del suo Mistero.
È la terribile, tragica irrisione che ad ogni giorno che passa si tramuta e forse irreversibilmente, nella prospettiva paurosa di perdere tutto e corpo e anima, esistenza e speranza.
Forse e lo penso e lo credo, nel più nascosto di me, nel cielo interiore, là dove vibrano le certezze più radiose come il brividìo delle stelle nel firmamento, se l'umanità recuperasse e ritrovasse la preziosità essenziale del Mistero e ne vivesse lo spazio e s'inebriasse liberamente della sua pace, la salvezza e la sua gioia sostituirebbe l'incubo dell'incerta sopravvivenza, dell'irrazionalità di una civiltà ammalata cronica di possesso, di potere, di assurdo benessere.
Bisognerebbe, è certo, disfarsi, liberarsi di molte cose, lasciar cadere tutta una cultura, ritrovare la volontà di un ridimensionamento di troppi assoluti e più che tutto purificarsi dalla disumanità di quell'assoluto, irrazionale e pazzesco, del proprio io. A livelli individuali, collettivi, di popoli, di blocchi imperialistici, di razze.
Perché il Mistero insegna e la sua Parola non passerà, non sarà smentita. che è conveniente, opportuno, ragionevole, intelligente, umano... vendere anche tutto quello che si possiede per comprarsi la perla preziosa, il campo dove, scavando, è possibile e unicamente, trovare il tesoro.
Ecco, la perla e il tesoro, sono il Mistero. Perché il Mistero si apre e aprendosi rivela, manifesta, offre Dio. Tutto Il Mistero di Dio e quindi anche la conoscenza di te, di lui, di lei, del mondo, del tempo, dell'universo, della vita e della morte.
Perché sulla porta del Mistero (non è lassù o lontana o chissà dove, ma, qui, davanti a te e aspetta soltanto di spalancarsi) è scritto: "Chiedete e vi sarà dato. Cercate e troverete: Bussate e la porta vi sarà aperta. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperta la porta".

don Sirio

Anno Santo e Penitenza

Un breve accenno sul tema che domina le riflessione della Chiesa universale in questo 1983. Il sacramento della confessione è "in crisi", o meglio è in crisi una pratica collegata all'uso stretto della confessione individuale.
La constatazione è immediata anche nelle nostre chiese: è sufficiente avere in mente le resse al limite della rissa per le confessioni pasquali all'ultim 'ora, di venti o trenta anni fa. Ora spesso compaiono cartelli che disciplinano l'ascolto delle confessioni ad ore e in giorni diversi da quelli delle celebrazioni eucaristiche e le file ai confessionali sono molto più disciplinate e meno affollate. Non so se il nodo centrale della confessione si scioglie ribadendo le necessità degli elementi che compongono il sacramento: accusa dei peccati gravi singolarmente, confessione auricolare individuale, ecc. ecc. Penso proprio che una riflessione condotta in questi anni dovrebbe condurre ad una celebrazione più ricca e articolata del sacramento. Non solo le necessità pastorali (scarsezza del clero, crescita della coscienza dei peccati collettivi... ) a interpellare la coscienza di fede della Chiesa.
Penso che al fondo ci sia da sciogliere il grosso nodo del perdono. Il segno del perdono. È . una parola questa difficilmente ricorrente perché tratta di merce molto rara al tempo di oggi. Provocò attenzione e rispetto, per esempio, il perdono del figlio di Bachelet ucciso dalle B.R. Ma fu un'onda sentimento per qualcosa di eccezionale e quindi difficilmente adattabile a regola di rapporto e di confronto umano e sociale.
Una cultura e una società dove non si perdona e chi resta indietro è perduto. Non sono solo le scorte nucleari a dare preoccupazioni legittime: sono anche le scorie umane, le generazioni distrutte dalla droga, i popoli isolati e dimenticati in braccio ad una fame cronica, gli emarginati sociali, handicappati, giovani, donne che raccolgono le briciole del banchetto imbandito dalle multinazionali.
Sono gli eterni "governati" in mano alla ristretta classe dei "governanti". Scorie umane che si ritrovano all'interno della realtà personale di ciascuno costretto nel ruolo sociale a lottare per sopravvivere nella propria identità e unicità. Un immenso potenziale di energie umane, di vitalità che dovrebbe essere riciclato come segno del perdono di Dio, della sua eterna paternità. Riciclato a vita nuova, donato ancora una volta al mondo per rinascere di nuovo nello Spirito. Credo che la Chiesa universale ha un grosso tema di fronte che la costringe come sempre ad una "conversione" e quindi ad una precisa confessione dei propri peccati e al proposito di non commetterne mai più. Oppure come succede a tanti di noi, cristiani a fatica, confessiamo sempre gli stessi peccati, ormai attaccati al dovere di una sia pur fedele routine?
Il senso del perdono: difficilmente lo viviamo senza proiettarlo istintivamente ai tempi ultimi. Eppure anche questo tempo di oggi ne ha sete inestinguibile. E tutti ne abbiamo un preciso dovere: per noi, gli altri, per il dono della vita che abbiamo ricevuto e che dobbiamo ancora donare a piene mani nella speranza del mondo. Non so se tutto questo potrà essere raccolto e vissuto insistendo solo sull'uso più frequente di quel mobile di legno che la tradizione popolare dice costruito da S. Giuseppe.

Luigi

L'adorabile sogno della pace

Può essere affermazione e convincimento coraggioso pensare che il corpo e più genericamente "il materiale" possa essere e realmente sia, rivelazione, manifestazione di Dio e più ancora 'luogo" della presenza di Dio. Ma forse tutta la difficoltà e più ancora tutta la diffidenza nei confronti di questa Fede, perché di Fede si tratta e non di vago sentimentalismo o di romanticheria più o meno letteraria, è a seguito di una millenaria cultura (da che esiste la storia e più avanti ancora per immaginazione mitologica) responsabile di un'invenzione e quindi di spietate accentuazioni, più o meno disumanizzanti secondo i tempi storici e le relative complessità culturali, di uno scontro fra cielo e terra, fra lo spirituale e materiale, anima e corpo, il bene e il male, Dio e l'idolo...
Una guerra (forse la più crudele e impazzita, anche perché sempre alla radice di ogni guerra e di tutta la conflittualità che imperversa nell'umanità da che mondo è mondo) una guerra implacabile, uno scontro impietoso e assurdo, nel segreto, nell'intimo di ogni persona, nel mistero della vicenda dei popoli, nell'abisso tenebroso e senza fondo delle razze umane e dei razzismi.
E tanto più le religioni in questa guerra senza armistizi (e all'orizzonte non spuntano aurore) hanno avuto un ruolo determinante.
Qui, nei misteri insondabili della religiosità, lo scontro e il combattimento hanno dilagato il mondo e la storia di lacrime e sangue. E quindi misure infinite di angoscia, di sgomento, di disperazione. Di esaltazione, di accensione mistica, di ascetismi spiritualizzanti... e di stragi e stermini, genocidi come missione divina. Liberazioni, purificazioni, trascendenze, angelismi, divinizzazioni, santità... e violenze per convertire alla Fede; difenderla, torture spirituali e fisiche per salvare le anime.
Fede, religiosità, moralità ecc. perennemente intese e vissute come coscienza di questa conflittualità, come necessità, dovere, obbedienza, fedeltà di lotta in questa guerra, in continuità permanente e crescente, da combattersi, giocandovi letteralmente tutto di se stesse e del proprio mondo, pena la sconfitta più disastrosa e cioè la propria perdizione: questo disumano ricatto-incubo, a demolire la libertà, Cioè l'essenzialità dell'essere umano. Ma chi è che non ha conoscenza culturale ed esperienza personale di questa conflittualità nel segreto più nascosto, negli angoli più strettamente personali del se stesso? Ognuno di noi, perché è proprio di ogni essere umano nato dalla storia del mondo, si è trovato diviso, ansioso, perplesso, incerto, traumatizzato, ribelle, ha pensato, ha creduto, si è esaltato e disperato... Esattamente (e non può non continuare il paragone, nonostante l'antipaticità) come chi si ritrovi in un campo di battaglia travolto dal furore dello scontro e non sa più chi sono i suoi o il nemico, da che parte è più giusto stare e più ancora che senso ha quella guerra e perché uno si trovi e continui a combatterla.
Perché poi anche a cercare di tirarsene fuori dalla mischia, gettar via le armi e la divisa e imboscarsi nei propri interessi... rimane e riemerge inevitabilmente il famoso senso di colpa che, lasciato cadere quanto si vuole, finisce per manifestarsi e infestare la vita, in mille modi, per se e nei rapporti intorno a se.
Forse è letteralmente impossibile la pace? Può darsi. Però l'importante è non arrendersi. Cioè bisogna cercare la pace dove la pace è. E cercarla la pace nei modi in cui è possibile trovarla.
Si tratta di pace. Cioè del respirare, del cuore che palpita, del sangue che circola... un valore fondamentale, essenziale, decisivo, vitale. Il valore costitutivo, creativo essere umano, dell'uomo e della donna. E l'essenzialità non è mai impossibile, non è un'assurdità. Non è mai l'essenzialità fruttificazione di contrasto, di lotta, di guerra. Non è valore, preziosità da strappare di mano gli uni gli altri, come l'osso da spolpare fra cani affamati, non è oggetto di conquista per sopraffazione, sfruttamento.
Non è proprietà privata, da recingere di mura o di filo spinato. Perché la pace non è la mela pendente dall'albero carico di bene e di male.
Qualcosa da raccogliersi a volo durante la lotta fra il cielo e la terra, dalle mani del dio o dell'idolo.
Tutto ciò che è o significa opposizione, antitesi, assolutizzazione, imposizione, spodestamento, invasione, violenza ... (ma è possibile una elencazione?) non è e non sarà mai pace.
Perché pace è Libertà.
Perché pace è Semplicità.
Perché pace è Amore.
La cultura che irretisce e imprigiona non è pace. La civiltà fondata e che prospera sullo sfruttamento e la strumentalizzazione non è pace.
E dove non è pace non è Dio.
È davvero inutile "cercare Dio su questo monte o nel tempio" finché monte e tempio saranno lotta e in guerra. Tempo perso consumarsi gli occhi a scrutare i cieli e non sapere ascoltare in pace le armonie della terra. Trascendersi nello spirituale e inorridire per il materiale. Amare l'anima e odiare il corpo, amare il corpo e dimenticarsi dell'anima.
Chi sa perché, per quale meccanismo misterioso la fede religiosa, la Fede, non sia mai stata e non sia, motivo e realtà, indicazione e concretezza di pace. E quindi non conoscenza e non Amore di Dio. Terra promessa se non a seguito di conquista.
Fedeltà ma tutta nel seppellimento della coscienza. Elezione e privilegio. Assoluto e sterminio. Verrebbe da pensare che la cultura ebraica, del popolo eletto, ha fatto di Dio l'assurdità di Dio perché il suo Dio non è Dio di pace.
E pace non permette e non concede.
Gesù ha dichiarata compiuta, conclusa, finita questa cultura, affrontando e sostenendo lui personalmente lo scontro del chiudere la storia del suo popolo. E ha pagato duramente questo destino messianico. La sua croce è la chiave che chiude e che apre. Perché lui è la fine e l'inizio. La fine della "guerra", l'inizio della "pace". La fine del "nemico" l'inizio dell'Amore...
Spesso viene da domandarci cosa sia il cristianesimo. Certo è che cercarne il chiarimento, e la conoscenza nella cultura cristiana (la storicizzazione di Cristo) è come camminare nella nebbia e spesso nel buio più fitto. Perché il Cristianesimo è unicamente Gesù Cristo.
Sta il fatto che dopo Gesù e appena un respiro di tempo di due o tre secoli, nella cultura cristiana, nel cristianesimo del dopo il quarto secolo, ritorna imperante e sopraffacente la cultura ebraica di Dio come lotta armata, scontro, guerre giuste, guerre sante, crociate a non finire (e ancora non siamo al "chi di spada ferisce di spada perisce").
Dio è con noi, era scritto sul cinturone delle SS e Dio stramaledica inglesi, pregavano i fascisti: e nessuno si scandalizzò dell'orrendo sacrilegio del nome di Dio. E ancora, ai nostri giorni, non scuote e agita fino all'angoscia più sconcertante che l'uomo si sia sostituito a Dio nel possesso del mondo fino ad essere il padrone della sua sopravvivenza o della sua distruzione. Lasciando che possa insinuarsi il dubbio che anche Dio sia d'accordo con la disumanità ormai arrivata alle misure estreme. Una cultura religiosa che ha distrutto e distrugge la purissima e dolcissima verità che Dio è buono, Amore. Che la creazione, tutta la creazione dal filo d'erba alle stelle è manifestazione di bontà, è in se stessa totalmente e unicamente buona, Amore, serenità, pace, per sostituirvi un legalismo opprimente, un ritualismo ossessivo, un moralismo proibizionista, un moltiplicarsi del male, del cattivo, dell'orrore, del tabuismo... Una realtà, salita su dagli abissi infernali, a dilagare nella crea-zione rendendola maledetta e maledicente, terra di guerre, luogo di orrori. fiumi e oceani di lacrime e di sangue. E Dio?
Inevitabilmente è nella guerra se tutto è guerra, è angoscia della lotta, nella disperazione della paura; nello sgomento della sconfitta, nell'alleanza per la vittoria, è con me strappandolo a te, è qui e non può essere là, è in questo, assolutamente non in quello, è in me non in te... e verrebbe da pensare che piano, piano si è ritirato nel suo cielo, lasciando che gli uomini si strappino l'uno l'altro la sua ombra e l'ansia struggente dalla nostalgia di lui.
Ma non è così. Certamente. La creazione è la sua creazione e niente e nessuno ne sarà mai il padrone anche e nonostante che non esista un metro quadrato della terra e ormai già anche dello spazio extraterrestre, dove non sia piantato il cartello con su scritto: qui c'è mio. Non è così. Perché Gesù è nella storia "ogni giorno fino alla fine dei tempi". E la sua parola non passa pur passando e svanendo i cieli e la terra. E al di là dei cristianesimi e delle chiese, la sua Persona, pace di Dio e di Uomo, muove e guida la storia sulla sua strada che è di passione, di croce, di risurrezione. Cioè Mistero e realtà di Amore.
Non è facile, forse, credere e tanto più avvertire questa Presenza e consentirvi appassionatamente, lasciandosi coinvolgere e travolgere dal fascino stupendo del suo progetto.
E può essere che la difficoltà a questa Fede e a questo Amore e cioè a questo consenso a Gesù Cristo, sia il fatto che, in fondo, non si crede e non si ama la pace.
La pace, valore antecedente, preminente, assoluto. Da preferirsi e scegliere sempre, con la disponibilità più serena a perdere tutto, a pagare qualsiasi prezzo.
La pace più della carne e del sangue e della salvezza dell'anima.
La pace con il nostro corpo e con il nostro spirito.
La pace con l'uomo e con la donna, la pace dell'uomo e della donna.
La pace perché dentro di se e intorno a se non esiste nemico, né inimicizia. Nemmeno il diavolo è un nemico e converrebbe lasciar in pace anche lui, povero diavolo.
La pace perché è scomparsa dal più profondo del cuore e dell'anima, la paura, l'angoscia, lo sgomento della difesa, la fatica della lotta. Sogno, utopia, follia? Può essere. Ma può anche essere che la pace sia fare spazio alla presenza di Dio. Trasparenza cristallina di aria, di acqua, di luce per la visione di Dio e il riflesso dolcissimo, adorabile della bontà, dell'Amore, nello spirito e nel corpo, nel cielo e sulla terra, nell'uomo e nella donna, nell'individuo e nei popoli, in ogni istante e nella storia.
E se sogno la pace è bellissimo sognare lo stesso sogno di Dio.

don Sirio

Un ragazzo del '99

Poco tempo fa è morto un mio parente e cosi com'era giusto ho partecipato al suo funerale. Un uomo semplice, come tanti; un vecchio contadino, bloccato negli ultimi tempi su una carrozzina, che si è spento come una candela sopraffatto dal vento troppo forte della vecchiaia. Era un "ragazzo del 99" ed aveva quindi compiuto il suo cammino. La sua morte è stata dolce, a confronto di questi nostri tempi amari e insanguinati, questi nostri "anni di piombo" dove la morte spesso è morte violenta, a furore, di pallottole, di droga, di mille forme di disumana crudeltà.
Ho voluto parlare di lui su queste semplici pagine del nostro giornalino non perché la sua storia cosi uguale a quella di milioni di "poveri" avesse la gloria di un altrettanto povero pezzo di carta, ma perché la sua vita mi è parsa colma di profondi significati. Mi verrebbe quasi da dire colma di richiami evangelici.
La vita dei poveri, di quelli che non hanno mai contato niente, che sono stati semplicemente "un uomo" - "una donna", spesso è cosi carica di valori e di provocazioni che è doveroso raccogliere con infinito rispetto e amore. Una vita come la sua (84 anni) è una lunga pagina di storia che racchiude avvenimenti dei quali portiamo ancora i segni, le speranze, le amarezze e i sogni. La sua prima esperienza fuori del piccolo spazio della sua terra, del suo podere di mezzadro di una grande fattoria di una famiglia principesca fu la "grande guerra".
Lui che la guerra non sapeva neppure cos'era (non aveva letto nemmeno il libro di storia) si trovò sbalzato sul fronte del Piave a soli 18 anni. E fece di tutto per venirsene via e ci riuscì col suo istinto contadino che lo richiamava ad un concetto di patria concepita come la casa, il campo, la stalla, gli amici, il paese dov'era nato e cresciuto, dopo quella bufera di cui forse non capì né il significato né la portata se ne tornò a seminare i suoi campi, alle sue vigne, ai suoi olivi, al suo bestiame. E per tutta la vita, senza stancarsi ha continuato a seminare, a mietere, a vendemmiare, a spremere olio, a tirare avanti la sua famiglia.
A lottare anche per una società più giusta, per il 51 per cento ai mezzadri, per una eguaglianza sociale sognata attraverso tutto il periodo fascista, la seconda guerra mondiale, il tempo della ricostruzione e del nascere della repubblica.
La Storia lui l'ha vissuta, subita, fatta giorno dopo giorno nella semplicità della sua vita fra le colline toscane piene di vigne e di oliveti.
E anche la sua Fede, semplice e povera come quella di tanto popolo, se l'è portata nel cuore con quello stile tutto particolare del mondo contadino, con l'arguzia e la semplicità della gente umile che aveva capito tante cose anche della Chiesa, ma che non riusciva ad esprimere con parole che solo gli intellettuali sanno usare a proposito. Ma il Vangelo, la sostanza del Vangelo, l'aveva capito e gli piaceva, anche se rimaneva dubbioso di fronte al grande mistero della morte.
La morte non gli piaceva, gli faceva .paura, l'avrebbe rimandata fino all'ultimo giorno. Amava la vita e la vita era tutto. Da lui, come da tanti altri "senza nome", ho imparato tante cose, fin da quando ero giovane seminarista e credo che tante intuizioni riguardo al Vangelo mi sono arrivate attraverso questo stile autentico di vivere e di lavorare. Penso che sia stato realmente uno che ha "posseduto la terra", perché di certo lui l'ha amata molto di più del principe Corsini di cui era mezzadro, che aveva 40 famiglie di contadini nella sua fattoria, ma per il quale la terra era solo un oggetto, un modo di far soldi, una maniera di continuare ad essere "il padrone". Penso anche che sia stato un "costruttore di pace", per istinto, a fiuto, certamente non per una scelta consapevole: lui che aveva dovuto imparare a dire "signorsì" a soli 18 anni e andarsene sul Piave a difendere i sacri confini della patria.
La patria lui l'ha difesa con l'aratro, con i buoi che curava in modo straordinario, con il grano, il vino e l'olio prodotti ogni anno col sudore della fronte, compiendo la grande obbedienza al primo comandamento della Genesi (lui che non sapeva neppure esistesse un libro chiamato così). E senza saperlo è stato fedele enche all'impegno di rendere migliore la vita, la società più giusta, più fraterna. Perché credeva che bisognava cambiare le cose, che non era giusto che ci fosse un padrone che si prendeva la fatica e il sudore dei contadini semplicemente perché era il padrone.
E ha fatto le sue lotte, le sue scelte politiche semplici ma convinte, anche se questo signi-ficava rischiare con la propria coscienza e la propria fede.
A quest'uomo istintivamente evangelico la sua Chiesa, quella che lui ha conosciuto e con la quale è vissuto fianco a fianco, non ha mai detto che era nel giusto, che la strada da battere era quella del rifiuto della guerra, del possesso della terra, della lotta non violenta ma decisa al sopruso e allo sfruttamento. Cosi ha sempre pensato che fra la sua vita e la sua Chiesa non c'era armonia, anzi c'era del contrasto e della separazione. Per questo credo che avesse capito che c'era qualcosa di bello nella scelta di uno della sua famiglia di essere prete-operaio, che celebrava la messa con le mani callose, che conosceva la fatica del pezzo di pane guadagnato col proprio sudore, che aveva scelto di stare dalla parte di chi è oppresso e sfruttato dai servitori del "dio-quattrino".
Anche se diceva sempre, seguendo il suo istinto arguto e sapiente, che forse sarebbe stato meglio rimanere all'ombra di uno dei tanti dolci campanili delle colline toscane, senza tentare evasioni troppo allo scoperto.
Ho voluto condividere con gli amici questa semplice storia di famiglia, perché per me ha il sapore del pane appena sfamato, di un bicchiere di vino buono, di una sorsata d'acqua fresca. È storia di popolo, affaticato e oppresso da mille padroni (compresa la Chiesa) ma che ha portato avanti la sete di giustizia e di pace. E questo popolo ha il diritto di essere ascoltato.

Beppe

Lettere

Caro don Sirio, ho letto il tuo articolo sulle Feste dell'estate, è tutto vero quello che scrivi. Se non fossimo stati privati di certe conoscenze tradizionali sapremmo che stiamo vivendo nell'età del ferro, il Kali-yuga degli indù, e non ci meraviglieremmo di nulla, ma cercheremmo di trovare un significato spirituale, perlomeno delle inquietudini spirituali, per noi e per gli uomini del nostro tempo.
Non si può viver più di frigoriferi, di politica, di bilanci, di parole incrociate, non c'é che un problema diceva St-Exupery: "ridiscoprire che c'é una vita dello spirito, più alta della vita dell'intelligenza,la sola che soddisfaccia l'uomo; e la vita dello spirito comincia là dove un essere "uno" é concepito al di sopra dei materiali che lo compongono ".
Non ci interesseremmo più dei vari Faraoni che dominano la scena del mondo e ci alluvio-nano di parole vuote. "O uomini, basta con i nomi: lasciate entrare in voi le cose che non hanno nome!" (Cineng-Tse).
Penso che tutto quello che noi, sparuto manipolo di vecchi credenti, abbiamo fatto è stato errato perché non abbiamo avuto la pazienza di disfare la tela fino al primo punto. Eckbart pone come primo passo per la ripresa del tessuto "l'entwerdung" di dis-divenire; io almeno non son riuscito ad uscire dai vecchi fantasmi monastici.
Direi sinceramente che il vecchio non c 'è più, per me i vecchi monasteri non dovrebbero es-ser più. L 'uomo del Kali-yuga, ha bisogno di ri-discoprire la sua reale struttura di uomo, insieme visibile e invisibile, e il suo rapporto di fronte alla fase critica dello stadio evolutivo in cui è l'umanità; inoltre l'urgenza del risveglio individuale sembra richiedere che ognuno riscopra il suo charma, l'opera personale che il divino gli ha affidata, e sperimenti concretamente le difficoltà inerenti alla condizione sociale in cui la Provvidenza l'ha posto.
L'accettazione del proprio compito, l'esperienza della esistenza, sono più efficaci, per l'orientamento e la Trasformazione cosciente dell'individuo, che non la reclusione monastica e l'obbedienza cieca a discipline che essendo, in ultima analisi, protettrici, tolgono molto a quella responsabilità necessaria allo sviluppo personale, a quel pensiero divino che, secondo Ugo da S. Vittore, è nascosto in ogni uomo.
Allora ri-discoprire l'uomo vero, viverlo introducendo il vino nelle idrie piene d'acqua, quindi rompere le idrie: vita viene da Bios, arco teso, perciò vivere coscientemente la tensione che, partendo dalla mano dell'arciere scocca la freccia verso il bersaglio.
Forse l'umanità ha bisogno di uomini veri che vivano la loro tensione verso l'infinito, senza polemiche; con la semplicità del fiore che apre la sua corolla per dar vita al seme che continuerà sulla terra il nome della pianta! Tutto questo ti scrivo per dirti che mi sei sempre presente nel cuore.
P. Giovanni


Carissimo, ti scrivo di quassù, sulla montagna, è una giornata chiarissima di sole, ma c'è anche un vento gelato e ancora qua e là c'é la neve; ho attraversato la grande prateria più In
alto e dov'era il terreno più avvallato c'erano tanti crocus fioriti e tante piccole margherite che si erano aperte al sole con la neve accanto, mi sono messa al riparo vicino alla foresta di pini e abeti.
Di quassù si sente soltanto il canto degli uccelli e il vento... che non sai di dove viene, né dove va... Sono tanto felice ogni volta che ritrovo Assisi! questa terra dolcissima dov'è passato l'Amore e ci ha lasciato il segno da tutte le parti... Non riesco a pregare, ma ho nell'anima una nostalgia profonda di questo Amore come una marea che mi porta via... perché non è possibile che il suo Amore sia di tutti? Perché ci si accorge del sole e del vento e non di Lui? Gesù lo vede benissimo che sono immensamente felice di Lui anche se piango a dirotto per la mia gente di Napoli.
Perché i miei ragazzi che ho visto piccoli e facevano la pancia grossa... per far ridere i soldati americani e avere 10 lire, i più sono in carcere? Perché quelli che ho seguito di più, che ho amato di più e stavo con loro anche di notte sulla strada... perché hanno quasi tutti una pistola e sparano così come se fosse un gioco? Ho davanti agli occhi quelli che si drogano, il menefreghismo di chi gli vende la droga.
Vedo gli occhi pieni di lacrime di... che era andato a rubare delle tele in una chiesa e poi è caduto dall'alto del soffitto e si è spezzato la schiena.
Certo non cl sono le risposte a tutte queste domande e non sto qui a chiedere il perché, forse anche il cuore gonfio di pena può essere una preghiera. Lo so è un gran mistero la vita! dove Amore e dolore si intrecciano, dove la gioia e la pena sono come due braccia che si stringono insieme in un unico abbraccio.
È bellissimo accogliere questo abbraccio nella Fede, è tutto il Mistero di Dio, di Gesù che tocca la nostra vita, la nostra anima. E non sono mai tanto vicina a quelli che amo come quando Lui si fa così vicino a me. Nessuno conosce per quali strade 1'Amore di Dio arriva al cuore degli uomini e io credo con tutto il mio essere che la tenerezza di Dio arriva ad ogni creatura e che Gesù è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto... ci vuole la Fede!
C'è tanta Pace! una Pace che è la Sua Presenza allargata, profonda, dolcissima, non ci sono parole per esprimerti le cose, ma tu lo sai com'è Lui, quando ci si mette... è meraviglioso! Gli chiedo perdono perché ho così poca fede! Così poco amore! Sembra una goccia d'acqua in un deserto, eppure Lui non si stanca e mi colma al di là di tutto, sono dolcemente e immensamente felice di Lui, colmata di Tenerezza e di Pace, di una serenità trasparente e inesprimibile. Queste ore mi volano come il vento! C'è una luce meravigliosa in questo tramonto e una grande lode a Dio da tutte le sue creature. Il mondo tutto disteso a perdita d'occhio... è quasi finita questa giornata, così intensa, così bella!
e anche così sofferta!!!

Obiezione fiscale

Un imprenditore? un commerciante?
Libero professionista? Artigiano
del lavoro fatto con le mani?
Un contadino a fruttificare dalla terra
il cibo quotidiano da trovare nel piatto?
Un operaio logorato dalla catene di montaggio?

Chiunque io sia, sono uno che paga le tasse.
Cittadino italiano che si guadagna il pane
e paga onestamente le tasse
a sostenere l'economia nazionale
i pubblici poteri e anche i sotto poteri
la burocrazia e gli ingranaggi dello stato,
magistratura carabinieri polizia
scuole ospedali, reti stradali
cultura, partiti, sindacati...

Ma l'esercito, no, e le gerarchie militari
le caserme, le parate e le medaglie dei generali
i caccia e i bombardieri a sfrecciare nei cieli
la flotta armata a incrociare sui mari
l'insidia dei sommergibili nel fondo degli abissi
e proiettili di ogni calibro innumerevoli
bombe siluri missili telecomandati...

Non intendo pagare l'assassinio
anche se giudicato gloria di patria

La mia fatica è per il pane dei miei figli
per il benessere collettivo il mio lavoro

I miei contributi sono per la patria
abitata da uomini, donne, bambini
non per la patria dei generali,
rattristata dai monumenti ai caduti
segno di vittime innocenti assassinate
a migliaia e centinaia di migliaia

e saranno milioni e milioni
se la mano del delitto nucleare
non sarà disarmata nel mondo.

Non pago le tasse per sostenere la Nato
per dare pezzi della nostra terra preziosa
a far diventare l'Italia campo di battaglia

Il cinque virgola cinque
percentuale maledetta a perpetuare la guerra
non pagherò al ministero della difesa
Non un'arma di più agli arsenali di morte
ma covoni di grano dorato nei granai.
Non è questo il programma di pace
mio caro Presidente Pertini?
dal teatro "Le ombre di Hiroshima"

Obiezione di coscienza e la fabbricazione di armi

Chi non conosce Maurizio Saggioro? Ci siamo incontrati la prima volta, in piena notte, alla stazione di Milano, quasi alla maniera dei cospiratori. Lei è don Sirio? Si, sono proprio lui. Devo assolutamente parlarle... e io quasi, quasi mi guardavo d'intorno piuttosto preoccupato.
Poi ci siamo incontrati in casa di amici e ho conosciuto il ragazzo (sposato e una bambina, adesso sono due) più sereno e tranquillo del mondo. Tenace però e durissimo nell'affermare le sue convinzioni e nel tirare avanti le sue scelte. Mi raccontava della sua obiezione di coscienza. Impossibile continuare al banco di lavoro nella sua fabbrica con quel maledetti stampi che sapeva destinati a produrre elementi per mine militari. Come se le mani si rifiutassero e più il cuore non poteva rassegnarsi a questo diventare anello della disumana catena che stringe l'umanità nella morsa di morte della guerra. E guerra ormai vuoi dire annientamento, distruzione dell'umanità intera. Un incubo che non può non pesare come tremenda responsabilità, in ogni essere umano, ma più che tutti chi è travolto nell'ingranaggio della maledizione perché è dalle sue mani di operaio e di tecnico che vengono prodotti gli ordigni (e stanno sempre più dilagando nel mondo) di ogni genere e specie che in terra, in cielo, in mare, significano e sono soltanto strage, distruzione, annientamento, disumanità.
Non era possibile continuare con questo equivoco, la sua coscienza si ribellava. Anche e forse tanto più perché quel lavoro di morte era il prezzo che costava il pane per sé e la sua famiglia.
Ma l'azienda non accetta e non tollera crisi di coscienza. La ragione economica è valore assoluto. Il capitale è senza cuore e tanto più senza coscienza. Non per nulla la produzione e il commercio di armi (si vendono disinvoltamente armi all'Iran e all'Irak che stanno macellandosi, ai governi dittatoriali dell'America Latina, dell'Africa) sono ormai realtà indispensabili e insostituibili, nell'economia mondiale.
Comprensioni, appoggi, sostegni per questo ragazzo, la cui coscienza si rifiuta di lavorare per la guerra e che ha però il coraggio di affrontare la disoccupazione, un'opinione pubblica non esistente e forse non sensibile nei confronti di questo problema, uno scontro frontale in sede di Magistratura contro la dirigenza di una fabbrica metalmeccanica.
Ha cercato di sensibilizzare il sindacato ma la F.L.M. partecipa piuttosto stancamente. Ha tentato di provare presso realtà ecclesiali, ma le porte si sono chiuse e forse il cuore, certamente la comprensione di una povertà (è dei poveri il regno dei cieli, no?) sola, che non conta niente e non può niente, eppure porta in sé il sogno di Dio: le spade che si tramutano in falci, le lance in aratri.
Soltanto chi ne ha esperienza sa bene cosa vuol dire di esaltazione e di angoscia, portare nell'anima, appassionato e irresistibile, un messaggio e non sapere, non riuscire a trovare i modi per annunciarlo: un messaggio che può trasformare il mondo dalla guerra alla pace, e ritrovarsi profeta senza parole, respinto, rifiutato, come povero pazzo ormai stranito di assurdità.
Unicamente i movimenti per la pace, i convegni, i congressi, gli incontri per la pace,dove è il povero popolo del giovani sognanti la pace, si raduna a tentare di smuovere la montagna dell'opinione pubblica, della coscienza popolare, l'hanno accolto, ascoltato in quel suo parlare parole semplici e convinte, come chi parla con la coscienza sulla bocca e ogni parola è pagata per un convincimento assoluto e a qualsiasi prezzo.
E poi il ricorso in tribunale a Milano contro il licenziamento intimato dalla fabbrica Metalli Pressati, dopo che Maurizio si era rifiutato di produrre materiale bellico.
In prima istanza e in appello il tribunale ha accettato la tesi della dirigenza della fabbrica che sosteneva che la produzione in questione non era di materiale per uso bellico.
Il tribunale quindi ha respinto il ricorso di Maurizio. .
Ma l'altra sera Maurizio mi telefona esultante: ha perduto la causa, la sua causa, quella che lo riguardava personalmente, ma ha vinto però l'obiezione di coscienza. E mi spedisce tutto il documento ,della sentenza di appello. Leggendolo non è che riesco a capire molto in quel linguaggio in cui la Repubblica Italiana, in nome del popolo italiano, tratta e risolve il contenzioso in sede di Magistratura. È chiarissima però l'affermazione della Magistratura che riconosce "II diritto di rifiutare lo svolgimento di una prestazione lavorativa ritenuta in contrasto con la propria ideologia fondamentale: ciò è senza dubbio valido ove si ponga in insanabile e radicale contrasto tra l'ideologia del dipendente e il tipo di produzione aziendale".
Sarebbe estremamente interessante pubblicare tutto il testo della sentenza che ha "una precisa valutazione dell'obiezione, dato che il Collegio giudicante ritiene che essa possa assumere rilievo e diventare oggetto di considerazione giuridica". È la prima volta che in sede di Magistratura si pone con chiarezza questo problema che non è soltanto, viene dichiarato, problema riguardante la coscienza illuminata dalla fede cattolica, perché è di tutta evidenza che tale forma di obiezione può far parte del patrimonio ideologico-morale più intimo e sentito del cittadino lavoratore e costituire un dettato imperativo per un ateo come per un appartenente al più diverso credo religioso.
Tale obiezione, dunque, può avere una portata generale ed attenere a valori fondamentali. Su un piano giuridico allora, può trovare applicazione la norma di cui all'art.41 comma 2°Cos. ove è stabilito che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recar danno alla dignità umana... ".
Se fosse possibile un cordiale abbraccio ai tre magistrati del collegio del Tribunale di Milano che hanno espresso cosi chiaramente il diritto al primato della coscienza, sarebbe davvero doveroso. E anche ai tuoi avvocati, caro Maurizio, un caloroso ringraziamento per averti incoraggiato, sostenuto, difeso. Perché la causa è stata vinta dal valore essenziale alla dignità umana che è la coscienza tanto più quando la coscienza reclama, esige, pretende che sia ascoltata e obbedita la sua ansia di pace, la respinta, assoluta, totale, sempre e comunque, della guerra e di tutto ciò che guerra significa e alla guerra conduce. Perché, caro Maurizio, è davvero venuto il tempo di dare inizio alle battaglie per la pace se vogliamo sinceramente che non si combattano più le battaglie di guerra.
La tua "sentenza" certamente farà testo e costituirà un richiamo importante per altri dibattimenti (ce ne sarà prossimamente uno a Genova: un ingegnere si è rifiutato di lavorare per la costruzione di centrali nucleari e l'Ansaldo l'ha licenziato), ma Dio voglia che il tuo esempio sia seguito dagli 80.000 e più che lavorano a fabbricare armi In Italia: questo "pane amaro" pagato dal sangue e dalla fame del Terzo mondo e dall'insaziabilità degli imperialismi che imperversano il mondo.
Sirio


Chi desiderasse mettersi in relazione con Maurizio Saggioro ecco il suo indirizzo:
Via G. Pasta, 11 - 20161 MILANO tel. 6460484

Autodenuncia del ciabattino di Saluzzo

Lettera aperta al Pretore, all'Ispettorato del lavoro, all'Associazione Artigiani, al Presidente Pertini, ai gruppi parlamentari, ai Sindacati, agli organi di informazione.
Nell'Aprile 1981 dichiarai pubblicamente di insegnare il mio mestiere di ciabattino ad un apprendista senza però metterlo a "posto con i libretti" in quanto mi era economicamente impossibile. Mi autodenunciai, cioè, per attirare l'attenzione su di una legge che non permetteva, in sostanza, che i mestieri artigianali venissero insegnati ai giovani.
Tralascio, per il momento, le discussioni e le polemiche, le proposte che furono provocate da quel mio gesto e vado avanti con il racconto dei fatti. Venne, nel maggio 1981, l'ispettore del lavoro che mi notificò la contravvenzione che io dissi subìto che non avrei pagato.
Mi annunciò che sarei stato convocato in pretura e poi processato.
Nell'Aprile 1982, un anno dopo, Claudio (l'apprendista) concluse il suo apprendistato e lasciò la bottega. Intanto io, pur non avendo pagato nessuna multa, non ero ancora stato convocato in tribunale.
Finito l'apprendistato di Claudio iniziò subito Guido, un altro apprendista, a venire in bottega a imparare. Non mi riautodenunciai subito perché stavo ancora aspettando il processo per la prima autodenuncia.
E arriviamo così al dicembre 1982. Sono ormai passati 20 mesi dalla notificazione della prima contravvenzione e ancora nessuna convocazione in tribunale. Intanto sono ormai 9 mesi che Guido viene in bottega ad imparare il mestiere e nessuno si preoccupa di denunciare il fatto. Anche i Sindacati, che durante il loro intervento nel periodo successivo all'autodenuncia dichiararono che il loro solo compito era quello di denunciare simili situazioni di illegalità all'ispettorato del lavoro non si preoccuparono minimamente di effettuare in pratica, e non soltanto a parole, questa comunicazione pur essendo molto bene a conoscenza della nostra "irregolare posizione" (la sede della CISL è proprio vicino alla mia bottega).
E così è toccato a noi ripartire per richiamare l'attenzione su di un problema (l'apprendistato artigianale) di cui molti parlano ma pochi affrontano realmente.
Quindi, nel mese di dicembre, Guido si reca all'ufficio di collocamento e rilascia uno scritto (concordato con me) nel quale dichiara di esercitare il lavoro nero.
Alcuni giorni dopo, il 21 Dicembre, arriva (puntualissimo come sempre a fare rispettare la legge quando i diretti interessati si autodenunciano) un appuntato carabiniere al servizio dell'Ispettorato del lavoro.
Innanzitutto ci da una notizia che non può fare a meno di stupirci e cioè che, per quanto riguarda la prima autodenuncia, il procedimento è stato sospeso in quanto ho "beneficiato" dell'amnistia generale data nel mese di Agosto a tutti i detenuti. Poi l'appuntato rifà il verbale elencandovi le leggi alle quali trasgredisco insegnando il mestiere a Guido. Il 6 Gennaio mi è arrivata la notificazione degli atti giudiziari con relativo verbale di ispezione, tra l'altro falso in alcune parti e non contenente le mie dichiarazioni e motivazioni. A questo punto, essendo numerose le infrazioni che ho commesso, sarà il pretore a decidere l'entità della contravvenzione che, lo dico fin da ora, non ho nessuna intenzione di pagare.
Rivolgo nuovamente a tutti la domanda che già avevo rivolto, senza ottenere risposta, oltre un anno fa all'ispettore del lavoro, al presidente Pertini, ai gruppi parlamentari e cioè: - come può un giovane imparare il mestiere di calzolaio quando non esiste un calzolaio in grado di potere legalizzare un'assunzione? (infatti l'insegnamento comporta alti costi e perdita di tempo e quindi rallentamento della produzione per un certo periodo). Il fatto che costoro si siano trovati impossibilitati a rispondere significa che l'attuale legge vigente è da cambiare. L'idea di essere un fuorilegge, di essere condannato da un tribunale perché insegno a un mio amico un mestiere che gli permetterà di guadagnarsi di che vivere non mi diverte affatto. Potrei starmene zitto, non insegnare il mestiere a nessuno, guadagnerei di più di quel poco che guadagno e non avrei tante grane. Ma credo sia giusta e onesta la mia posizione e spero che il mio gesto sia di stimolo per sbloccare una situazione assurda che non permette il rifiorire dei mestieri artigianali.
In una situazione di sempre maggior crisi dell'industria, di disoccupazione in spaventoso aumento, penso che l'artigianato possa sempre più fornire notevoli sbocchi occupazionali.
Io sono contrario in modo assoluto al lavoro nero, ma ho dovuto esercitarlo a lungo per imparare il mestiere e sono costretto dalla attuale legge ad insegnarlo allo stesso modo. Ho voluto denunciare la mia situazione perché detesto sia la disoccupazione che il lavoro nero.
Tengo nuovamente a precisare che non sfrutto nessuno (Guido prende parte agli incassi della bottega); il mio intento è solo quello di insegnare un mestiere fra tanti che si vanno estinguendo e che necessitano, per essere legalmente insegnati, di una opportuna regolamentazione.
13 Gennaio 1983 Osvaldo Fresia
Via Piave 13 - Saluzzo



Tre libri

Ida Magli- Gesù di Nazareth Tabu e trasgressione - Rizzoli
Ho letto questo libro in un momento particolare di silenzio e di ricerca interiore. Mi ha sconvolto, come prima impressione, poi profondamente affascinato. Sono tanto grato all'autrice per la sua serena disinvoltura nell'interpretazione dei testi della storia di Gesù raccontata dal Vangelo: spesso impedisce la conoscenza di lui e specialmente dell'universo interiore di Gesù, un'esegesi devozionale, timorosa, apologetica a tutti i costi. L'Amore ha bisogno della Verità e la Conoscenza della Libertà.
È così vero tutto questo che di tra le pagine della ricerca scientifica, rigorosa e puntigliosa, mi sembra trasparire una profonda ammirazione per Gesù di Nazareth e è la mia impressione, Amore. Ecco le ultime righe che chiudono il libro e aprono al mistero di Gesù.
"L'unica cosa certa è che, contrariamente a quello che tutti gli uomini fanno, Gesù non ha vissuto in modo inconsapevole e ovvio i valori su cui si fondava la sua cultura, ma ne ha preso le radici, profondamente nascoste, e le ha capovolte al sole e all'aria, dichiarando che esse sono ormai inutili.
Tutti sono stati contro di lui". (pag.173)


Luisito Bianchi - Gratuità. Tra cronaca e storia - Morcelliana
È da molti anni che non ci incontriamo, dopo l'esperienza di vita operaia. Non ho più saputo nulla di lui e mi arriva questo libro a raccontarmi tante cose, quelle che normalmente non si raccontano se non attraverso segni, simboli, parabole, immagini... Perché la fantasia è più anima della stessa anima, è come il suo respiro o i suoi occhi per la visione. E il racconto è la storia di una comunità monastica, contemplativa (la presentazione è del Padre Benedetto Calati, priore dei Camaldolesi) che dalla terribilità della storia negli anni della violenza assassina fascista, cerca e trova la conoscenza del mistero della vicenda umana, fino a scoprire la gratuità: tutto è donato perché si compia la gratuità totale.
I suoi monaci sono uomini di tutto il dramma umano ma dolcemente e fortemente rapiti dal Mistero...
Anch'io ho scritto una storia di monaci, di un monastero contemplativo e presto sarà pubblicato il libro: mi ha dolcemente impressionato che due preti operai (o almeno con esperienza operaia) abbiano pensato di raccontare del loro lavoro e di quello dei fratelli operai, insieme e dentro la vita contemplativa, di preghiera e di solitudine, di un monastero.


Francesco Capriglione - Il pre/testo Biblico - Lunte Verlag-Innsbruck
Uno studio complesso, articolato, fortemente costruito anche se forse per culturizzati in esegesi biblica. L'assunto è dichiaratamente polemico, volutamente "dissacratorio perché si propone di evidenziare la relatività dei cosiddetti assoluti, analizzando i modi di produzione, di riproduzione e di conservazione della loro pretesa assolutezza": sono le prime righe dell'introduzione.
Mi piace assai questa fatica di "smascheramento degli assoluti". È lavorare per la liberazione, la semplificazione, la normalizzazione.
E ognuno sa, se ha il fiuto appena alleprato per un'analisi attenta della cultura di sempre ma specialmente di questo nostro tempo, quanto sia preziosa questa fatica e insostituibile, appena che si desideri e si sogni un'umanità diversa.
Il testo scelto per questo studio di smascheramento è il Vangelo di Marco, oggi quasi generalmente considerato come il più antico dei quattro evangeli.
E anche qui lo studio critico è condotto con puntigliosità di ricerca, ma anche con intuizioni e precisazioni di profonda valorizzazione e ammirazione.
Forse per aiutare, soccorrere la Fede nel clima di crisi di religiosità del nostro tempo, occorre e fa bene una spietata ricerca e un linguaggio allo scoperto. Anche perché la Fede non è né vuole essere "un assoluto". '
Chi desiderasse il libro rivolgersi all'autore: Via Monfalcone, 27 - 71016 San Severo (FG)


Immoralità di stato: centrali nucleari

Il fatto non può essere passato sotto silenzio: si tratta di un avvenimento gravissimo, probabilmente anticostituzionale, sicuramente immorale.
La legge denominata "Norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regio-ni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi" ha lo scopo dichiarato di superare le obiezioni e le resistenze degli enti locali ad accettare l'installazione delle centrali nucleari e a carbone. Il metodo che viene usato a questo scopo rivolta completamente tutti i principi fino ad oggi ritenuti comunque ineludibili.
Entriamo nel merito: la legge sostanzialmente obbliga l'Enel a corrispondere una enorme massa di denaro a quegli enti locali, sui cui territori sorgeranno gli impianti elettrici. Più l'impianto è grande e pericoloso, più quattrini vengono erogati. La quantità varia anche in ragione del combustibile usato: il contributo massimo spetta al nucleare, il minore all'olio combustibile, l'intermedio al carbone. Non solo ma il meccanismo della legge è incentivante: ad una quota fissa (corrisposta per l'installazione in ragione proporzionalmente diretta alla grandezza dell'impianto) si aggiunge un corrispettivo annuo proporzionale alla quantità di energia prodotta. Col che va a farsi benedire non solo la necessità di farla finita con i megaimpianti, ma si determinano le condizioni perché sì allentino i controlli sulla sicurezza: ogni giorno di arresto dell'impianto si traduce, infatti, in una perdita secca di denaro da parte del Comune, a cui teoricamente spetterebbero poteri di controllo. E poi perché il nucleare deve essere remunerato più del carbone? Non si era detto forse essere l'uranio il combustibile di gran lunga meno inquinante?
Ma la verità l'hanno spiegata Corbellini e il ministro dell'industria, che hanno tranquillamente ammesso di avere finalmente fra le mani l'argomento solido e capace di battere i movimenti ecologisti: fallita la strategia dell'informazione si passa a quella della corruzione.
Il fatto probabilmente più grave la legge lo esplicita nell'u1timo capoverso, introdotto surrettiziamente e per altro assolutamente estraneo al titolo della legge. In esso vengono, con poche righe, eliminate le possibilità di determinazione e di scelta dei Comuni sui siti. Superata, infatti, la fase consultiva se non si troveranno d'accordo nell'accettare democraticamente la centrale, sarà il Cipe a decidere e quindi ad imporre il sito.
Affonda cosi anche l'ultimo brandello di possibilità di scelta da parte della popolazione.
La legge ha avuto alla Camera il voto favorevole del partito comunista. Anche questo fatto non ha alcuna giustificazione. Esso cozza infatti contro alcuni dei principi "storici" del Pci in questa materia seppur all'interno della scelta filonucleare. Primo fra tutti il rifiuto alla monetizzazione del rischio e la difesa della possibilità di scelta da parte degli enti locali. Anzi nel 1975 il Pci aveva aspramente criticato la precedente procedura di localizzazione, che nella formula del "mutuo consenso" fra potere centrale ed ente locale, appariva già fortemente lesiva delle autonomie territoriali. Il cambiamento di rotta è quindi totale. A chi giova tutto ciò? Non certo alla sinistra che si consegna mani e piedi al ministro dell'industria e all'Enel, e che contraddice a Roma ciò che afferma ad Avetrana. Salvo poi proclamare la necessità dell'alleanza con i "nuovi soggetti".
dal "Manifesto"


menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -