Contro la guerra e contro la rassegnazione

Diciamo chiare tre cose:
La prima: occorre intensificare la mobilitazione dal basso contro la guerra.
Nonostante le illusioni, essa si avvicina; lo sciagurato voto del Congresso americano conta molto di più del parere del Consiglio di sicurezza di un Onu che l'amministrazione Usa ha deciso di mettere in mora. Noi che siamo in Italia dobbiamo togliere al governo Bush e al suo sodale governo Blair un alleato importante su cui contano molto: l'avallo e la partecipazione italiana. Per questo occorre impegnarsi di più e meglio. Non bastano le petizioni on line e neppure gli "stracci di pace" che pure sono cose buone e giuste. Occorre fare di più e dell'altro.
La seconda: per opporci efficacemente alla guerra dobbiamo essere comprensibili e credibili. Per essere comprensibili dobbiamo farla finita con atteggiamenti urtanti, con la colpevolizzazione degli interlocutori, con la tracotanza di chi presume di saperne di più e di poter semplificare cose che sono invece terribilmente complesse. Occorre studiare, occorre prendete sul serio i ragionamenti altrui, occorre saper comunicare in modo rispettoso e costruttivo. Capitini insisteva anche, e giustamente, persino sul vestirsi con decoro e sull'igiene personale. Aveva ragione. E quindi dobbiamo saper rinunciare alle nostre bandierine ed idiosincrasie, dobbiamo muovere dal punto di vista di esseri umani tra esseri umani, e non presentarci come spocchiosi agit-prop. Per essere credibili dobbiamo piantarla di contar panzane, di citare dati non verificati (quasi tutti quelli che escono sulla stampa), di fare di tutt'erbe un fascio. Dobbiamo studiare, studiare e studiare. E dobbiamo dialogare, dialogare e dialogare ancora. E dobbiamo esercitarci anche alla comunicazione: non basta sapere le cose, occorre anche saperle dire. Non basta essere convinti di aver ragione, occorre quella ragione saperla esprimere, argomentare, sottoporla al vaglio della critica, senza furbizie, senza disonestà (un utile repertorio di ciò che non si deve fare è in Schopenhauer, L'arte di ottenere ragione). Ma il nocciolo della questione e' il seguente: che per essere comprensibili e credibili dobbiamo essere onesti, veritieri, coerenti. Questo significa che per opporci efficacemente alla guerra bisogna essere costruttori di pace; che l'opposizione alla guerra non può essere strumentale, ma deve tradursi nella scelta della nonviolenza. E qui torniamo al punto decisivo: la scelta della nonviolenza, senza della quale l'opposizione alla guerra è destinata al fallimento, alla disfatta.
La terza e ultima cosa; prendiamoci sul serio. Dobbiamo essere consapevoli che possiamo farcela a mettere in difficoltà l'adesione italiana alla guerra, e cosi possiamo fortemente indebolire il blocco bellicista. Possiamo farcela, dobbiamo volercela fare. Questa possibilità, questa volontà, questo dovere, hanno un nome nonviolenza.



in Lotta come Amore: LcA novembre 2002, Novembre 2002

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