Il vescovo rosso

Più di 1.500 persone hanno affollato la chiesa cattedrale 1'8 febbraio scorso per i funerali del vescovo Sergio Mendez Arceo, morto due giorni prima per un attacco cardiaco all' età di 84 anni a Mexico City. "Vogliamo vescovi dalla parte dei poveri" hanno gridato molti dalla folla all'attuale vescovo di Cuernavaca, Luis Reynoso Cervantes.
Appena la notizia della sua morte si è sparsa centinaia di persone in lutto hanno iniziato ad affluire a Cuernavaca per sfilare davanti alla bara aperta dell'uomo di chiesa, Il suo corpo attraversò i villaggi per un ultima visita al popolo che egli rappresentò per più di 30 anni.
Contadini provenienti da lontano si mescolarono spalla a spalla con i residenti della città e, prima che il clero riuscisse ad aprirsi una strada nella folla, una persona dopo l'altra presero il microfono per ricordare fatti e parole del loro vescovo.
Molti lo conobbero semplicemente come don Sergio. Molti, in tutto il mondo, lo conobbero come il vescovo radicale dedito alla teologia della liberazione e alla lotta per la giustizia in America Latina. Le corone al funerale manifestarono questa sua dedizione. Alcune erano di famiglie del luogo, altre di gente straniera, altre delle comunità ecclesiali, gruppi cristiani, leaders nazionali, rivoluzionari Latino Americani. Una anche dal presidente cubano Fidel Castro.
Don Sergio nacque a Tlalpan, nel distretto federale di Mexico, il 28 ottobre 1907. Venne a Roma per studiare nel 1927 e vi fu ordinato sacerdote il 28 ottobre 1932. Tornato in Messico nel 1940 fu nominato direttore spirituale e insegnante del seminario di Mexico City.
Nel 1952 fu consacrato vescovo di Cuernavaca e divenne il solo vescovo designato direttamente da Roma per partecipare alla assemblea di fondazione del CELAM, la conferenza episcopale Latino Americana, in Brasile nel 1955.
Don Sergio partecipò attivamente al Concilio Vaticano II e fu uno degli uomini chiave della commissione liturgica. Emerse come uno dei vescovi di punta dell'episcopato Latino Americano avendo parlato ufficialmente per 13 volte durante le sedute plenarie. Spesso usava dire che il concilio fu un momento chiave nel processo della propria conversione come lo fu il crescente contatto con i poveri del Messico.
Visitò Cuba nel 1972 per la prima volta e giocò un ruolo importante per anni come ponte tra il governo cubano e la chiesa, godendo la fiducia di entrambi.
La sua attenzione per i diritti umani e le lotte dei popoli lo portò a partecipare negli anni '70 come giudice al Tribunale internazionale per i Diritti dei Popoli. Questo tribunale trattò processi contro governi accusati di opprimere i loro popoli come in Cile, El Salvador, Guatemala e Afghanistan.
Fino al 1982 egli era considerato come uno dei vescovi cattolici più radicali nel mondo e fu soprannominato il "vescovo rosso".
In quell'anno, compiendo 75 anni, venne personalmente a Roma per presentare le sue dimissioni al Papa Giovanni Paolo II ma gli fu detto che il Papa non poteva riceverlo a causa del suo radicalismo. Così ritornò in Messico e inviò le sue dimissioni tramite i canali ecclesiastici.
Egli vide in questo fatto il rifiuto di un vescovo suo fratello di incontrarlo e ne fu molto addolorato. Tuttavia rimase un uomo di chiesa anche se uno dei suoi più forti critici. Una volta ad un gruppo di superiori maggiori americani che gli chiedevano a che prezzo, secondo lui, si poteva continuare a lavorare nelle strutture della chiesa ufficiale, egli rispose: "Non dobbiamo dimenticare mai che la chiesa è nostra madre e, se non l'amiamo abbastanza da accettare che essa sia anche prostituta e da lavorare per renderla migliore, noi non siamo degni di lei".

R.E. Plankey in National Catholic Reporter




in Lotta come Amore: LcA giugno 1992, Giugno 1992

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