La posta di fratel Arturo

Cari Amici,
prima di lasciare l'Italia, voglio ripensare con voi alcune esperienze di questo tempo che mi é sembrato più veloce del solito: "Motus in fine velocior" dicevano gli antichi, il movimento é più veloce verso la fine. Voglio ricordare l'incontro con i fratelli di Spello, con i miei superstiti compagni di scuola e con tanti amici che ho incontrato nel mio cammino. Riconosco una volta di più che il mio desiderio di amicizia, che ho inseguito costantemente, é stato abbondantemente appagato, ed é questo che mi fa amare la vita.
Tutti si sono rallegrati di trovarmi in forma; alcuni - i più vicini - notavano un'ombra di preoccupazione che cercavo di nascondere senza riuscirci come é evidente. E questo voglio chiarire.
La preoccupazione era originata dalle notizie che ricevevo dal Brasile e che ora affido alla vostra preghiera.
Una domenica di giugno duecento famiglie hanno occupato un terreno vicino alla mia casa unendosi ad una favela vicina, formando così la più vasta favela dello stato.
Cercherò di illustrarvi questo fenomeno insolito nelle nostre cronache, che voi conoscete forse attraverso giornali o tv, oppure attraverso i racconti dei ricchi discendenti degli emigranti che vengono a visitarvi.
Chi sono questi "invasori"?
Sono famiglie il cui capo si trova improvvisamente licenziato e senza possibilità di ritrovare un lavoro; piccoli coltivatori diretti che perdono la terra: avevano fatto un mutuo con la banca, il raccolto é andato male, viene lo sfratto e vanno alla città dove hanno parenti. Famiglie che non possono più pagare il canone di affitto e devono cercarsi un posto al sole, facendosi ombra con un tetto di lamiera.
Come questi" aspiranti alla terra" si uniscano e decidano l'esodo, il viaggio verso la terra promessa, resta per me un mistero.
Quando il popolo pellegrino é entrato nella terra, appaiono i "lideres" che cercano generalmente la protezione della chiesa, la sola che può proteggerli. Il nostro Vescovo é sempre disposto perché ha assimilato la dottrina della chiesa che parla dei diritti naturali della persona (vedi 'Pacem in terris') fra cui la casa.
Né lui né noi siamo tanto ingenui di da ignorare che fra loro si possono infiltrare dei profittatori, quelli che "usano" la chiesa e i loro soccorritori. Ma né lui né noi, che collaboriamo con lui, siamo prudenti a tal punto da perdere la grande occasione dell'incontro con Gesù: "ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa". ,
Se noi siamo semplici, gli astuti sono costretti a scoprirsi. Per esperienza posso dire che l'astuzia si vince con la semplicità e mai con l'astuzia, e questo si impara con la preghiera.
Ora la proprietaria di quella terra si é rivolta alla giustizia per riavere la terra. Vincerà?
Dove andranno questi stranieri nella loro patria? Se restano di che vivranno?
Capite che queste sono domande che preoccupano. Se l'occupazione di quella terra fosse uno spettacolo televisivo, potrei spegnere lo schermo e concludere che non é affar mio. Ma Gesù ha detto che quelli sono la tua famiglia, carne della tua carne, ossa delle tue ossa... Se il suo discorso si fermasse lì, davvero sarebbe insopportabile. M a ci ha anche detto che sono carne della "sua" carne!
Nella messa preghiamo - pericolosamente preghiamo... - di essere con lui un solo corpo e un solo spirito. Parole misteriose che si capiscono quando si fanno esperienza, sensibilità. Allora l'angoscia si trasforma in un dolore sereno, fiducioso, e diviene il contenuto stesso dell'amore.
Vi scrivo questo perché dovevo una spiegazione a chi mi diceva: "ti vedo stanco, preoccupato". .
Vi chiedo di aiutarmi con la preghiera che sola può aiutare a mantenerci sotto l'ispirazione dell'amore. E questo desidero per tutti voi che so che vivete in un paese apparentemente più felice, ma non più libero dai problemi.
Vi saluto con affetto ripetendovi che la vostra accoglienza mi ha dato molta gioia.


fratello Arturo


in Lotta come Amore: LcA novembre 1992, Novembre 1992

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