Pensieri per un anno nuovo

Nel trasformare i pensieri in parole scritte su questo nostro giornalino cerco di proiettarmi in avanti, spinto dal desiderio di offrire qualcosa di buono agli amici lettori che lo riceveranno molto probabilmente nel primo mese del '94. Perché l'operazione di "trasformazione" (dalla mente alla carta) è davvero assai complessa. Quindi nello scrivere c'è sempre un lasciarmi andare alla sincerità del momento, sapendo bene che passerà molto tempo prima che il "prodotto finito" giunga a destinazione. Ora, però, mi trovo quasi costretto a riflettere sul fatto che questo numero di cui inizia la preparazione dovrà attraversare un buon numero di giorni prima di vedere la luce ed arrivare fresco di stampa nella cassetta della posta.
Comincio quindi a scrivere con una leggera preoccupazione, quasi nuova per me: vorrei davvero riuscire ad estrarre dal piccolo tesoro del cuore quelle "cose nuove" che possono significare fiducia, speranza, serena certezza che la vita può aprirsi alla novità, l'orizzonte può dilatarsi a dimensioni inaspettate, l'acqua sorgiva può nuovamente tornare a sgorgare dalla vecchia fontana ormai esausta, il fuoco divampare con nuovo impeto e calore dai rami secchi e morti del bosco.
Stiamo attraversando un periodo molto duro; questi sono i tempi in cui nell' aria si avverte, anche se in modo non ben definito, uno strano odore di disfacimento. Molte cose sono in putrefazione e tutto questo non fa venire in mente il morire del chicco di grano sotto la terra, come promessa di frutti abbondanti. E' veramente difficile in questo momento cogliere la possibilità di qualcosa di autenticamente nuovo. Tuttavia, sento molto forte, nel profondo dell' anima, il desiderio di una ricerca appassionata e tenace della novità vera delle cose, dei valori, dei rapporti, delle scelte, dei sogni, delle speranze.
So con sicurezza umile ma ferma, che è possibile questo "rinascere", rifiorire, fruttificare nuovamente del vecchio albero apparentemente morto. Non riesco a rassegnarmi al dominio assoluto della legge del più forte, allo strapotere del denaro così spudoratamente diventato prezzo di tutto a tutti. Non posso chinare la testa di fronte alla inevitabilità della guerra ed alla "necessità" della fabbricazione e del commercio delle armi che la alimentano e la sostengono a suon di miliardi; non posso e non voglio abituarmi alla tragedia quotidiana di milioni di uomini e donne sottoposti alla frusta della fame, del disprezzo e della morte.
Allora mi pongo la vecchia, inevitabile domanda: che fare? .
Vorrei trovare una risposta nuova, che emergesse con vigore dalle profondità più nascoste
dell'anima ed illuminasse a giorno la strada che è necessario percorrere con passo fiducioso, sempre sostenuto dalla speranza. Fermarmi a scrivere, ogni tanto, per offrire i miei semplici "pensieri di carta" agli amici radunati insieme (per la grande maggioranza) dalla calorosa ed appassionata avventura umana e cristiana di Sirio, nella quale ci siamo meravigliosamente ritrovati ed incontrati davvero in molti, costituisce per me un impegno a scavare "dentro" per vedere se in qualche parte
del campo è ancora nascosto un tesoro prezioso. Devo allora confessare agli amici con i quali mi incontro in questo inizio di un "nuovo anno" che la parola che mi appare fortemente vicina a "novità" non può che essere "povertà" (e non per motivi di rima!). Almeno per me, sento fortemente in questo tempo il richiamo a questo valore evangelico così tanto amato da Gesù e che nuovamente mi appare così decisivo e capace di una forza di rinnovamento della vita, a tutti i livelli. Povertà come energia rivoluzionaria di un sistema di vita dominato in modo così assoluto e distruttivo dal potere del denaro fino a rendere l'aria irrespirabile, avvelenare i rapporti sociali, determinare sfruttamenti e oppressioni, dilagare di violenza e di morte. Vorrei di nuovo incontrare la Povertà sulla mia strada, per essere preso di nuovo tra le sue braccia, portato per mano, condotto dolcemente da lei là dove è possibile incontrare la vera novità di tutte le cose. Perché, forse, la Povertà può essere l'unica amica sincera che ci conduce, in verità e novità, anche all'incontro autentico con Dio. Senza di lei, anche la Chiesa brancola nel buio e illumina scarsamente la via. Certo è importante lo "splendore della verità", ma essa può anche ferire profondamente gli occhi ed il cuore e deviare dal giusto percorso, come la troppa luce del sole può farci perdere la vista. Lo "splendore della povertà", invece, sento che è colmo di dolcezza, di infinita tenerezza, di semplicità, di accoglienza rispettosa e fraterna, disinteressata e leale verso l'altro. Disponibilità totale all'incontro, al dialogo, alla condivisione, all'ascolto. Una Chiesa risplendente della luce della Povertà sarebbe sicuramente una Chiesa capace di indicare la via della salvezza in modo sicuro, ma senza ferire nessuno, senza far sentire a nessuno "il fiato sul collo".
Anche Dio, sembra aver voluto percorrere questo inusuale sentiero quando ha inviato nel mondo il suo unico figlio il quale pur essendo ricco volle farsi ed essere povero per arricchirci tutti della sua povertà. Infatti "il figlio dell'uomo è venuto non per essere servito, ma per servire". Guardando avanti, al di là delle brume autunnali, intravvedo con gioiosa fiducia la luce tenue, ma intensissima del Natale. Mi sembra di scorgere lì, nel Povero di Betlemme, la risposta che cercavo. Più la guardo, questa luce, più sento rinascere in me la speranza e la fiducia in una nuova possibilità di vita. Sotto la scorza del vecchio albero qualcosa di nuovo si muove e forse fiorirà.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA gennaio 1994, Gennaio 1994

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