Pretioperai: cosa fare?

L'8 dicembre scorso, sono stato invitato a portare il saluto dei preti operai alle Comunità di Base riunite a Tirrenia per il loro Convegno nazionale che aveva come tema "In principio era la coscienza. Libertà e responsabilità di fronte alle sfide etiche del nostro tempo":
Un saluto non formale da parte dei pretioperai italiani. E da parte della piccolissima Comunità del Porto di Viareggio.
Un'assemblea, questa, che vuole essere prima di tutto un intreccio di vissuti e, come viene asserito nel programma, un momento forte della socializzazione intercomunitaria e della visibilità. La nostra visibilità di pretioperai, a livello ecclesiale e sociale, è scomparsa ormai da anni. Un gruppo che si ritrova e arriva appena a superare le 50 persone. Di età, ormai!
Nei coordinamenti europei che si succedono di anno in anno, vediamo inevitabilmente diminuire il nostro numero. Fenomeno parallelo alla diminuzione dei ministri ordinati, al loro invecchiamento, in consonanza al fenomeno globale dell' invecchiamento della popolazione in Europa. Non abbiamo difficoltà a dire che la nostra consapevolezza oscilla tra una sensazione di lutto, di disconferma della nostra scelta e la fondamentale serenità di chi accoglie il proprio limite.
Come gruppo di pretioperai italiani ci troviamo ad un bivio e lo vivremo nel prossimo convegno nazionale del 25/27 aprile 1996 - sempre a Salsomaggiore -, dove, partendo dalla comunicazione dei percorsi personali, cercheremo di far emergere o che la dimensione collettiva nazionale è una risorsa importante per i singoli pretioperai e per i gruppi "regionali", oppure che rappresenta un atto storico superato.
Siamo quindi impegnati in questi mesi nel fare un bilancio della nostra esperienza. E nel cercare di capire se da questo bilancio si possono trovare insieme temi, nodi, energie, strategie per rilanciare una significatività interna ed esterna. Oppure no.
Siamo d'altro canto consapevoli che, come dice Bonhoeffer, se anche il Regno di Dio venisse domani, fino a domani occorre operare; non fermarsi prima: "può darsi che domani spunti l'alba dell'ultimo giorno: allora, non prima, interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore".
La scommessa che stiamo vivendo e per la cerchiamo di attivare le migliori complicità tra di noi è essenzialmente quella di far diventare scelta libera quello che è, allo stato dei fatti, declinio. Ma cosa, più esattamente, vogliamo fare?
La nostra vicenda personale e di gruppo è decollata in un momento storico nel quale agivano due componenti credibili e seducenti: spinta del concilio al rinnovamento della Chiesa e del cattolicesimo in Italia e nel mondo; la forza organizzata del movimento operaio, italiano e internazionale, quale soggetto antagonista al potere capitalistico.
La maggior parte di noi ha giocato la sua vita aderendo profondamente a queste due spinte, sul fronte politico e su quello di una fede pratica. Oggi, sul fronte della lotta al capitalismo ci troviamo in una situazione di resa incondizionata. Mancano la forza, l'organizzazione e il quadro teorico per una lotta efficace. Sul fronte del rinnovamento della chiesa, da un lato c'è stato un raffreddamento della corrente innovatrice e una riproposizione della chiesa come forza sociale e politica; dall'altro constatiamo sia l'emergere di forme di vita cristiana, ad esempio nei paesi terzo mondo, sia la persistenza del processo di secolarizzazione, in occidente, nonostante la visibilità dei media nel "religioso".
La memoria non può continuare ad essere semplice rievocazione di come eravamo. O c'è una cesura con la spinta iniziale, oppure la memoria deve divenire attiva, capace di alimentare presente e futuro.
Spingendoci a reagire e non a subire passivamente gli eventi. Ricercando modalità di vita significativa e resistendo alla tentazione di vivere sotto un destino anonimo nei confronti del quale è possibile solo pensare la fuoriuscita personale.
Aiutandoci a dotarci di un quadro mentale d'interpretazione di questa realtà che apra prospettive di cambiamento.
Vogliamo quindi cercare di calare queste tre direttrici di ricerca nella fluidità quotidiana della memoria viva:
l. L'unità fede-vita, emersa come indicazione decisiva del concilio, è una sfida ancora attuale oppure ci adeguiamo al ritorno agli "spazi religiosi", perché riteniamo che solo lì il cristianesimo possa trovare forma?
2. I diseredati, gli sconfitti, gli impoveriti rappresentano ancora per noi un punto di riferimento necessario, nonostante la sconfitta del movimento, per una elaborazione di una prassi politica nella quotidianità?
3. Rispetto alle grandi speranze storiche, che valore ha il tenerle vive e praticarle nella nostra zolla di terra?
Su queste domande vogliamo organizzare ancora a Salsomaggiore nella grande casa dei Francescani il convegno del 25-27 aprile '96 sul tema:
"MEMORIA PER UNA PROSPETTIVA"
"Non cercare grandi cose per te. Io ti darò come bottino la tua vita" (Ger.45)


Luigi


in Lotta come Amore: LcA marzo 1996, Marzo 1996

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