Pensieri sotto un fico

Inizio a scrivere queste righe in un pomeriggio assai ventilato, verso la fine di giugno. Sono seduto vicino ad un fico che apre il suo grande ombrello e, almeno in parte, mi ripara dal sole. Di fronte ho un campo di grano appena trebbiato; solo la paglia è rimasta per terra in attesa della macchina che la raccoglie e la pressa.
Sono momenti in cui mi rendo conto di abitare una terra bella; di aver avuto in sorte di poter vivere dove il mare e la montagna si toccano e la campagna fiorisce bagnata dalle acque silenziose dei canali di bonifica.
Momenti in cui trovo pace e la stanchezza del mio corpo appesantito e usurato può emergere suscitando tenerezze di ricordi e dolci malinconie.
Momenti.
Il quotidiano incalza. Dopo la morte di Beppe, ho continuato a tirare avanti le cose con buona volontà, cercando di tenere sotto controllo i miei timori e tremori. Quanto e come ci sia riuscito, non lo so, ma non potevo fare diversamente, tanto mi pareva una colpa solo l'essergli sopravvissuto. Ora sta lentamente emergendo la responsabilità.
Di fronte alla vita. A quella che mi viene donata. Giorno dopo giorno.
Nei modi che mi sono propri (assomiglio molto a quegli alberi dal tronco nodoso e torto, dalla scorza spessa, aspra e rugosa) ho iniziato un percorso per raccogliere impegni e presenze cl si sono allargate e diversificate nei tempi belli della nostra stagione migliore: dal capannone degli artigiani all'Arca di don Sirio e al Campo della Pace; poi la Crea, l'Arca di don Beppe, la parrocchia della Darsena e la Casa Pucci per g anziani, "Una Casa per l'Handicap"...
Un impegno umano, sociale, religioso assai diversificato e collegato dal percorso quotidiano ai grandi temi della fede, della non violenza, della ricerca della pace e della giustizia, dell'utopia di un mondo rinnovato dall'incontro di Dio e dell'uomo e della donna.
Non so davvero per ora quali saranno i passaggi di questa nuova strada, ma so che un punto importante è la ricomposizione dell'esistente intorno ad un tema di fondo che ne ripropone il progetto. Sostenibile oggi, in questa fase autunnale: stagione dai colori intensi e caldi, tempo di semina, umile nell' inchinarsi alla terra perché germini speranza.
La parabola della vita porta al "restringimento dei campi".
La lettera di Leonardo, amico lettore da decenni, riportata a pago 15, descrive questa traccia che appartiene alla storia di molti ed anche alla storia della Chiesetta del Porto e di Lotta come Amore.

La stessa avventura dei preti operai conosce questo tratto di strada che, invece di esaurirsi per l'inevitabile uscita di scena, stimola a secernere le tracce del proprio vissuto perché non manchi sulla tavola dell'umanità il vino dell'ultima spremitura, più forte perché fatto di uve esposte fino in fondo al sole e all'aria aperta.
Non me ne vogliano - o almeno non me ne vogliano troppo! - gli amici che mi rimproverano di non trovarmi disponibile a casa o che non giro più dalle parti di casa loro come prima. Sento che per me questo non è solo il tempo dell'incatenamento a un pesante quotidiano, ma anche il tempo in cui nel buio del nascondimento la luce opera le sue alchimie di vita.
A seguire queste mie riflessioni, troverete un sunto dell'intervento di Arturo Paoli a Viareggio nel corso di un incontro avvenuto prima di Pasqua sul tema del giubileo e della conversione. Quanta energia e quanto calore nel suo messaggio. Quale invito forte e sincero a scalzare alle radici i nostri schemi di pensiero e di azione per rinnovarli alla luce di verità antiche quanto la terra ed insieme alla accoglienza della tragicità del mondo di oggi e al miracolo di una fede chiamata a smuovere le montagne.
Quasi a voler alzare gli occhi verso l'orizzonte della gioia e della pace, segue la traccia di un'omelia che l'amica Grazia Maggi ha raccolto nella chiesa di Marignolle (Firenze). Ho raccolto poi - per la rubrica "Popoli senza volto" che negli ultimi numeri ha lasciato spazio ad altri argomenti - una intervista a Padre Alex Zanotelli comparsa su Nigrizia e diffusa dalla Agenzia Misna (misna.com). L'Africa è un campo di battaglia e di conquista ben oltre i già tragici conflitti agiti ed emergenti. Siamo abituati ormai alla carta geografica africana con quei confini tra stato e stato che sembrano tirati (e lo sono...) con il righello. Senza il minimo rispetto per storie di popoli e culture costretti alla coabitazione forzata o alla separazione chirurgica in nome e per conto delle alleanze o dei conflitti dei rispettivi padroni. Popoli senza nome e senza volto che rischiano di scomparire nel silenzio più assoluto per un genocidio pianificato da una nuova politica economica.
Mi è parso quindi di immettere in queste pagine un elemento di speranza riportando la relazione dell' attività dell'Ambasciata di Pace a Belgrado da marzo a giugno. Resoconto di piccoli/grandi fili di relazione tessuti dalla disponibilità di uomini e donne che lavorano ormai da alcuni anni in questo campo.
E' la testimonianza di un piccolo popolo ribelle alle leggi di guerra. Di una coscienza che non pretende di cambiare il mondo, ma non accetta neppure che si chiuda il sipario su aspirazioni e desideri che sono presenti nel cuore della gente, là dove la disumanità non ha scavato così tanto fino a espiantare la speranza. Tracce di formiche che non spaventano né tantomeno rallentano la marcia dei dominatori della scena di questo mondo. Ma che restituiscono un senso al dolore e, invece di ovattarlo e anestetizzarlo con spesso finte restituzioni in atti caritatevoli e umanitari, lo indirizzano verso la ribellione dello spirito alla omologazione, alla sudditanza, alla obbedienza.
Chiude il giornalino una lettera scritta a Beppe all'inizio dell'anno da un ragazzo della Darsena. Piccoli pezzi di una storia che rimane viva. Non solo nel ricordo. Simpatia di un albero che anche se non c'è più continua a sostenere la vita.
Un saluto ed un augurio forte a tutti gli amici che ricevono questo foglio. Un ringraziamento a quanti - e sono sempre tanti - scrivono e ' inviano contributi per mandare avanti questo filo di comunicazione.
Ci incontreremo di nuovo, a Dio piacendo, nell' autunno prossimo. Il traguardo dei quattro numeri l'anno mi sembra irraggiungibile per le forze in campo e non vorrei che succedesse come lo scorso anno che per fame quattro, alla fine ne uscirono due! Essendo spesso il meglio nemico del bene, contentiamoci di tre incontri: un restringimento dei campi accettabile, non vi pare?
Nell'attesa di risentirci, prendiamo a prestito uno dei consueti saluti di Beppe.
Buona navigazione a tutti!


Luigi


in Lotta come Amore: LcA luglio 2000, Luglio 2000

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