IL NOSTRO LAVORO: Il NL - Anno 1 - N. 1 - novembre 1963

Presentazione

immagine:  Presentazione Subito qui sotto è il programma che questa pubblicazione mensile vorrebbe attuare. E' una elencazione di quei motivi (senza dubbio incompleti e bisognosi forse di ampliamento) che hanno determinato la fondazione di questo foglio mensile e anche delle finalità che vorrebbero essere raggiunte.
Evidentemente sono punti di massima e, come tutti i programmi, rimangono nel generico, non sono però delle semplici intenzioni, vogliono essere invece espressioni di seria volontà di lavoro e di vivo senso di responsabilità.
I punti programmatici qui sotto, vogliono servire anche per enunciare punti d'incontro, terreni comuni dove è possibile trovarci insieme e svolgere un lavoro di ricerca e d'impiego in aperta e coraggiosa solidarietà col mondo del lavoro perché il giornale vuole essere un foglio che ogni mese arriva nelle mani degli operai ma che gli operai riconoscono come qualcosa che è veramente a loro servizio e come compilato da loro.
Il tema di fondo di questa pubblicazione, precisato in poche parole, è questo: foglio mensile di problemi umani nel mondo del lavoro. E' la chiara caratterizzazione del giornale.
Può darsi che questa tematica comporti limitazioni d'impegno e fors'anche di utilità, è però un riservarsi un lavoro normalmente trascurato eppure di enorme importanza su un piano di giustizia e di libertà, di mentalità e di costume, dentro il mondo del lavoro e comporta anche un non invadere il campo di lavoro e di attività di altri.
Va da sé però che se anche questa pubblicazione non tratta problemi sindacali e di politica, di partiti ecc. ha tutta l'intenzione di svolgere un lavoro di sensibilizzazione, sia pure in modo indiretto, verso tutte quelle attività o movimenti (organizzati o no) che si propongono e perseguono gli interessi dei lavoratori, su un piano economico e tanto più umano.
«Il nostro lavoro» fin da questo primo numero invita alla collaborazione e l'apre indistintamente a tutti. E prima che ad ogni altro si rivolge alle Commissioni Interne delle aziende perché vedano nel giornale un aiuto prezioso allo svolgimento della loro attività che in gran parte è rivolta alla soluzione di problemi umani nei loro ambienti di lavoro.
Che certi problemi siano trattati su un foglio che va in mano a migliaia di persone, fra operai e lettori diversi, può avere la sua importanza per sensibilizzare chi invece questi problemi avrebbe tutto l'interesse che rimanessero nel segreto delle pareti di un ufficio, dove è facile tutto risolvere con mezzi e modi non sempre rispettosi degli interessi dell'operaio e della dignità del suo lavoro e della sua persona.
Gli operai che hanno problemi particolari possono rivolgersi alla Commissione Interna della loro azienda, oppure possono segnalarli al giornale intervenendo personalmente alle riunioni di redazione di cui l'avviso viene pubblicato sul giornale, di volta in volta (queste riunioni sono aperte a tutti), oppure possono scrivere direttamente.
La distribuzione del giornale viene fatta all'ingresso delle aziende. Chi vuole riceverlo privatamente bisogna che invii il proprio indirizzo. Chi volesse più copie può richiederle.
Il problema economico del giornale è interamente affidato alla comprensione generosa dei lavoratori, perché non vi sono sovvenzioni o sostegni di nessun genere che garantiscano la vita del giornale. Alla distribuzione, che dovrà essere fatta indistintamente a tutti i lavoratori della nostra zona, si prega di dare un'offerta nella misura in cui ciascuno crede: il giornale non viene venduto. Le Commissioni Interne consentano che sia fatto un assegnamento sopra la loro buona volontà perché il giornale possa riuscire ad avere i mezzi necessari per poter continuare a vivere. In seguito, di volta in volta, sarà indicato con regolarità l'andamento economico del giornale.

Programma

La pubblicazione mensile intitolata «Il nostro lavoro» vuole essere un foglio a totale servizio dei problemi umani nel mondo del lavoro.
Perché questo scopo possa essere conseguito la pubblicazione si propone di essere:
- Presenza nel mondo del lavoro serena ed aperta, libera da qualsiasi scopo utilitaristico d'interesse personale, politico, sindacale, ecc.
- Partecipazione dei problemi umani del mondo del lavoro, individuali e collettivi e in particolare quelli locali.
- Assunzione dei problemi di giustizia, di libertà, di rispetto della dignità della persona umana e della dignità del lavoro. j
- Precisazione dei rapporti fra dirigenza e maestranze su un piano umano e quindi anche al di là e al di sopra della legge.
- Intervento chiaro e scoperto in ogni sopraffazione della potenza, del capitale, del privilegio sociale, della posizione politica, ecc.
- Affermazione della solidarietà in ogni operaio dentro le aziende e fra le aziende, in tutto il mondo del lavoro. Resistenza alle forze di dissoluzione e di frazionamento quali la classe padronale, lo spirito borghese, la diversità di scelta sindacale o politica, interessi personali, mentalità egoistiche, ecc.
- Indicazione nei problemi di cultura. Elevazione umana. Formazione intellettuale. Educazione al concetto del valore della persona umana e del lavoro. Formazione di una coscienza operaia. Informazione e aggiornamento assistenziale e previdenziale, ecc.

N. B. - La Redazione è aperta a chiunque abbia sensibilità dei problemi operai e intenda rispondervi secondo gli ideali di cui sopra.
Ogni operaio ma specialmente le Commissioni Interne sono considerati come essenziale collaborazione.
Chiunque può indicarci i suoi problemi, i suoi consensi o le sue critiche con fiducia di essere preso in profonda e seria considerazione.
L'indirizzo del giornale è: «Il nostro lavoro» - Chiesetta del porto - Viareggio.


Una lettera di don Sirio

Cari amici,
è passato un anno da quando circolò fra voi un foglio intitolato "il nostro lavoro". Ne seguirono altri due numeri e poi bisognò cessare la pubblicazione non avendo ancora l'autorizzazione necessaria del Tribunale di Lucca.
Domande, certificati, fogli a non finire, e, naturalmente, mesi di tempo. Soltanto nel settembre è finalmente arrivata questa autorizzazione n. 174 del Tribunale di Lucca. Ora possiamo stampare regolarmente, tutti i mesi, il nostro giornale.
Ricordo che a quei numeri unici di un anno fa, faceste una buona accoglienza. Molti operai mi dissero della loro soddisfazione. Tantissimi espressero il loro consenso pratico, concreto, aiutando economicamente. Le Commissioni Interne parteciparono assai vivamente alla compilazione del giornale. Alcuni dirigenti rimasero sensibilizzati dai problemi trattati e, in qualche caso, il giornale contribuì a dissipare complicazioni e a sciogliere difficoltà. Segno chiaro che un foglio che tratti con chiarezza, onestà e coraggio i problemi umani nel mondo del lavoro può avere il suo significato e il suo valore, la sua importanza.
Per me poi, come scrivevo nel primo numero di allora, questa pubblicazione è semplice e sereno adempimento del dovere che ho di essere completamente dentro il problema operaio, di parteciparlo e di viverlo. Il fatto di essere cristiano e sacerdote per me ha comportato questa particolare sensibilizzazione nei confronti dei problemi del lavoro. Da anni vivo il mio cristianesimo cercando di rispondervi attraverso una partecipazione più totale che sia possibile della classe operaia. Dagli anni di lavoro in cantiere come prete-operaio fino a questo momento in cui sto tirando fuori un giornale che si impegni più che sia possibile, partecipandoli in pieno, nei problemi operai, la mia ricerca di verità, di giustizia, di libertà, è stata suscitata, sostenuta e spinta dalla mia Fede cristiana. Il fatto che sono prete comporta semplicemente un dovere di maggiore coerenza con questa Fede che quindi logicamente deve condurmi ad una disponibilità completa ed esclusiva verso quella realtà di esistenza umana, in se stessa e nei suoi rapporti con Dio, per la quale sono stato consacrato.
Questo giornale non significa per me che questa semplice e serena obbedienza alle ragioni della propria vita. Sono felice che questa obbedienza sia un tutt'uno colla obbedienza che devo alla Chiesa di cui ho l'approvazione attraverso l'autorità del mio Vescovo, al quale va piena e profonda la mia gratitudine per la sua aperta comprensione per i problemi operai e per me che ho desiderato e chiesto di viverli in un modo forse un po' particolare.
Che il Direttore Responsabile di questo giornale sia un prete, penso che non sia motivo di difficoltà per nessuno. Voi, amici operai, sapete ormai - e vi ringrazio di avere capito così bene - che il fatto che sono un prete non impedisce che io sia dalla vostra parte, capace di soffrire i vostri problemi, pronto a prendere precise responsabilità, a condividere la condizione operaia da vero compagno di lavoro, come un amico e, lasciatemelo dire, come un fratello. Penso che siete certi che il giornale sarà sicuramente a vostro servizio, impegnato in tutti i vostri problemi visti e vissuti con un cuore di uomo e un'anima di cristiano. Di questo ormai ne sono sicuro perchè la vostra stima per me è molto di più di quella che merito. Spesso mi è motivo di grande tenerezza. Ve ne ringrazio tanto e con tutto il cuore.
Vorrei che anche gli imprenditori, gli impiegati, i dirigenti, ecc. accogliessero il giornale senza difficoltà e diffidenze. So bene che molti fra loro mi giudicano un prete un po' fuori del binario, strano e forse anche pericoloso. Spero che tutta questa difficoltà sia soltanto determinata da posizioni e quindi punti di vista di classe. E' vero che ho scelto di essere completamente dalla parte operaia (se il fosso che separa è stretto si possono tenere i piedi uno di qua e uno di là, sulle sponde, ma se è allargato come un fiume e inevitabile che si stia su una sponda o sull'altra) però non è per polemica o per demagogia, vorrei tanto che fosse per poter meglio aiutare anche la classe padronale a rispondere meglio ai propri doveri in obbedienza a una profonda sensibilità umana e a una coscienza cristiana.
E vorrei (anche rischiando una presunzione poco simpatica) con questo foglio cercare modi nuovi e più rispondenti ai profondi doveri che il clero e comunque i cattolici hanno verso il mondo del lavoro, in forza della doverosa, essenziale testimonianza cristiana secondo il Vangelo, modi nuovi con i quali tradurre in concreto, in vita vissuta, la dottrina sociale della Chiesa e il clima nuovo di rapporti e d'impegni che il Concilio Ecumenico sta coraggiosamente realizzando.
Ringrazio cordialmente chi ha già accettato di far parte della Redazione e chi vorrà collaborare alla diffusione del giornale. Pur partendo da posizioni diverse dalle mie di cristiano e prete cattolico e pur con motivi e spinte diverse, abbiamo scoperto possibilità d'intesa e di lavoro in comune per un vivo e profondo desiderio e bisogno e volontà di lavorare nel mondo operaio. Siamo sicuri che chiunque voglia unirsi a noi troverà serena accoglienza e clima cordiale e aperto.
Eccoci qua: auguriamoci che questa idea del giornale abbia buona fortuna e riesca a portare nel mondo del lavoro un po' di giustizia, di libertà, di pace.
Cordialmente


don Sirio

Problemi umani nell'economia

immagine:  Problemi umani nell'economia Una cosa è certa nella situazione economica italiana: son finite le vacche grasse. Non è una cosa semplice, neppure facile. Ce ne accorgeremo tra poco. Per ora il governo ha cominciato a stabilire i primi provvedimenti atti a ristabilire una situazione di equilibrio. E' normale, oramai lo sanno tutti, che dopo un periodo di favorevole situazione economica, prima o poi, bisogna fare i conti con una situazione satura, recessiva quanto meno, se non proprio di crisi. E in Italia ci sono tutte le condizioni per una stagnazione dell'attività produttiva. Le banche non fanno più fido, la moneta si svaluta continuamente, si manifestano con maggiore frequenza le strozzature nei settori produttivi, nelle zone più sviluppate si fa pesante la penuria di manodopera, la concorrenza sul mercato internazionale è sempre più forte e molte posizioni a nostro favore sono cadute. Nessuno risparmia più; i grandi investono poco, i piccoli non investono affatto. Tutto il reddito disponibile viene speso. Non si ha più fiducia nel risparmio.
Sono tutti problemi da dotti, da studiosi. Ma a chi lavora in fabbrica, costretto ancora a fare i conti col bottegaio alla fine del mese, che ha ancora tanto bisogno di un aumento salariale, certe questioni di congiuntura non dicono gran che. In fondo sappiamo che tutto questo vorrà dire sempre lo stesso. In tempi di vacche grasse aumentano gli utili del proprietario. In tempi di vacche magre diminuisce il potere di acquisto delle paghe operaie. E' sempre stata la solita solfa. Quando si guadagna, guadagna soltanto il padrone, quando si perde debbono perdere soltanto gli operai. Perchè questa è la legge di coloro che fanno tutto colle regole generali della economia. C'è la recessione? Non si riesce più a piazzare il prodotto sul mercato? Niente di speciale, si diminuisce la produzione, si licenzia il personale non necessario ed il bilancio dell'impresa torna in pari od in avanzo. Il padrone come al solito non ci perde. Lui non ha problemi alla fine del mese. Non deve lesinare sui vestiti per mandare i figli a scuola. A lui non sono negati la macchina, il frigorifero ed i moderni conforts. Ma nessuno va a vedere come "il padrone" ha impiegato i guadagni dei tempi di vacche grasse. Ha pensato allora che veniva poi anche il tempo che non si poteva più guadagnare cos facilmente? Ha fatto una oculata amministrazione? Quanti fondi liquidi ha distolto dalla amministrazione della propria azienda per cambiare macchina due o tre volte l'anno o per comprare un nuovo tipo di motoscafo ? Oppure addirittura per speculare in borsa o sulle aree fabbricate? Lo sappiamo che anche stavolta tutto ricadrà sulle ampie spalle degli operai. Ma sappiamo che la responsabilità è completamente loro, dei padroni dalle ville facili, dalla allegra amministrazione. Perchè una buona amministrazione pretende che tutti i risultati di una congiuntura favorevole vadano a consolidare le capacità produttive e concorrenziali dell'impresa stessa. Se si distolgono a favore di consumi voluttuari si opera una distorsione nel sistema di impiego del reddito e poi per forza si arriva al punto che le cambiali vanno in protesto, che i debiti sono alle stelle, che le banche non fanno più fido e il mercato estero non riceve più.
Gli operai sono attaccati alla loro azienda. Per loro essa è il mezzo per vivere, per mantenere la famiglia, per essere consapevoli di partecipare alla vita produttiva della nazione. Essi sono capaci di fare anche notevoli sacrifici, ma non certo per ridare al padrone quello che non si merita. Noi abbiamo fiducia in noi stessi e le nostre conquiste, che ci sono costate sudore, non saranno certamente) abbandonate a pro' di altri che non lo meritano. Verranno le vacche magre, ma allora sapremo dire con chiarezza le nostre ragioni.


M. B.

Vogliono comprare il vapore

La lotta che la classe padronale conduce contro l'ulteriore espansione del benessere sociale è talmente agguerrita e decisa che gli ingenti mezzi economici di cui dispone, non sono più sufficienti.
Alla forza di convinzione nelle proprie idee a cui ricorrono i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali con la finalità di conquistare per le classi popolari una migliore giustizia sociale ed il conseguente rilancio della personalità umana anche per i lavoratori, gli industriali contrappongono la potenza dei loro miliardi per conservare, ad ogni costo, quei privilegi per i quali, da tempo immemore, i «padroni del vapore» si sono abituati ad essere i soli protagonisti della vita nazionale.
C'era una volta... la triplice alleanza che realizzava la unità d'azione delle confederazioni padronali (Confindustria-Confcommercio ) con propri uomini, per meglio garantire i loro interessi, trasformando in «politica» la loro organizzazione sindacale (attribuzione che spesso e gratuitamente rimproverano ai sindacati operai). Tale «fronte economico» che aveva l'intento di premere maggiormente sui Pubblici Poteri per il consolidamento delle proprie posizioni di privilegio, venne gradatamente superato dalla maturazione politica e democratica dei lavoratori che lo rese strumento sempre più assurdo e sempre più anacronistico.
Ma i padroni non si arrendono: la somma degli interessi da difendere è tale che val bene la pena di esprimere un ulteriore tentativo per la cui realizzazione non si deve badare a spese; costi quel che costi.
E' del 9 settembre la seguente lettera, inviata dagli industriali calzaturieri di Varese ai propri aderenti, che è tutto un programma:
«Gentile Signore, gli avvenimenti che da tempo travagliano la vita politica del nostro Paese hanno assunto orientamenti le cui conseguenze inevitabilmente rovinose per la nostra economia, comportano anche una graduale mortificazione delle attività produttive private destinate ad essere sacrificate alle convinzioni economiche degli attuali dirigenti della nostra vita politica. Le avventurose riforme che gli esponenti delle nostre formazioni politiche hanno promesso al nostro popolo presuppongono la instaurazione in Italia di un regime non molto difforme da quello realizzato nella vicina Jugoslavia. La gravità del pericolo e la sua imminenza hanno indotto la nostra Confederazione a tentare, con tutte le forze di cui possono disporre gli imprenditori aderenti, una azione intesa a prevenire l'attuazione dei programmi, che in odio alla iniziativa privata, si vanno escogitando. L'organizzazione e la attuazione di una iniziativa di siffatta importanza per l'avvenire delle nostre industrie comportano un onere finanziario che ha costretto la Confederazione a richiedere a coloro, per la cui sopravvivenza essa sta tentando l'ultima difesa, UNA CONTRIBUZIONE SPECIALE IN MISURA DI 4 MILA LIRE PER OGNI DIPENDENTE, quota che è stata considerata strettamente sufficiente per far fronte all'enorme costo di quelle iniziative e interventi che affidati agli imprenditori stessi o a persone a loro vicine, potranno considerarsi idonei a frenare quanto meno l'imminenza del pericolo che sovrasta l'iniziativa privata ». etc. etc.
(Tralasciamo il seguito pronti ad esibirlo a chi fosse interessato a prendere visione dell'intero lettera).
Vogliamo tralasciare l'accentuato inconsistente diffuso vittimismo, per rendere evidente le intenzioni del «Fronte Economico»: Riconquistare il Vapore!
Non è neppure supponibile l'ipotesi per la quale l'auto-tassazione di 4 mila lire per dipendente - nel caso che diretta ad altra finalità - possa risolvere i problemi salariali delle maestranze: comunque resta ancora una volta dimostrato che i costi di produzione, purché non siano gravati da aumenti di paga, non danno luogo a quelle recriminazioni allarmistiche che, invece e puntualmente, provocano nel padronato le richieste di aumenti salariali.
Queste «tasse volontarie» a cui gli industriali si sottopongono e che sicuramente non saranno sottratte dal reddito delle aziende, inevitabilmente verranno trasferite sui costi delle varie produzioni e sarà lo stesso consumatore, quindi, inveendo magari contro lo Stato, i Pubblici Poteri, contro i partiti, contro la Società, per il rincaro dei prezzi e contribuendo ignaro a consolidare l'ondata di allarmismo e di sfiducia sapientemente provocata, a fornire i mezzi al padronato affinché possa realizzare quelle manovre che affiorano chiaramente nella lettera sopra riportata.
Siamo certi che, nonostante i miliardi più o meno chiaramente accumulati - non riusciranno più ad avere totalmente il «timone» del vapore nelle loro mani.
La storia cammina e provvederà a compiere la completa maturazione e presa di coscienza della funzione dei lavoratori nella società moderna. E' evidente però come la riservatezza della stampa sugli atti dei «santi protettori» si riveli compiacente ed antidemocratica e spesso anche colpevole di coartare la libertà d'informazione vagliando attentamente ciò che «è» e ciò che «non è» conveniente pubblicare.
Ma nessuna congiura fermerà il corso della storia.


A. B.

Parliamo anche di Dio

Credo che se non si fa una presentazione, si rischia di non intenderci e di non esser capiti fino dal primo rigo. Perché dovrei trattare su questo foglio operaio di Dio e di tutte le cose che a Dio si riferiscono.
Questo discorso dovrebbe risultare proprio fatto fra noi, senza che sia caduto dall'alto, senza la pretesa di imporre o di dettare nulla. Lo si fa per parlare «insieme» di un argomento in cui tutti s'ha da imparare, e si impara proprio parlandone, con la voglia di pensarci ancora, non credendo di aver già risolto tutto quanto su Dio
So bene che l'operaio sa ragionare: avrà magari un suo modo di veder le cose ed un suo linguaggio, ma non è meno degli altri, anche di quelli che han studiato di più, nella riflessione. Ho presente nel mio animo quanto ho imparato stando con la gente, ascoltando gli operai: direi che ho imparato più che sui libri. O per lo meno son loro, gli operai, che mi hanno evitato il danno di fare coi libri una ricerca troppo difficile e astratta, cioé un po' campata in aria.
Non vengo perciò a fare il maestro; né penso di avere ragioni da vendere o spiegazioni da dare, così alla meglio, come si fa con chi sa poco.
Neanche penso che abbia torto chi non crede in Dio. Perché il torto non è una definizione, una cosa astratta, ma è il volto ed il cuore d'un uomo. E allora come fo io a misurare un torto diventato per me così fratello, così persona tal dei tali? Che ne so di quello che passa nell'animo d'un uomo? E che condanna potrei dare, disarmato come sono, anche di fronte ai pareri che non sono i miei?
Sì, rispetto senz'altro chi non crede in Dio, perchè rispetto il suo travaglio, la sua riflessione, il suo cercare, il suo momento. Rispetto l'ambiente operaio, dove la fede è stata scossa proprio perchè distaccata dia un contatto umano e sociale, proprio perchè annunziata come una dottrina, come una lezione, senza essere mescolata abbastanza ai fatti che succedevano e che succedono, alle cose più vive e più sentite.
Perciò il discorso che faremo su queste pagine non sarà affatto un pezzo di predica che un prete ha abilmente inserito in un giornale destinato agli operai e di contenuto operaio, destinato cioè a quelli che di solito non sono i suoi ascoltatori.
Sarà invece un discorso, nato dalla stessa spontaneità con cui nascono gli altri discorsi di questo giornale. E spero che smuova un parlare fra noi, un metter in tavola i vari punti di vista, Perchè tutti potete intervenire in questo discorso in cento modi, con tutti i modi cioè più adatti al vostro modo di parlare e di mettersi a ragionare.
Anche il discorso su Dio è un discorso aperto a tutti credenti o no.
Ecco dunque la presentazione, fatta per intenderci fin da principio; dal prossimo numero cominceremo il discorso.
E son certo che ne avrò vantaggio nel mettermi a ragionare di Dio insieme a voi, perchè non ho ragioni da vendere né trucchi di scienza a cui ricorrere: desidero solo rendermi conto di più, sempre di più di ciò che mi convince e che mi ha sempre fatto fare delle scelte nella mia vita, Anche la scelta di stimare e di valutare il mondo operaio.

don Alfredo Nesi



«La giustizia va rispettata non solo nella distribuzione della ricchezza, ma anche in ordine alle strutture delle imprese in cui si svolge l'attività produttiva. E' infatti insita nella natura degli uomini l'esigenza che nello svolgimento delle loro attività produttive abbiano possibilità d'impegnare la propria responsabilità e perfezionare il proprio essere.
Per ciò se le strutture, il funzionamento, gli ambienti di un sistema economico sono tali da compromettere la dignità umana di quanti vi esplicano la propria attività, o da ottundere in essi sistematicamente il senso della responsabilità, o da costituire un impedimento a che comunque si esprima la loro iniziativa personale, un siffatto sistema economico è ingiusto anche se, per ipotesi, la ricchezza in esso prodotta attinga quote elevate e venga distribuita secondo criteri di giustizia e dì equità».
Giovanni XXIII nella «Mater et Magistra»

« ...in ogni caso si deve tendere a che l'impresa divenga una comunità di persone nelle relazioni, nelle funzioni e nella posizione di tutti i suoi soggetti. Ciò esige che i rapporti tra gli imprenditori e i dirigenti da una parte e i prestatori d'opera dall'altra, siano improntati a rispetto, a stima, a comprensione, a leale ed attiva collaborazione ed interessamento come ad opera comune, e che il lavoro sia concepito e vissuto da tutti i membri dell'impresa oltre che come fonte di reddito, anche come adempimento di un dovere e prestazione di un servizio. Una concezione umana dell'impresa deve senza dubbio salvaguardare l'autorità e la necessaria efficienza della unità di direzione ma non può ridurre i suoi collaboratori di ogni giorno al rango di semplici, silenziosi esecutori, senza alcuna possibilità di far valere la propria esperienza, interamente passivi nei riguardi di decisioni che dirigono la loro attività».
Giovanni XXIII nella «Mater et Magistra»

«Le nazioni ricche, che costituiscono meno di un terzo della popolazione mondiale, producono e consumano più dei due terzi dei prodotti del mondo».
Dott. Sen Direttore della FAO



La libertà di lavoro

Alcuni operai del CANTIERE NAVALE PICCHIOTTI sono venuti a sapere che in un cantiere navale di Anzio, di recente fondazione, cercavano operai.
Tutto considerato, le offerte erano allettanti: circa il doppio di guadagno con più l'offerta di un appartamento per chi volesse spostarsi con la famiglia.
Questi operai, di fronte a una prospettiva così vantaggiosa, si sono messi in trattative. Si dice che stavano già aspettando il contratto. Sta il fatto che una sera sono stati convocati uno alla volta presso la Direzione e logicamente hanno confermato la loro intenzione di più vantaggiosa sistemazione, data l'impossibilità di un qualsiasi miglioramento della loro difficile situazione, rimanendo ai salari del cantiere.
Al mattino seguente, invece del cartellino da timbrare, hanno trovato l'elenco dei loro nomi attaccato all'albo della Direzione: licenziati in tronco per aver cercato un lavoro in un cantiere in concorrenza.
E' stato licenziato anche un apprendista per il solo fatto di essere figlio di un tale operaio che è andato a fare il capo in un cantiere in concorrenza.
Le cose da dire sarebbero molte e assai incresciose per la verità, perchè certa mentalità che esaspera le proprie pretese fino a interventi così assurdi, è troppo insopportabile, in se stessa e nelle conseguenze che porta, buone soltanto a provocare amarezze, disgusti e abissi di risentimento e di protesta.
E' comprensibile che sia doloroso per una direzione di azienda vedere andarsene operai che da anni (anche dieci, dodici, quindici) hanno lavorato nel proprio cantiere, vi si sono specializzati fino a diventare maestranze preziose: vederle andarsene a metter su un cantiere che sia pure a 400 Km lontano sarà sempre una concorrenza. E' dover assistere all'impoverimento del proprio cantiere (perchè è finalmente dimostrabile, in questi nostri tempi in cui la mano d'opera qualificata scarseggia, che la ricchezza dell'azienda sono gli operai che vi lavorano) è dover assistere all'impoverimento del proprio cantiere e al crescere di un altro, quasi, come dire, col proprio sangue.
E' doloroso e terribile: ma non dovrebbe però sorprendere e tanto meno far arrabbiare l'industriale perchè in fondo chi gli dà di queste pugnalate alla schiena, non è l'operaio, ma un altro industriale e il mezzo usato è quello capitale di cui gli industriali hanno fatto il loro unico dio.
In questa lotta di capitali, di ricerca a tutti i costi di profitti sempre maggiori fino all'insaziabilità, gli operai dovrebbero sempre rimanere a servizio, come sfruttamento e nulla più.
Avendo scoperto e capito che il loro valore unicamente apprezzato è la loro capacità produttiva, vanno a venderla al miglior offerente.
Chi è che ha insegnato agli operai che il maggior profitto è la regola fondamentale e che il guadagno è l'unico valore che conta?
Siccome certo insegnamento è venuto sempre (ma specialmente viene ai nostri tempi con una forza di convincimento irresistibile) dal capitale, il capitale e chi lo ha in mano e l'amministra con criteri così tanto unicamente di classe, non deve sorprendersi e tanto meno inquietarsi e sdegnarsi se anche gli operai si sono messi su quella linea e sono rimasti contagiati da quella mentalità, fino a essere guidati da quello stesso criterio. Se tutto l'uomo è ormai soltanto visto dal mondo industriale soltanto sotto l'aspetto del maggiore profitto, non si vede bene come gli operai debbano considerarsi in modo diverso quando si tratta del loro problema economico.
Il lavoro ormai, disgraziatamente, è merce di scambio per guadagno. Anche gli operai cercano di vendere bene, meglio che possono, la loro merce, l'unica merce che hanno e cioè le loro capacità, il loro tempo, la fatica, il sudore, la loro esistenza.
Il fatto sentimentale di rapporti umani su un piano di considerazione da parte dell'industriale e di fedeltà da parte dell'operaio, era una cosa magnifica, bisognava però che non comportasse vantaggi economici e di gran benessere soltanto da una parte: bisognava - e ormai è tardi - che anche l'operaio fosse messo di più a partecipare dei successi economici dell'azienda. Mentre invece quell'operaio, dopo quindici anni di lavoro seriamente produttivo che ha fruttato profitti ecc., tira avanti ancora la sua economia familiare faticosamente come, o quasi, quindici anni fa.
E dovrebbe continuare fino a quella magra pensione di vecchiaia, per dovere di fedeltà. Se tenta di tirare la carretta da un'altra parte guadagnando di più, si cerca di punirlo, in qualche modo, sbattendolo via, come un traditore.
Questo non è rispetto verso la libertà d'impiego di se stesso secondo i propri criteri personali. E si tratta di una libertà fondamentale al di qua della quale si arriva a forme schiavistiche, militaristiche, dittatoriali, più o meno radicali, con facile disinvoltura.
E' giusto e è bello che l'operaio sia fedele alla propria azienda e la consideri come la sua seconda casa (vi passa più ore della sua giornata che nella propria famiglia) crediamo però che la ragione economica che unicamente regna nelle aziende fino a essere legge suprema del mondo industriale, non aiuti questa fedeltà, ma renda sempre più irrespirabile l'aria degli stabilimenti perchè li disumanizza fino al punto che il guadagno rimane l'unico motivo di rapporto fra dirigenza e maestranze e viceversa.
Dopo, che almeno si sia capaci e disposti serenamente ad accettare che anche gli operai finalmente facciano il loro interesse.


d. S.

Una iniziativa riuscita

AL RUBINETTIFICIO PONSI funziona da circa sei mesi una biblioteca circolante. I libri vengono scelti da un consiglio di operai, e la direzione concorre con metà del prezzo dei libri acquistati. La biblioteca conta attualmente circa centoventi volumi, quasi tutti di autori contemporanei, ed è abbonata a «Epoca» e a «Vie nuove».
La vitalità dell'iniziativa è dovuta senz'altro anche alla presenza di queste condizioni :
1) la biblioteca è posta nella sala di riunione degli operai, vicino all'entrata della fabbrica, e i lavoratori non devono attraversare uffici e chiedere permesso a nessuno per andarci;
2) la biblioteca è gestita da un consiglio scelto liberamente dagli operai, che sente continuamente il parere dei lettori, e la direzione aziendale non esercita alcuna forma di controllo o censura sugli acquisti effettuati.
Il livello dei libri è molto buono: oltre a saggi politici, a due biografie di Gramsci (è giusto che anche gli operai non marxisti leggano gli autori di sinistra, che hanno messo in rilievo l'importanza della loro categoria e la condizione di sfruttamento in cui essa è tenuta), anche i romanzi appartengono a autori di rinomanza internazionale; Hemingway, per esempio è fra i più letti.
A questo proposito potrebbe forse essere bene che i lettori e gli incaricati degli acquisti insistessero ancora di più sugli autori contemporanei italiani (ottimo recente acquisto "La traduzione" di Ceccherini) perchè attraverso la lettura dei libri di Pratolini, Cassola, Sciascia, eccetera, si forma una cultura che è insieme consapevolezza delle condizioni umane e sociali del nostro paese.
E' evidente che se la biblioteca funziona bene mentre altre iniziative rivolte agli operai spesso falliscono, ciò si deve al fatto che la vita degli operai ha il suo centro naturale nella fabbrica, ed è lì che dovrebbe poter liberamente svolgersi ogni attività che richieda la loro partecipazione.
Questa biblioteca aziendale è per ora purtroppo unica a Viareggio (solo alla Montecatini c'è un timido tentativo completamente fallito per la mancanza di quelle condizioni che hanno permesso il successo alla Ponsi); l'iniziativa potrà però facilmente essere ripresa nelle altre fabbriche della nostra città, a meno che non s'abbia paura che anche solo per l'esercizio di una piccola biblioteca circolante gli operai piglino il brutto vizio dell'autogestione.


E. V.

(Giuliano Del Chiaro)

immagine:  (Giuliano Del Chiaro) GIULIANO DEL CHIARO, il diciassettenne figlio di un operaio dei Cantieri Picchiotti ed egli pure giovane lavoratore.
Lo ricordiamo vivamente e con immenso rimpianto, insieme ai suoi genitori, Era ragazzo serio, onesto, già di grande aiuto e soddisfazione per la sua famiglia, giovane di buone speranze, di sicuro avvenire.
Tutti abbiamo viva nel ricordo quella tragedia. Si é gettato quest'estate in un mare che spaventava per salvare due tedeschi: ne ha portato in spiaggia uno e si è gettato ancora per tentare di salvare anche l'altro. Ma il mare se l'è inghiottito e ha restituito quel povero corpo straziato, vittima della generosità più totale, soltanto dopo tre giorni di affannose e angosciose ricerche.
Insieme al caro Giuliano Del Chiaro, in questo mese di novembre, per tradizione dedicato al ricordo dei morti, ricordiamo tutti i lavoratori caduti sul lavoro o per cause di lavoro, in tutto il mondo. Ma in modo particolare ricordiamo le migliaia di morti della diga del Vajont e i trenta minatori rimasti pochi giorni fa, affogati nel fondo della miniera di ferro di Lengede, in Germania.




(foglio affisso all'albo operaio)

immagine:  (foglio affisso all'albo operaio) E' la riproduzione fotografica di un foglio affisso all'albo operaio di uno stabilimento della nostra città.
Sono i conti semplici, elementari che significano il dramma quotidiano di molti operai e di molte famiglie. Dramma che si rinnova ogni volta che si riceve una busta paga e la si porta a casa perchè sia succhiata dal vivere quotidiano di una famiglia di tre componenti.
Questo foglio però ci sembra che significhi qualcosa di più dell'indicazione della impossibilità di condurre una vita decente con certe paghe buone soltanto per sopravvivere. Il raffronto col mensile dei deputati, il metterli tutti sullo stesso piano, quella parola così dispregiativa, (da noi censurata per non incorrere in qualche querela), indica che, a poco a poco, nell'animo di questo operaio si è spenta ogni stima e ogni fiducia, lasciando il posto ad una amarezza carica di tanta sofferenza, rabbia, disprezzo.
I suoi problemi di lavoro, quelli familiari, la situazione sociale, gli uomini politici ecc. lo hanno terribilmente stancato fino alla delusione più amara e disperata.
A leggere questo foglio si ha l'impressione dello sconforto di un uomo che lavora dalla mattina alla sera e non riesce a mantenere decentemente la sua famiglia, che si sente solo, abbandonato a se stesso, senza ormai la più piccola speranza e fiducia. Non è un caso isolato. E' forse clima generale nel mondo operaio e sta allargandosi sempre più.
Operai che non credono più agli uomini della politica, non si affidano più ai sindacati, non contano più sulla solidarietà operaia, non hanno più stima di niente e di nessuno. Tirano avanti alla giornata, aggravando sempre più il proprio senso di abbandono e lo sconforto di una disperata solitudine. E' il momento in cui un certo spirito anarchico, demolitore, disfattista si fa avanti e prende forza. E' il clima più adatto e più favorevole a esperimenti qualunquisti e peggio ancora fascisti.
Ci verrebbe da dire, se una parola è possibile e si ha il coraggio di dirla, all'operaio che ha scritto questo foglio e a tutti quelli che sono nella stessa situazione di sconforto, di sfiducia e di disperazione, ci verrebbe da dire che sì, ha ragione, è giusto quello che pensa e che ha scritto, è terribile quella sofferenza e soffocante quella situazione, ma che pure bisogna non mollare, non ci si deve abbandonare alla deriva, non si deve lasciarsi andare ad una passività inerte e scoraggiante. Bisogna stringere i denti e fare qualcosa. Certi movimenti bisogna crearli e spesso vanno pagati duramente. Bisogna lavorare nelle organizzazioni, migliorare i propri mezzi d'intervento, cercare di far sentire sempre di più il proprio peso, bisogna essere vivi e presenti per una fiducia di fondo che le masse sono fatte di individui e che l'attività individuale comporta attività di massa e le masse a poco a poco riescono sempre a cambiare le cose perchè sono a fare la storia, volere o no.


d. S.

Problemi di Previdenza Sociale

Pensione di vecchiaia

Nell'attuale sistema assicurativo una delle questioni più importanti è quella della pensione di vecchiaia. Le trattenute sulla retribuzione a fine mese sono molte e la cifra più alta è quella per il «Fondo di adeguamento pensioni».
Stabilire quanto sarà l'importo di pensione che uno avrà al compimento di 60 anni (55 per le donne) è molto complesso. Si sa per esperienza che le pensioni dell'I.N.P.S. sono basse, nonostante gli ultimi aumenti e che i pensionati dell'industria che arrivano a prendere 40-50 mila lire mensili sono pochi.
L'importo di pensione basso o elevato è in rapporto diretto con l'importo della retribuzione percepita negli anni in cui uno lavora. Quanto più la retribuzione è alta, tanto più i contributi utili per l'accreditamento per la pensione di vecchiaia sono alti.
Per esempio, se la retribuzione mensile è di circa L. 60.000, il contributo base accreditato è di L. 78, che tradotto in cifra-pensione dà L. 93,6 al mese. Se la retribuzione è di L. 70.000, il contributo è di L. 92 e l'importo di pensione mensile maturato è di L. 110,4. In pratica ogni mese di lavoro dà la possibilità di aumentare la pensione di L. 93,6 mensili con la retribuzione di L. 60.000 o di L. 110,4 con quella di L. 70.000.
Così, nell'ipotesi di una retribuzione costante per 15 anni (minimo di anni necessario per il diritto alla pensione) aumenta di circa L. 3.000 mensili, cioè verrebbe di L. 23.892. Mentre se la retribuzione fosse di L. 50.000 la pensione scenderebbe a L. 18.276. Questi importi sono molto approssimativi in quanto la retribuzione non è sempre costante: può migliorare per aumenti, passaggi di qualifiche, straordinari, ecc., come può diminuire nell'ipotesi di malattie, disoccupazione, ecc. Inoltre il minimo di 15 anni di lavoro è, nel maggior numero dei casi, sempre superato e per ogni anno di lavoro in più anche l'importo della pensione aumenta.
Riprendendo gli esempi fatti e sempre presupponendo una paga costante, lavorando per 25 anni l'importo di pensione di L. 18.276 aumenta fino a L. 27.780, quello di L. 20.868 raggiunge L. 32.098 e quello di L. 23.892 raggiunge L. 37.132.

IMPORTO MENSILE DI PENSIONE

per 1 mese di lavoro per 1 anno di lavoro dopo 15 anni di lavoro dopo 25 anni di lavoro
Retribuzione media L. 50.000 = L. 79,2 L. 950,4 L. 18.276 L. 27.780
mensile L. 60.000 = L. 93,6 L. 1.123 L. 20.868 L. 32.098
L. 70.000 = L. 110,4 L. 1.324 L. 23.892 L. 37.132

Per quanto riguarda le trattenute sulla retribuzione inerenti al Fondo adeguamento pensioni, attualmente sono così ripartite: a carico del lavoratore circa il 7%, a carico dei datore di lavoro circa il 15% (si intendono percentuali riferite sull'intera retribuzione mensile).
Ritornando agli esempi precedenti:

TRATTENUTE
7% 15%
a carico del . a carico del TOTALE
lavoratore datore di lavoro
L. 3.500 + L. 7.500 = L. 11.000
L. 4.200 + L. 9.000 = L. 13.200
L. 4.900 + L. 10.500 = L 15.400
Retribuzioni mensili


L. 50.000
L. 60.000
L. 70.000

Come si vede i versamenti sono molto alti e raffrontati con gli importi di pensione che rendono, si resta un po' sorpresi. E qui il problema si fa veramente complesso perchè i fattori che lo determinano sono tanti. Fra gli altri bisogna tener presente che una buona parte dei versamenti effettuati va a beneficio di chi usufruisce delle integrazioni, cioè di chi non ha raggiunto i minimi di pensione previsti dalla legge. Argomento questo sul quale torneremo.


E. C.

La pensione alle casalinghe

Il 15 Ottobre è entrata in vigore la legge che regola il diritto alla pensione delle casalinghe.
Questa è la quarta tappa e, per ora ultima, sulla strada della parificazione della donna all'uomo, nel mondo del lavoro. Quelle precedenti sono state:
- divieto di licenziamento della donna lavoratrice per matrimonio;
- istituzione di una commissione nazionale per le lavoratrici, presso il ministero del lavoro;
- diritto della donna di accedere a tutte le carriere.
Di questa legge si cominciò a parlare circa dieci anni fa, e furono presentati dei progetti di legge dai vari partiti: i democristiani erano per un'assicurazione volontaria nell'ambito dell'INPS, i socialisti e i comunisti erano favorevoli a una forma obbligatoria. Alla fine si è avuto il progetto che è stato approvato nel marzo di quest'anno.
A rigor di termini non si può parlare di vera e propria pensione, ma di rendita vitalizia, perchè non è obbligatoria e non è accessibile alle donne di tutte le età. Essa infatti è limitata alle donne dai 15 ai 50 anni, ed inoltre non possono iscriversi quelle che:
a) godono già di una pensione diretta, obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia o i superstiti; oppure di pensione a carico dello stato o di altri enti pubblici.
b) sono già iscritte ad uno dei sistemi di previdenza obbligatoria.
e) sono state iscritte in passato ad uno dei suddetti sistemi di previdenza e abbiano la facoltà di proseguire volontariamente il versamento dei contributi.
L'unica pensione che non esclude la possibilità di iscriversi alla «Mutualità pensioni» (questo è il termine esatto) è la pensione di guerra.
Per le donne che hanno superato i 50 anni le cose si fanno un po' complicate, ma le interessate si potranno informare presso l'ente interessato, che è l'INPS.
La pensione comincerà ad essere corrisposta a 65 anni, ed avrà per «minimo» la somma di 65.000 lire all'anno, ripartite in 13 mesi (5.000 al mese). Non ci sono « massimali», cioè non esiste una somma massima da riscuotere; quanto più si sarà pagato, tanto più si riscuoterà. Anzi nella domanda all'INPS (poi vedremo come si dovrà fare) andrà specificato quanto si vorrà riscuotere, e sarà detto quanto si dovrà pagare. I versamenti potranno essere fatti una volta alla settimana, al mese o all'anno con delle marche apposite, comunque non dovranno essere inferiori a L. 500 al mese.
Esiste anche una pensione di invalidità per le casalinghe che hanno ridotta a meno di un terzo la capacità di esercitare la normale attività.
Lo stato si è impegnato a contribuire con 2 miliardi all'anno per i primi 5 anni.
Le domande - in carta semplice - per iscriversi alla «Mutualità pensioni», dovranno presentarsi alla sede dell'INPS competente per territorio, e dovranno contenere tutti i dati necessari, dei quali ci si potrà informare presso l'ufficio stesso dell'INPS.
Come si è visto questa legge si presta a varie critiche:
- manca un regolamento di esecuzione e anche un tariffario o una tabella che spieghino chiaramente quanto si dovrà pagare e riscuotere.
- il minimo di pensione (5.000 lire) è troppo basso anche ora, figuriamoci fra qualche anno, quando la legge sarà veramente funzionante.
- l'età dell'entrata in pensione è 65 anni, mentre per altre categorie è di qualche anno anteriore.
- restano escluse dalla pensione proprio quelle lavoratrici che non possono neanche permettersi il versamento di 500 lire al mese.
- l'assicurazione dovrebbe essere obbligatoria e non facoltativa, come è ora.
- il contributo dello stato (2 miliardi all'anno) è piuttosto modesto.
- il carattere di rendita vitalizia comporta il pericolo dell'inflazione. Niente più di una rendita vitalizia è soggetta ai rischi d'inflazione.
- la pensione non è reversibile, cioè non porta alcun beneficio ai familiari della casalinga che ha pagato magari per 20 o 30 anni, e che è morta prima di compiere 65 anni.


M. C.

L'obbiettore di coscienza

Il 15 ottobre «la Corte di Appello di Firenze ha inflitto a Padre Balducci 8 mesi di reclusione per apologia del reato di disobbedienza commesso dall'obiettore di coscienza Giuseppe Gozzini di Milano e per cui il Gozzini subì sei mesi di condanna dal Tribunale militare. Sempre con le attenuanti, il giornalista Leonardo Pinzauti ha avuto 6 mesi di reclusione, avendo pubblicato sul giornale da lui diretto, l'articolo di Padre Balducci».
Non è che riportiamo questo fatto di cronaca giudiziaria per intervenire nello spinoso problema dell'obiezioni di coscienza, anche se per noi, che ci occupiamo di problemi di dignità della persona umana, la coscienza ha diritto a tutto il rispetto del suo primato sul piano morale, e nemmeno per rivendicare la libertà di opinione e di giudizio sulle istituzioni umane, quali esse siano, specialmente quando questa opinione è espressa in modi corretti e rispettosi, ma abbiamo riportato questo fatto di cronaca per prendere una precisa posizione sui problemi della pace.
Si può parlare e lavorare per la pace nel mondo in molti modi e con assoluta indipendenza da ogni politica. Uno dei modi, per riferirci al fatto di cui sopra dell'obiezione di coscienza, e lottare contro il militarismo o se non altro, fare di tutto per smontare quell'alone di grandezza, quel clima epico, quell'onore militaristico ecc. di cui il militarismo si pasce.
E questo naturalmente senza diminuire e tanto meno togliere niente di rispetto, di gratitudine, di gloria a chi alla patria ha dato la propria vita sui campi di battaglia. Ad essi andrebbe assai di più dei monumenti sulle piazze e della poca pensione che ripaghi una gamba, gli occhi o la vita perduta.
Ma ci sembra che sia anche per Amore di loro, i sacrificati, che certo spirito guerriero, combattentistico e militarista debba a poco a poco sparire.
Desideriamo semplicemente che finisca sempre più il tempo dei colonnelli, dei generali o che almeno sempre pia sia ridotta, per chi la vuol fare di mestiere la carriera militare, alla normalità di una sistemazione di se stessi e logicamente sempre meno importante, per il bene comune, della professione di medico, di avvocato, d'impiegato di banca ecc.
Il tempo anche qui deve andare avanti e ciò che è stato una volta non è detto che debba continuare, pena la perdita di valori gloriosi. Una volta era grandezza avere spirito guerriero e attitudine militaresca, ai nostri tempi, per fortuna è assai meno grandezza: ne viene naturalmente una maggiore possibilità di pace per tutti: non si vede come non sarebbe immenso vantaggio per la pace se questo spirito militarista sparisse completamente.
Affinché questa liberazione (purificazione che sia) avvenga bisogna che qualcuno inizi una disobbedienza che non è alla patria e alla sua sicurezza e alle sue glorie, è semplicemente una disobbedienza a una mentalità di esistenza e a un costume storico che e bene per l'umanità che sparisca. Siccome è tradizione connaturata coll'istinto belluino umano, aggravata da millenni di orrendi trionfi e glorie pagate da oceani di sangue, bisogna fare un lavoro di rottura.
E qualcuno che inizia bisogna che paghi, come succede in tutte le cose.
E' per questo che guardiamo agli obiettori di coscienza con simpatia e siamo solidali con Padre Balducci e il dott. Pinzauti che hanno difeso il loro diritto a prendere posizione nell'unica guerra buona, quella fatta contro la guerra e con tutto ciò che di guerra sa e che alla guerra si richiama.


d. S.

Ricordo del sig. Corsi

Il signor Comm. Giuseppe Corsi - Perito Minerario - Vice Direttore Commerciale e Tecnico della società Montecatini Marmi, è morto il 28 u.s., improvvisamente.
Unici testimoni della Sua dipartita, sono stati i prodotti della materia che Egli conosceva magistralmente e per la quale aveva dato una vita di lavoro: i blocchi di marmo!
Gli è accaduto, come a molti altri lavoratori, sul posto di lavoro, nell'adempimento, fino in fondo, del proprio dovere.
E così, come l'elettricista, il gruista, il cavatore, il tecchiaiolo, il lizzatore, anche il signor Corsi si è spento lavorando, in cava.
Noi lo ricordiamo commossi per la Sua lealtà e per la Sua sensibilità verso i problemi dei Suoi dipendenti: per la convinzione, più volte espressa alla Commissione Interna, dell'insufficienza del salario, per aver facilitato la conclusione del raccordo aziendale del «premio di produttività», per le buone parole, anche se talvolta brontolate, che proferiva ai Suoi operai. E per molti altri provvedimenti diretti al miglioramento economico delle maestranze.
Sentiamo che nel cuore degli operai di Aurisina, Bagni di Tivoli, Serre di Rapolano, Garfagnana, Viareggio, Pietrasanta e Carrara che lo ebbero direttore di Unità, rimane una nostalgia indefinibile del bonario signor Corsi e un immenso rimpianto.

Commissione Interna Montecatini

(pié di pagina)

La prossima riunione di Redazione per la preparazione del numero di dicembre de "Il nostro lavoro" sarà tenuta il 15 c.m. alle ore 21.00. Sono invitate le Commissioni Interne, gli operai, gli amici e chiunque desideri intervenire.

Di questo numero sono state tirate 3.500 copie

Hanno collaborato a questo numero: Angelo Barsella - Moreno Bucci - Elena Cinquini - Marco Costa - Alfredo Nesi - don Sirio - Enrico Vettori

Dir. Resp. Sirio Politi - Lungo Canale Est 37 - Viareggio
Autorizzazione del Tribunale di Lucca n. 174

Tipografia A. Bertolozzi - Viareggio - telef. 25.23


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