Il crumiraggio

Lettera aperta

immagine:  Il crumiraggio Caro amico crumiro,
Sì, sì, è vero, libertà di sciopero, ma anche libertà di lavoro. E vi è tanto di legge ad affermare questa libertà, vi sono le camionette della polizia a custodirla, vi sono i fuori busta a favorirla, vi sono le minacce ad aiutarla e molte altre cose, fra le quali un voler pensare egoisticamente soltanto a se stessi, infischiandosi degli altri: il tutto è per mantenere questa libertà di lavoro, in caso di sciopero, che molto spesso vuol dire soltanto e semplicemente libertà per l'egoismo.
E' verissimo che spesso è successo, e può ancora succedere, che lo sciopero sia a carattere più o meno politico, che i motivi siano poco chiari, fino al punto che spesso lo sciopero sembra doversi confondere con interessi di partito, con programmi classisti, ecc.
Sappiamo bene che gli operai spesso sono soltanto un pretesto o un mezzo, crediamo perfino che nessuno, o quasi, li ama fino a cercare soltanto il loro vero bene, ma sono invece sempre destinati a servire gli interessi degli altri... pure, nonostante tutte queste e altre ragioni ancora {tutte quelle che vuoi) il crumiraggio non può non essere condannato e respinto su un piano di valutazione umana e sociale per il semplice fatto che deve essere giudicato non una forma di libertà, ma, nel suo insieme e per la molteplicità del problema operaio, una affermazione individualistica ed egoistica. E l'interesse individualistico in una problematica sociale, collettiva, è sempre egoismo quando l'affermazione di questo interesse ritorna a vantaggio esclusivamente personale e materiale.
Ma non è il caso di fare disquisizioni. Sta il fatto, caro amico, che nessuno vuole diminuire la tua personale indipendenza, rimane però lampante (e vi dovresti riflettere coscienziosamente) che se tutti gli operai, i lavoratori, gli impiegati di aziende private o enti pubblici, avevano fatto come te, lavoravi ancora sedici ore al giorno, mangiavi pane e cipolle, vivevi nelle capanne, eri alla mercé del padrone come un mulo, carne da lavoro, legato ad una catena di schiavitù con tutta la tua famiglia ecc. ecc.
Caro amico, in questi ultimi cent'anni ce n'è stata di gente che ha sofferto perché chi veniva dopo vivesse un po' meglio. E tanta lotta e tanta sofferenza e tanto sangue, disgraziatamente, e stato necessario per un avviarsi ad una liberazione del lavoro da leggi ingiuste, da sfruttamenti incontrollati, da modi di lavoro inumani, da schiavitù spaventose.
Vedi caro lavoratore, quando in questi nostri tempi, al punto in cui siamo, tu rivendichi la libertà di lavoro, intendendola come libertà di poter andare a fare i tuoi interessi, di metterti dalla parte del padrone, di tentare di rendere inutile un sacrificio di gente che campa sul lavoro come te, di avere aumenti di salario con la pelle degli altri, dì ottenere privilegi col sacrificio altrui ecc., non parlare di libertà di lavoro, ma soltanto della libertà di essere un egoista e uno sfruttatore del tuo prossimo, e del tuo prossimo quando questo soffre e affronta sacrifici e pericoli per il bene suo e di tutti i suoi fratelli.
Non sono un rivoluzionario a pensare così e non favorisco la violenza, ne la giustifico: sono semplicemente un cristiano che ha imparato da Gesù Cristo il dovere di scoprire la sofferenza degli altri e parteciparla e condividerla, in modo da sollevarla e confortarla, non a renderla più pesante e forse tragica per loro e vantaggiosa per me, sfruttandola per i miei interessi materiali.
E' facile dire: faccio così perchè io non sono comunista. E sarà anche così: questo non mi riguarda. Ma stai attento di non dire con la stessa facilità: faccio così perchè io sono un cristiano. No, amico, il crumiro non può essere cristiano: neanche per ombra. Te lo dice, e con tanta affettuosa sicurezza, e nella più assoluta assenza da spirito, di polemica, di recriminazione e di insensibilità preconcetta, il tuo


d. S.


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 1 Viareggio - Gennaio 1964, Gennaio 1964

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