L’accordo sugli assegni familiari

Dopo lunghe trattative condotte al cosiddetto «alto livello» (Governo, Industriali e Sindacato) l'accordo sugli assegni familiari e pensioni, è stato raggiunto e sollecitamente approvato dal Consiglio dei Ministri.
E' un accordo che ha lasciato in noi operai perplessità, preoccupazione e sopratutto la convinzione di essere stati ancora una volta i soli sacrificati nel. la attuale difficile e grave situazione economica.
La legge, nel suo contesto e sotto tutti gli aspetti, è criticabile. Dovrei dire «-vergognosa», perchè questo è il giudizio degli operai che ne sono parte in causa.
La somma a disposizione esisteva e pertanto doveva essere impiegata all'unico scopo a cui era destinata.
E' umano dubitare, per noi operai e per i pensionati, della giustezza di detto accordo; accordo che ha trovato alla sua conclusione, la partecipazione dei sindacati (e qui sta il dilemma: o il ricatto dell'occupazione imposto ai Sindacati, oppure la situazione è talmente grave per cui i nostri rappre-sentanti hanno ritenuto di accettare l'accordo ovvero, cosa che appare terribile anche supporla, i dirigenti sindacali sono degli incompetenti).
Sono parole dure e gravi supposizioni, ma prendiamo il problema così come si presenta ponendo, come esempio, un operaio con tre o quattro figli a carico. La cifra che può percepire oscilla su una media mensile di L. 70.000 con la maggiorazione de. gli assegni (e questo a orario non ridotto). Da tale cifra deve togliere l'affitto, il vestire, le scarpe, la scuola, le imposte, ecc. che rappresentano spese in costante aumento, e quel che rimane non lo mette certamente in condizioni di farlo sentire colpevole di eccessivi consumi, in modo particolare per il settore carni.
Per lui è forse indifferente anche il ritorno al «tesseramento» dei generi di consumo come durante il periodo bellico: ma di fronte a certe situazioni gravi, i sacrifici per affrontarle dovrebbero essere sopportati da tutte le categorie e, secondo la mia idea, incidere in modo più diretto su coloro che hanno degli stipendi molto alti e ciò per dare un esempio a noi ed operare con giustizia.
Esaminiamo inoltre il caso di un pensionato il quale, generalmente è sempre un uomo di oltre 60 o 65 anni e spiegategli i motivi per cui dovrà campare ancora un anno per vedere la tanto decantata riforma. Se risponderà con tante parolacce compatitelo e perdonatelo: appartiene ad una categoria ignorante e umile (come lo saremo noi operai e contadini se ci arriveremo).
Se poi ingrana e comincia a parlare di altre categorie di pensionati che prendono il doppio o il triplo di quanto prende lui (e forse hanno lavorato anche meno) non ditegli le solite ragioni sul come e perchè la nostra società considera i meriti e valuta i suoi componenti poiché sono certo che non lo potrà comprendere (e in questo caso- non per mancanza di istruzione).
Se dicesse che quest'altra volta il voto non lo darà a nessuno, in quanto è stufo di essere abbin-dolato, lasciatelo dire...
E questo vale anche per i giovani e meno giovani che parlano, specie in questi ultimi mesi, di teorie rivoluzionarie, spesso dimenticando i benefici che hanno goduto nel periodo del recente boom economico.
A me, però, sembra che la cosa più grave sia la perdita d'orgoglio e del proprio pudore che si verifica tra gli operai fino a vergognarsi di essere dei lavoratori.




L. P.


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 6 Viareggio - Giugno 1964, Giugno 1964

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