Parliamo anche di Dio

Credo che se non si fa una presentazione, si rischia di non intenderci e di non esser capiti fino dal primo rigo. Perché dovrei trattare su questo foglio operaio di Dio e di tutte le cose che a Dio si riferiscono.
Questo discorso dovrebbe risultare proprio fatto fra noi, senza che sia caduto dall'alto, senza la pretesa di imporre o di dettare nulla. Lo si fa per parlare «insieme» di un argomento in cui tutti s'ha da imparare, e si impara proprio parlandone, con la voglia di pensarci ancora, non credendo di aver già risolto tutto quanto su Dio
So bene che l'operaio sa ragionare: avrà magari un suo modo di veder le cose ed un suo linguaggio, ma non è meno degli altri, anche di quelli che han studiato di più, nella riflessione. Ho presente nel mio animo quanto ho imparato stando con la gente, ascoltando gli operai: direi che ho imparato più che sui libri. O per lo meno son loro, gli operai, che mi hanno evitato il danno di fare coi libri una ricerca troppo difficile e astratta, cioé un po' campata in aria.
Non vengo perciò a fare il maestro; né penso di avere ragioni da vendere o spiegazioni da dare, così alla meglio, come si fa con chi sa poco.
Neanche penso che abbia torto chi non crede in Dio. Perché il torto non è una definizione, una cosa astratta, ma è il volto ed il cuore d'un uomo. E allora come fo io a misurare un torto diventato per me così fratello, così persona tal dei tali? Che ne so di quello che passa nell'animo d'un uomo? E che condanna potrei dare, disarmato come sono, anche di fronte ai pareri che non sono i miei?
Sì, rispetto senz'altro chi non crede in Dio, perchè rispetto il suo travaglio, la sua riflessione, il suo cercare, il suo momento. Rispetto l'ambiente operaio, dove la fede è stata scossa proprio perchè distaccata dia un contatto umano e sociale, proprio perchè annunziata come una dottrina, come una lezione, senza essere mescolata abbastanza ai fatti che succedevano e che succedono, alle cose più vive e più sentite.
Perciò il discorso che faremo su queste pagine non sarà affatto un pezzo di predica che un prete ha abilmente inserito in un giornale destinato agli operai e di contenuto operaio, destinato cioè a quelli che di solito non sono i suoi ascoltatori.
Sarà invece un discorso, nato dalla stessa spontaneità con cui nascono gli altri discorsi di questo giornale. E spero che smuova un parlare fra noi, un metter in tavola i vari punti di vista, Perchè tutti potete intervenire in questo discorso in cento modi, con tutti i modi cioè più adatti al vostro modo di parlare e di mettersi a ragionare.
Anche il discorso su Dio è un discorso aperto a tutti credenti o no.
Ecco dunque la presentazione, fatta per intenderci fin da principio; dal prossimo numero cominceremo il discorso.
E son certo che ne avrò vantaggio nel mettermi a ragionare di Dio insieme a voi, perchè non ho ragioni da vendere né trucchi di scienza a cui ricorrere: desidero solo rendermi conto di più, sempre di più di ciò che mi convince e che mi ha sempre fatto fare delle scelte nella mia vita, Anche la scelta di stimare e di valutare il mondo operaio.

don Alfredo Nesi



«La giustizia va rispettata non solo nella distribuzione della ricchezza, ma anche in ordine alle strutture delle imprese in cui si svolge l'attività produttiva. E' infatti insita nella natura degli uomini l'esigenza che nello svolgimento delle loro attività produttive abbiano possibilità d'impegnare la propria responsabilità e perfezionare il proprio essere.
Per ciò se le strutture, il funzionamento, gli ambienti di un sistema economico sono tali da compromettere la dignità umana di quanti vi esplicano la propria attività, o da ottundere in essi sistematicamente il senso della responsabilità, o da costituire un impedimento a che comunque si esprima la loro iniziativa personale, un siffatto sistema economico è ingiusto anche se, per ipotesi, la ricchezza in esso prodotta attinga quote elevate e venga distribuita secondo criteri di giustizia e dì equità».
Giovanni XXIII nella «Mater et Magistra»

« ...in ogni caso si deve tendere a che l'impresa divenga una comunità di persone nelle relazioni, nelle funzioni e nella posizione di tutti i suoi soggetti. Ciò esige che i rapporti tra gli imprenditori e i dirigenti da una parte e i prestatori d'opera dall'altra, siano improntati a rispetto, a stima, a comprensione, a leale ed attiva collaborazione ed interessamento come ad opera comune, e che il lavoro sia concepito e vissuto da tutti i membri dell'impresa oltre che come fonte di reddito, anche come adempimento di un dovere e prestazione di un servizio. Una concezione umana dell'impresa deve senza dubbio salvaguardare l'autorità e la necessaria efficienza della unità di direzione ma non può ridurre i suoi collaboratori di ogni giorno al rango di semplici, silenziosi esecutori, senza alcuna possibilità di far valere la propria esperienza, interamente passivi nei riguardi di decisioni che dirigono la loro attività».
Giovanni XXIII nella «Mater et Magistra»

«Le nazioni ricche, che costituiscono meno di un terzo della popolazione mondiale, producono e consumano più dei due terzi dei prodotti del mondo».
Dott. Sen Direttore della FAO




in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 1 - N. 1 - novembre 1963, Novembre 1963

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