La posta di fratel Arturo

Dopo la prima guerra mondiale (1915-1918) avvennero molte conversioni al cattolicesimo di intellettuali, specialmente nell'Europa latina; credo per il fatto che la guerra aveva marcato un brusco arresto della storia. Molti che si credevano innocenti, o per lo meno pensavano di non aver commesso delitti contro l'umanità, presero coscienza che si può essere colpevoli in tanti modi, anche fermando le gambe sotto un tavolo e passando lunghe ore del giorno e della notte "sulle faticate carte" e allora appare spontaneo rivolgersi a un Dio "che solo può salvarci" .
Oggi la guerra non è finita ed è stata definita profeticamente infinita e chi ne è responsabile non ascolta il richiamo alla resa dei conti. Non è possibile che oggi l'intellettuale ritorni a quel cattolicesimo romantico, intimista, del parroco di campagna di Bernanos; siamo in un' epoca in cui il vero bisogno appare il bisogno di etica e di responsabilità, che non mi pare sia così evidente nel campo religioso. Non esiterei anche oggi a definire il Diario di un prete di campagna un capolavoro letterario, ma questo cattolicesimo intimista e individualista che si contorce negli spasimi del cuore è tramontato. Siamo in attesa di una nuova forma per viverlo, di un'altra qualità. Quale?
Come uomo di fede riconosco che la conversione è un fatto di grazia, è come l'apparire della luce che squarcia un cielo chiuso e nero; ma c'è anche un'attesa inconscia nella persona, e direi un'attesa nella storia. Occorre una caduta da cavallo per fare di un soggetto il protagonista di un'epoca nuova. Una conversione del tipo classico di un Giovanni Papini o di un Mauriac, introdurrebbe l'intellettuale fra i seguaci di un cattolicesimo che ha bisogno di un cambiamento radicale. Molti cattolici seri propongono l'apertura di un nuovo Concilio. L'esito del Concilio Vaticano II ha deluso molti credenti ed è venuto alla luce come un progetto di riforme possa risultare assolutamente impraticabile a una chiesa impegnata in una pratica pastorale e nella diffusione di una spiritualità inaccettabili a confronto col progetto di chiesa approvato dai padri conciliari. Può una teologia conciliare cambiare un progetto di chiesa scelto come il più adatto al tempo attuale, oppure bisogna partire da situazioni esterne che rendano inattuali o addirittura negative proposte pastorali e di spiritualità? Oggi mi pare che questo cambiamento del cattolicesimo, nel quale entra naturalmente la chiesa, avverrà a partire dal mondo laico. E intendo per mondo laico i non credenti, i pensatori che malgrado loro mettono nella storia delle esigenze e delle premesse che influiranno sostanzialmente nel cambio della prassi ecclesiale. Intanto i filosofi della linea levinassiana, da laici - e ci tengono a esplicitarlo - trovano nella Bibbia ebraica, quella dell'Antico Testamento, risposte a quesiti e bisogni dell'uomo di oggi, quali i concetti di alterità, di ospitalità, di critica alla proprietà difesa spesso dalla chiesa cattolica come un dogma, di solidarietà vissuta non come carità ma come un dato ontologico, e tanti altri valori che appaiono quando, stando nel mondo, si guarda l'umanità dalla prospettiva dei bisogni essenziali e dei diritti primari. La chiesa non può non trovarsi d'accordo; ma le riuscirà difficile cambiare la prospettiva che è quella del potere e che ha contaminato il concetto di autorità e la visione dell'uomo come anima - come le è stata consegnata da una cultura platonico-dualista.
Il successore di Giovanni Paolo II riprenderà forse la tradizione dei viaggi apostolici che dovrebbero avere come obiettivo una lunga visita e lunghe sedute con i suoi esecutori, responsabili di fare la chiesa in Asia, in Africa, in America Latina. Sarebbe meraviglioso che il pontefice al termine della visita mandasse un messaggio di saluto al presidente, per esempio del Brasile o del Messico, ringraziando dell'ospitalità ricevuta nel loro meraviglioso paese e pregandoli di accogliere cordialmente la visita del fratello scelto come rappresentante del vescovo di Roma per informarli sull'incontro e sulle decisioni prese per collaborare ai progetti di giustizia e di pace.
Il potere è difeso, oltre che dalle armi, da tante norme cerimoniali dirette a creare distanza, anche se lo stesso cerimoniale stabilisce degli incontri con il popolo che diano l'apparenza della prossimità: ho toccato la sua mano, ho tirato il lembo del suo abito. Spesso si deve concludere che certi soggetti di potere tanto popolari siano anche trasparenti e veri; ma di fatto credono loro dovere non informare di tutto il loro popolo. Credo che il papa dovrebbe chiarire che il solo vero interesse, l'affare che deve marciare bene nell'istituzione di cui è responsabile, è l'amore fraterno che raggiunge l'intero corpo se si parte dagli ultimi, dagli esclusi..
Gesù sapeva perfettamente che a partire dal tempio, dagli scribi, dai farisei, dagli aristocratici sadducei non si arriva mai a quel Dio che nell'uomo Gesù spoglia se stesso e si umilia diventando simile agli uomini che stanno all'ultimo posto (Fil, 1-5).
La cattolicità della chiesa (so di dire cose non nuove) può essere una concordia discors come la musica solo se ogni chiesa locale suona il suo proprio strumento e se il vescovo di Roma ascoltando lungamente questo suono, lo immette nell'armonia universale. Non sono brasiliano, ma da vent'anni mi sento membro di questa chiesa e mi sento bruciare di umiliazione quando, pastori stranieri di nascita o fatti stranieri attraverso una lunga immersione in una dottrina che è unica, vengono mandati guidare un gregge maltrattato in tutti i modi fino ad essere buttato fuori dalla sua propria terra, unica fonte della sua vita.
Il Brasile non è più il popolo più numeroso che la chiesa cattolica possa contare fra i suoi membri. Un laico che si dichiara non credente osserva l'Italia con simpatia e ne coglie un dato contingente, sconosciuto, credo a tutti gli abitanti della penisola. Mi è parso strano che uno scrittore che come psicoanalista esprime una critica fortemente negativa al cristianesimo colga questo particolare: in Italia c'è una consapevolezza collettiva dell'essere intenti a elaborare qualcosa. Probabilmente si tratta della elaborazione di duemila anni di cattolicesimo in un tempo molto breve in cui l'antica cultura cristiana si confronta con la nuova; per me l'intera cultura occidentale è lì come un microcosmo, in Italia più che in qualunque altro luogo (1). Mi sono proposto di divulgare questo messaggio che ho colto come una profezia, cioè un qualcosa di sotterraneo o di subfluviale che è l'immagine più vicina alla storia che corre nel tempo. Lo stesso autore dopo un capitolo il mio lungo duello con il cristianesimo, parlando lungamente dell'amore, esce con questa affermazione: si presume che questo sia un pregio della religione cristiana, la prova della sua unicità: il cristianesimo ha fatto dell'amore il suo dio. Così per restare in contatto con il Dio della nostra cultura dobbiamo sentire amore, innamorarci, essere amabili, amare gli altri e noi stessi secondo il comandamento, e l'amore diventa un enorme problema, il principale obiettivo dello sforzo terapeutico (1).
Dunque noi italiani, i nostri pensatori parrebbero essere al centro di questa elaborazione di una religione universale, o, se questo crea prurito nelle orecchie dei filosofi italiani, diciamo di una nuova cultura universale, che noi credenti chiamiamo ecumenismo. Il Concilio Vaticano II metteva nelle mani del papa varie riforme: la chiesa cattolica universale come comunità di chiese. La proposta poteva essere vista come il contenuto programmatico del servizio petrino, oppure come un assalto satanico all'unità della chiesa. Al papa la risposta. Per impedire che questa proposta dello Spirito santo avesse conseguenze diaboliche, cioè di divisione, il papa dovrebbe uscire dal Vaticano e farsi centro visibile di comunione e di unità con la sua presenza tra i fratelli delle chiese.
Da giovane sono stato frequentatore di teatri d'opera e, secondo un'abitudine innata, sono sempre arrivato assai prima dello spettacolo, e assistevo ai rumori che arrivavano dall'orchestra, perché i vari strumenti cercavano gli accordi prima che, dopo un breve silenzio, apparisse la bacchetta del direttore e cominciasse la grande suonata. Questo mi pare essere il ministero petrino, e Giovanni Paolo II lo ha intuito perfettamente, solo che i suoi viaggi sono entrati nei circoli del potere che hanno costretto il papa ad essere ricevuto come capo di stato incastrato nel potere del cerimoniale. E allora bisogna apparire al balcone accanto al tiranno Pinochet o nei poster mettendo l'eucarestia nelle mani sporche di sangue dei militari argentini.
E alla Conferenza nazionale e continentale dei vescovi è tolta quell'unità collegiale che dovrebbe essere quella di scegliere pastori del proprio paese senza nessuna influenza estranea, nemmeno quella di Roma che deve dare l'investitura allo scelto.
Nessun personaggio come il papa avrebbe potuto dare un colpo deciso al potere manifestando che il suo unico interesse è la chiesa che deve svolgere, nella variabile storica, il programma unico che il Fondatore ha annunziato nella sinagoga di Nazareth. Il progetto di chiesa del Vaticano II avrebbe rafforzato il cattolicesimo e messo in evidenza l'insostituibile importanza del vescovo di Roma come centro di unità mantenuta non con i documenti sempre meno letti, ma mediante la presenza fisica del garante dell'unità. Meno visibile al gran pubblico e per questo più essenziale e necessario. I documenti sul ministero petrino sarebbero stati inutili perché vissuti oltre le parole. Hillman parlando del dio amore dice che la risposta è l'innamoramento, e subito come terapeuta si accorge di aver toccato un tasto delicato.
Ho pensato molte volte che uno "scelto" deve essere un innamorato e i profeti della bibbia ce lo mostrano senza infingimenti. C'è certamente il rischio, cui allude lo psicanalista, delle patologie. E oggi, mentre i media frugano tutte le oscurità, molte di queste patologie sono state impietosamente date al pubblico. Come ha reagito il centro? Tornando al metodo platonico di mettere nella testa un peso tale che facesse gravitare la carne su questo centro. Oppure sacralizzando talmente il sacerdote e facendolo distributore di cose assolutamente e unicamente sacre, da fame un intoccabile. Io rivolgerei timidamente una domanda. Avete mai ascoltato in una favela o fra i baraccati la storia di una donna povera? Violata dall'infanzia da un secondo o terzo uomo della madre, gravida a quattordici, quindici anni, diventata oggetto di sfruttamento di tutti i generi, non è lei che crea in noi messaggeri del vangelo quel misterioso unico innamoramento, spogliandoci dalla rapacità e dall'egoismo del maschio? Avete ascoltato la storia di una bambina o di un bambino che ha passato una notte di terrore in un hotel insieme a un uomo elegante che nella hall dello stesso hotel appare un signore meritevole del rispetto e di quella accoglienza che gli hotel di lusso riservano a questi briganti vestiti da gentiluomini? Vi potrebbe passare per la mente di caricare di altre profanazioni queste vittime della lussuria che è uno dei tanti prodotti di questa società così ricca di oggetti e così vuota di valori?
Credo che più che ministri del culto rivestiti di sacralità o dottori e maestri di spirito, coloro che vogliono essere i testimoni del Cristo dovrebbero sentirsi come Lui salvatori; ma non di una salvezza invisibile e incomprensibile ma di una salvezza che si estende sulle piaghe concrete dell'umanità. E l'innamoramento allora si può salvare dalle patologie a cui ognuno di noi in quanto essere di carne è esposto. Ritornando al vangelo scopriamo che Gesù ha ripetutamente mostrato le piaghe del suo corpo, ha voluto che i suoi continuatori infilassero le mani nei buchi prodotti dai chiodi e dalla lancia.
Possiamo dimenticare questo e cercare metodologie pedagogiche e formative solo nei distillati del pensiero e negli aristocratici convegni di psicologia, psicopatologia e affini? A questa richiesta di mettere le mani nelle piaghe continuiamo ad essere invitati anche noi.
E penso che l'innamoramento, senza il quale ogni nostra parola e ogni nostro gesto restano vuoti e inefficaci, si può salvare dalle patologie se si accoppia alla responsabilità di rendere attuale quella salvezza del mondo per il quale il Cristo è morto sulla croce, nel luogo dove muoiono gli esclusi e gli emarginati dalla società.
(1) James Hillman, Il linguaggio della vita, Rizzoli pagg. 14 e 241

Fratel Arturo


in Lotta come Amore: LcA aprile 2004, Aprile 2004

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