Trasformazione, non falsa trascendenza

Sono convinto che senza l'esperienza dello spazio liminale (quello spazio che indica la "soglia" di ingresso in una dimensione di vita altra, dove avvengono tutte le trasformazioni), non c'è autentica prospettiva della vita. E senza autentica prospettiva, non c'è né gratitudine né fiducia duratura.
E' precisamente questa profonda gratitudine e fiducia innata che vedo mancare per lo più nella gente oggi. Anche nella gente di chiesa.
Una sorta di "liminalità condivisa" è necessaria per creare che egli chiama communitas, e che io vorrei chiamare chiesa. Communitas in senso spirituale non scaturisce da celebrazioni prodotte o da eventi. Abbiamo avuto senz' altro qualche esperienza esaltante di gruppo in cui ci sembrava di essere una cosa sola anche con persone sconosciute fino ad allora. Ma poi questa sensazione viva impallidisce nel ricordo i giorni seguenti perché dipende da stimoli artificiali provocati dal cibo, bevande, musica, spazio ed energia condivisi. E' una esperienza comunque realmente bella e probabilmente necessaria nella vita, ma non ci trasforma. Essa ci sostiene appena, e sfortunatamente spesso rappresenta un diversivo rispetto ad un compito più profondo. Vera communitas viene dall'aver camminato insieme attraverso la liminalità - e, uscendo dall'altra parte - essere differenti per sempre. L'immersione nel fonte battesimale doveva ritualizzare proprio questa esperienza. Ma qualcosa è accaduto lungo la strada. Il battesimo è divenuto una simpatica benedizione dei bambini.
Perché non abbiamo molta communitas all'uscita dal fonte battesimale? Forse perché non c'è un fonte in grado di sacralizzare le nostre esperienze di immersione, e non ce ne sono stati per secoli. Perché avviene di sperimentare insieme liminalità e communitas assai più in gruppi come gli Alcoolisti Anonimi, in posti come Ground Zero, in gente come i sopravvissuti al tumore, di quanto lo facciamo nella esperienza liturgica e pastorale della maggior parte delle chiese? Con qualche evidente eccezione, naturalmente, mi viene da dire che non costituiamo una alternativa genuina all'incoscienza della massa. Nell'insieme, tendiamo ad essere materialisti, guerrafondai, individualisti, amanti del potere, del prestigio e del possesso come tutti gli altri. Preghiamo insieme la domenica, ma la maggior parte di noi ha criteri morali diversi attraverso i quali definirsi. E questi non sono necessariamente gli stessi criteri di Gesù. Per esempio Gesù non ha mai menzionato questioni come l'aborto, il controllo delle nascite o l'omosessualità, ma egli ha ricordato spesso la semplicità di vita, l'inversione dello status sociale e l'amicizia della tavola accogliente.
A rischio di passare per una persona ingiusta e anche di farmi più di un nemico, affermo che molto nella chiesa di cui ho esperienza dopo 58 anni di vita e 31 anni di sacerdozio è assai più "liminoide", diciamo così, che liminale. L'esperienza "liminoide" è costituita dal pensiero del gruppo, dalla rassicurazione di massa e dall'appartenenza al posto di ogni autentica e significativa trasformazione. Funziona molto bene. Crea una falsa trascendenza proprio nella dose adatta a vaccinare la gente contro l'Autentico Incontro. Porta via il senso della solitudine e dell' ansia e per la maggior parte della gente questo sembra essere "Dio". E certo Dio è così umile e abituato nell'usare ogni esperienza come traccia verso l'Unione Amata.
Come tengo a dire, queste cose non sono cattive. Sono solo pericolose e altamente capaci di produrre delusione. Nel mondo dello Spirito, i peccati realmente tali sono molto insidiosi. Il satana usa vestire abiti che non creano attenzione e se usa abiti vistosi lo fa per impressionarci. Vorrei chiarire la distinzione tra "liminale" e "liminoide": "liminoide" è il cattolico cui si inumidiscono gli occhi mentre il coro canta "O Notte Santa" alla Messa di mezzanotte. "Liminale" è la partoriente in sala parto all'ospedale che finalmente comprende nella sua carne il significato dello stesso canto natalizio per la prima volta. "Liminoide" è il cameratismo allo stadio e ai concerti rock che rimuove qualche filo di temporanea alienazione. "Liminale" è la sorprendente verità che ho sperimentato nella prigione della contea qui a Albuquerque, quando i messicani dall'aspetto così macho si inginocchiano dopo aver fatto la Comunione. Gli stessi uomini che non abbasserebbero mai gli occhi di fronte a nessun altro. In ogni caso, il "liminoide" è pseudoreligione, che è dovunque. Il secondo è chiesa che è anch'essa dovunque, ma non ne porta il segno in fronte.
Io non credo che Gesù sia venuto per creare una tribù religiosa. Credo che Gesù sia un messaggio universale di impotenza e di vero potere insieme, di cui hanno bisogno tutte le religioni e tutti i popoli. Non credo che Gesù sia venuto perché noi preti potessimo vestirei in modo da distinguerci dagli altri e Roma ne fosse contenta; credo che Gesù sia venuto perché la gente possa vestirsi per mescolarsi insieme e fosse possibile una communitas universale. Non credo che Gesù sia venuto perché la génte potesse essere pia e farlo notare agli altri, ma perché tutti gli esseri umani potessero aver fiducia nella povertà e nella vulnerabilità che egli mantenne fino all'ultimo. Come altrimenti potrebbe avvenire la comunione? Quando mai hanno unito qualcosa l'immediata sicurezza di sé, le risposte prefabbricate e la verità dogmatica presentata dogmaticamente? Queste cose lasciano la realtà come l 'hanno trovata. Questa non è l'evangelizzazione come l'hanno praticata Gesù e S. Paolo. Essi si fecero "tutto a tutti" .
Anche se nono sono stato in grado di verificarlo, due diversi studioso della Scrittura mi hanno detto che a Gesù sono state fatte, direttamente o indirettamente, 183 domande riportate nei quattro evangeli. Sapete a quante ha risposto? Solo a 3! L'idea di chiesa di Gesù infatti non è quella di dare delle risposte alla gente, ma di guidarla attraverso uno spazio liminale e oscuro dove desiderare e invocare Dio, la sapienza, le loro anime. Questa è ed è sempre stata l'unica risposta. Lo dice chiaramente nel vangelo di Luca (11; 11- 13). Gesù dice che la risposta a tutte le nostre preghiere è sempre la stessa: lo Spirito Santo. Prega per un pezzo di pane, un pesce, un uovo, prega per quel che vuoi. Dio può darti queste cose, ma ciò che Dio promette è che tu riceverai sempre lo Spirito Santo. E' la risposta di Dio ad ogni preghiera, ad ogni questione...
Ogni tanto la chiesa si presenta come spazio liminale, e spesso ci prepara a ciò. Ho visto la chiesa come spazio liminale negli incontri di preghiera carismatica negli anni '70 quando erano assolutamente centrati in Dio e in quel senso pericolosi. Ho visto la chiesa come spazio liminale quando attualmente l'Eucarestia crea comunità e riconciliazioni tra gli Ispanici e i Nativi americani nella Cattedrale di S. Fé. Ho visto la chiesa come spazio liminale quando la tavola di amicizia di Gesù è messa in pratica durante l'Eucaristia cattolica e la gente da lungo tempo alienata è spinta alle lacrime e riportata sulla retta via. Così molto della vita e del servizio alla vera trascendenza si sperimenta in questi luoghi fino al punto che sembrano far parte di una religione differente dall'usuale e tradizionale cattolicesimo romano.
Non so perché nella maggior parte delle parrocchie cattoliche ci si contenti di una assoluta passività. Siamo davvero contenti di essere trattati come bambini servizievoli che non chiedono nulla e danno poco in cambio? E' brutto che noi preti ci contentiamo di questa sovrabbondante passività, ma talvolta penso che siamo noi a coltivarla.
Ci mantiene nel ruolo di controllo, senza che ci vengano poste domande difficili, e ci diminuisce il carico di lavoro. Una comunità dalla fede partecipativa vuol dire un sacco di lavoro in più, e di incontri e di gente. Chiesa come spazio liminale richiederebbe una predicazione solidamente radicata nella Scrittura, Eucaristie contemplative, un organico di direttori spirituali maschili e femminili e di ministri. Invece, stiamo riproponendo il ruolo e la centralità del prete come mai prima.
Allora, che possiamo fare? Dobbiamo cercare di rimanere noi stessi in cammino. Dobbiamo credere che questo tempo oscuro, questo tempo tragico, è anche straordinariamente luminoso. Questo è lo spazio liminale di cui stiamo parlando.
Non abbiamo bisogno di crearlo artificiosamente. La quaresima è dappertutto oggi. Noi vi siamo dentro, come Giona, scappando da Ninive, presi contro la nostra volontà nel ventre di una balena e fatti uscire da amici.
Tempo, tempo, crediamolo, e ancora tempo: stiamo per esserne cotti. Il rituale di iniziazione, secondo Robert Moore ci tiene nella pentola dello stufato, che è il calderone della trasformazione. Gli anziani devono tenere alta la temperatura mentre "sorvegliano i confini" così che il popolo non prenda paura e cammini. Pochi tra noi sono preparati a far questo. Ma questo ministero mantiene la gente nel vero spazio liminale di una chiesa trasformante dove, nel tempo che Dio sceglie, saremo sputati come Giona sulla spiaggia giusta.
Per ora non dobbiamo neppure sapere "cosa" o "dove" è la spiaggia giusta. Tutti sappiamo che non possiamo fuggire da Ninive.


Richard Rohr


in Lotta come Amore: LcA novembre 2002, Novembre 2002

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