Agli aristocratici romani (e quindi secondo noi)

ai commendatori, grandi ufficiali, ai cavalieri, ai ricchi, ai potenti ecc.

«Ma, dicevamo, la storia cammina. Il Papa, se pur trova nella sovranità sullo stato della Città del Vaticano lo scudo e il segno della sua indipendenza da ogni autorità di questo mondo, non può e non deve ormai più che esercitare le potestà delle sue chiavi spirituali. Davanti a voi, quali eredi e rappresentanti delle antiche famiglie e categorie dirigenti della Roma papale e del. lo Stato pontificio, noi siamo ora a mani vuote; né siamo più in grado di conferire a voi uffici, benefici, privilegi, vantaggi derivanti dall'ordinamento di uno stato temporale, né siamo più in grado di accogliere i vostri servigi inerenti ad una amministrazione civile. CI SENTIAMO UMANAMENTE POVERI DINNANZI A VOI; nonostante la nostra riconoscenza per la vostra tradizionale fedeltà e per le vostre volenterose prestazioni, e nonostante la stima e l'affezione, che sempre nutriamo per voi, non possiamo più profittare, come un tempo, della vostra profana collaborazione. Diciamo questo con qualche esitazione; ecco, con qualche disagio interiore, temendo di non essere, o di non apparire abbastanza devoti alla tradizione e abbastanza riconoscenti verso le vostre benemerenze. Ma così veramente non è».
«Oggi il Papato, tutto assorbito nelle sue funzioni spirituali, si è prefissa un'attività apostolica, che possiamo dire più ampia e nuova rispetto a quella di un tempo. La sua missione religiosa prende forme e proporzioni, che non possono non modificare quelle sue strutture pratiche che i bisogni di altri tempi avevano suggerito essere opportune e necessarie. Il dovere, che incombe alla Santa Sede di attendere al governo della Chiesa universale e di venire a colloquio apostolico con il mondo moderno, oggi agitato da rapide e profonde trasformazioni, la obbliga ad una visione realistica delle cose, che le impone, anche dolorosamente talvolta, di sceverare e di preferire nel suo retaggio di istituzioni, e di consuetudini ciò che è essenziale e vitale, non già per dimenticare, ma per rinvigorire i suoi veri impegni tradizionali».


Paolo VI


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N° 2 Viareggio - Febbraio 1964, Febbraio 1964

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