La posta di fratel Arturo

Cari amici, vi scrivo da Spello dove sono approdato il primo luglio e dove spero trascorrere l'estate nel silenzio e nella preghiera. Non penso che il mio silenzio sia quello di un monaco certosino o trappista perché sono preparato a ricevere amici e amiche che ci visiteranno.
Spello è come sapete una casa di incontri, aperto a chi cerca di vivere una spiritualità impegnata nella ricerca del Regno di Dio cioè nella pace e nella giustizia.
Intanto una delle prime visite è stata quella di Miguel Miquicho, un argentino che venne da noi nel 1964 a Fortin Olmos. Con lui scrissi "Dialogo della liberazione" perché tutt'e due avevamo bisogno di una liberazione.
Lui diciottenne, mi apparve come ogni adolescente un condensatore di vita stretto dentro un sistema di bende che si devono svolgere pazientemente perché possa emergere la persona. Ho pensato spesso in altri incontri alle parole di Gesù davanti all'amico Lazzaro rianimato dal soffio della vita, ma stretto fra bende che gl'impediscono di muoversi: "scioglietelo e lasciatelo andare". Penso che quest'immagine potrebbe ispirare un metodo pedagogico libero da quella impazienza di trasmettere consigli e precetti da far trangugiare acriticamente al soggetto. In altre parole applicare quella che Paulo Freire - il grande pedagogo brasiliano scomparso - chiama pedagogia bancaria.
Io ero forse la persona più adatta per Miquicho perché provavo tutta l'impotenza, il disagio, la solitudine dello straniero perché sapendo più o meno sbrigarmela con la lingua, mi sentivo improvvisamente trasportato in una cultura sconosciuta che faceva sentire inutile e inutilizzabile la preparazione accumulata in un lungo e faticoso cammino. Anch'io come Miquicho ero lì avvolto da bende da cui dovevo sciogliermi. Certo potevo dare e dire molte idee, o verità come parevano a me, senza preoccuparmi della cultura del popolo che mi era affidato: mi si presentava chiara l'alternativa, o oppressore o liberatore.
E l'alternativa si presentava in questo giovane in cui misteriosamente colsi il dramma dell'America Latina continente dominato con la violenza delle armi, della rapina e da un "io" consapevole di una superiorità che lo faceva sicuro di aiutare l'altro attraverso un processo di integrazione che era piuttosto assimilazione. Miquicho veniva da un'esperienza religiosa fatta con i benedettini e scoprì in me piuttosto che il missionario, un maestro che poteva soddisfare un bisogno inconscio di sapere come esigenza di un intelletto vivace che non aveva trovato come né dove alimentarsi. Così divenne mio discepolo.
Ho esercitato diversi anni la docenza e posso affermare di non aver mai avuto un alunno più docile e più rivolto so di Miquicho. Docile nel senso etimologico della parola, cioè disposto a lasciarsi insegnare; il suo non comune appetito intellettuale, lo faceva straordinariamente aperto ad accogliere e ad assimilare le nozioni umanistico filosofiche che gli trasmettevo. Eravamo nel Chaco, in una foresta lontana 70 chilometri dalla strada asfaltata, lontana da biblioteche, da iniziative culturali, privi di telefono e di energia elettrica. Io ero il maestro che poteva ricorrere alla sua memoria e Michele il discepolo che poteva apprendere "da bocca a orecchio" e solo con quella straordinaria docilità poteva mettere le basi di quella cultura che maturerà negli anni in una persona intellettuale assai notevole. La sua rivolta non era simile a quella rivolta di studenti insofferenti non solo di una disciplina di comportamento, ma anche di una inevitabile disciplina di lavoro, senza la quale è impossibile crescere come persona.
La rivolta di Michele non era logica, rifiuto delle idee che gli giungevano attraverso il nostro dialogo, ma era il rifiuto del bianco oppressore che attraverso la sua superiorità intellettuale filosofica - teologica o di qualunque tecnica lavorativa o economica, mantiene in schiavitù la popolazione colonizzata. La sua rivolta non era logica, ma organica: mangiava il frutto e gettava la buccia. Questa relazione faceva dolcissimi, entusiasmanti i momenti di trasmissione del sapere e molto dolorosi quelli della rivolta contro la tirannia.
Quando Miguel passò da questo insegnamento da bocca a orecchio a un istituto organizzato retto da gesuiti e quindi secondo la loro tradizione, di ottima qualità, il responsabile si rivolse a me abbastanza sconcertato. Aveva intuito lo strano amalgama della personalità dell'alunno, la docilità e la rivolta. Infatti chiese un accompagnamento psicoanalitico.
Strano; ma importante: non il ritiro dalla scuola, ma un cambio o almeno una modificazione di personalità. Accettammo il consiglio e ci rivolgemmo a un giovane psicanalista di cui conservo un buon ricordo: Miquicho ha una notevolissima qualità intellettuale, che lo aiuterà ad elaborare quanto di passionale è in lui. Di fatto Miquicho ha trovato la sua strada nel teatro: vive attualmente a Parigi nella famiglia che ha formato, scrive opere teatrali che hanno un'ottima critica e altro. Oggi mi porta una quantità dei suoi scritti che mi fanno esclamare che il discepolo ha superato di gran lunga il maestro.
Ripensando con gioia a questo squarcio di vita, penso che avrei rifiutato il mio alunno rivoltoso, se non avessi sofferto come una ferita profonda, il mio smarrimento di trovarmi gettato in una cultura estranea in un ambiente poverissimo in tutte le sue dimensioni. Se avessi potuto avere intorno a me un piccolo pubblico come in Italia cui poter ammannire la mia preparazione mtellettuale; ma là nulla di tutto questo: tu sei unicamente l'oppressore e ti rifiuto. Io dovevo spogliarmi e non potevo: solo potevo lasciarmi spogliare. Ho scritto diverse volte che l'inculturazione, quella che anni fa Giovanni Paolo Il definiva come nuova evangelizzazione, è solo possibile con questo metodo. Sono gli oppressi da una cultura che possono liberare gli oppressori.
Il latino è stata la lingua di Roma strumento di oppressione. Quando gli oppressi si sono liberati e la liberazione è apparsa nelle lingue neo latine, è rimasta la ricchezza che Roma accoglieva da molteplici culture ed è sparita l'unità formale di una lingua strumento di oppressione. Qualche anno dopo il nostro incontro una scrittrice argentina Maria Rosa Oliver che divenne nostra amica, mi dava questa lieta notizia: Miquicho ti ha fatto latino-americano.
Ho pensato di trasmettere questo poema pedagogico che ho rivissuto con grande gioia nelle ore trascorse con Miquicho, uomo oggi importante, ma restato lietamente povero, perché chi lo legge ne possa derivare delle considerazioni. lo vorrei limitarmi a una che viene dall'attualità: l'occidente è certamente un paese colonizzato; la globalizzazione è un; forma di imperialismo moderno. C'è da deplorare giornali diocesani, correnti e movimenti cattolici che inneggiano acriticamente alla globalizzazione e condannano ogni opposizione, mettendo in evidenza solo vetrine rotte e macchine incendiate, e non quella benedetta rivolta che dovrebbe piegare la globalizzazione a un uso che non sia così micidiale come è finora. E questa opposizione mi pare tanto più insensata quando è affidata a giovani approfittando della loro incapacità a pensare, che è uno degli effetti più negativi della globalizzazione. Sarebbe interessante se tutti i difensori della globalizzazione avessero letto un articolo apparso su Repubblica del 3 luglio: "la globalizzazione è un bene. I governi imparino ad usarlo". L'autore è George Soros, al di sopra di ogni sospetto, perché l'articolo è il sunto di un suo intervento al Forum economico di Salisburgo, dunque dalla parte del capitale. "I contestatori della globalizzazione pongono dei problemi che non è bene eludere". Personalmente penso che la struttura globalizzata potrà servire in futuro a un progetto economico a partire dalla soddisfazione dei bisogni reàli di ciascuno, a partire dagli esclusi. Spesso però pastori ed educatori di giovani sono mossi da Interessi o privati o di gruppo o di categoria piuttosto che da vero amore per i giovani. E non è un processo alle intenzioni,ma solo un giudicare l'albero dai frutti. E questo ce lo ha Insegnato il Maestro.

Fratel Arturo Paoli



in Lotta come Amore: LcA ottobre 2001, Ottobre 2001

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