Dal letame nascono i fiori

Vorrei cercare di offrire agli amici alcune riflessioni raccolte durante l'incontro del piccolo gruppo di preti operai italiani, agli inizi di maggio, in un convegno dal titolo: "Dai diamanti non nasce niente... - Dalla condizione operaia: Vangelo o Evangelizzazione?".
La prima frase è stata presa in prestito da una famosa canzone. ormai "vecchia". ambientata negli stretti vicoli della zona portuale di Genova. che proseguiva così: " ...dal letame nascono i fior".
Il filo conduttore delle mie riflessioni è stato appunto questo sguardo sul "letame" in questione. nella ricerca attenta. sincera. fraterna e molto appassionata che si è dipanata per due intere giornate ricche di confronti, di scambi di idee, ma soprattutto di ricchezza di comunione tra persone che hanno investito la loro esistenza umana. cristiana, sacerdotale "nella condizione operaia" come condizione quotidiana di confronto vitale con il messaggio cristiano e la realtà della storia.
Sono stati due giorni molto belli, anche se carichi di una fatica alla quale sono poco allenato: l'intensità del confronto e delle comunicazioni a cuore aperto mi hanno allargato l'anima verso dimensioni più ampie di respiro interiore e stimolato ad una più profonda comprensione dell'impegno quotidiano. Così mi sono convinto ancora di più dell'importanza del... "letame".
Forse la mia origine contadina mi ha portato più facilmente sulla strada di una riflessione che aveva come motivo base (come "luogo teologico" direbbero gli esperti) la condizione del buon letame fresco di giornata che i miei nonni toglievano fedelmente dalla stalla e depositavano con cura nella "concimaia" perché piano piano si stagionasse e diventasse così capace di nutrire la terra e di "arricchirla" al momento della semina. Oppure, all'inizio della primavera, lo mettevano nelle vigne e ai piedi dei vecchi olivi perché prendessero nuovo vigore e "incoraggiamento" nella loro annuale fatica. Da scene simili, anche Gesù deve aver tirato fuori la semplice ma bellissima parabola del fico sterile che il contadino insiste a voler concimare dopo averlo scalzato ben bene intorno nella speranza che finalmente qualcosa spunti dalla sua quasi disperata sterilità.
Le due giornate dell' incontro mi hanno colpito soprattutto per certe "rivelazioni" nate da un forte carico di sofferenza, di speranza, di concretezza, di analisi attenta della situazione, senza vittimismi né rimpianti, ma con la tenacia propria di chi ha chiara coscienza, al di là di tutto, che occorre rischiare di persona sempre, ma in modo particolare quando si tratta di Gesù Cristo, di Regno di Dio, di Vangelo. La lettura di questo convegno di preti operai consapevoli di essere sempre più "gente di confine" nella società e nella Chiesa l 'ho raccolta proprio a partire da questa immagine del "letame" in contrasto con quella dei "diamanti" dai quali non può fruttificare nessun germe di vita.
Mi è venuto spontaneo scavare nel primo, prezioso letame che ha arricchito la mia vita e segnato senza alcun dubbio il cammino a volte molto intricato di tanti preti operai (non soltanto di loro. naturalmente): il Vangelo, nella sua essenzialità. nella sua meravigliosa limpidezza. nella sua sostanza profonda di concretezza della vita di Gesù Cristo. Specialmente il letame del "tempo di Nazareth" come stile di vita e di presenza dentro la realtà umana, un modo di essere fra la gente nella condizione del lavoro manuale come normalità d'esistenza. come segno di una volontà di servizio e non di potere. come desiderio e proposta concreta di una liberazione della Chiesa da tutto ciò che la allontana dalla via tracciata dal suo Signore che "da ricco che era si è fatto povero per arricchire tutti della sua povertà". Il letame di Nazareth è stato davvero molto prezioso nel mio percorso ed ha nutrito con vigore le radici di un desiderio molto chiaro fin da principio: essere "uno di loro". Questo desiderio forte, questa passione profonda ed intensa l'ho sentita fino alla commozione più intima nella storia di un "non-prete operaio" francese, di origine italiana, respinto per anni nella sua richiesta di essere ordinato sacerdote, rimanendo fedele alla scelta della condizione operaia. Sulla sua storia ha pesato la decisione di "condannare" la scelta dei preti operai francesi nel 1954 da parte del Vaticano, che rimane un segno doloroso ed amaro di una incapacità a lasciarsi convertire dall'appello dei poveri che ricorre troppo spesso nel cammino della Chiesa. L'amico francese, ormai vicino ai 70 anni, ha raccontato con serena commozione la sua vicenda: tre tentativi, a distanza di anni. sempre respinti; un "sacerdozio di desiderio" mai realizzato a causa di una sua netta volontà di appartenenza ad una condizione di "classe" che avrebbe dovuto avere piena cittadinanza nella Chiesa di Gesù di Nazareth. Una storia di letame non raccolto, rifiutato. messo ai margini, anziché giocato e rischiato nella piena fiducia di quell'Amore Unico che ha gettato tutto se stesso nel mistero dell'umanità facendosi servo e lievito di salvezza dentro la vita.
Questa storia personale. piccola quanto un granello di sabbia, mi ha molto commosso e scosso dentro l'anima; ha rimesso in movimento antiche passioni. sogni, speranze. desideri di lotta, di allargamento di orizzonti per una "chiesa" che non abbia paura di accogliere fino in fondo il Vangelo di Cristo che è la ragione unica del suo esistere nella storia.
Anche la "piccola storia" di un altro caro amico prete operaio a Milano ha agitato le acque del cuore per una coincidenza di calendario che è tutt'altro che banale: il giorno del venerdì santo di quest'anno, verso le tre del pomeriggio, nella periferia industriale milanese, si è svolta una "liturgia" tutta particolare: più di cento operai erano tutti in fila in attesa di ricevere la lettera di licenziamento per chiusura indeterminata della propria fabbrica. "Letame" dichiarato inservibile e quindi messo a riposo dalla logica precisa e inflessibile delle leggi economiche di sfruttamento di quella che una volta si chiamava la "manodopera". Anche il nostro carissimo amico era partecipe di questa liturgia padronale per aver scelto da tanti anni la condizione operaia come luogo del suo essere cristiano e prete.
Le piccole storie che ho qui raccolto sono il segno faticoso di un amore grande ed intenso. di una volontà di partecipazione al cammino umano dalla parte del letame e non dei diamanti, nella profonda fiducia che ciò che può produrre vita. libertà, gioia. pace. pane, fraternità. sono i valori che Gesù Cristo cerca di mettere in luce con quell' espressione 'regno di Dio" da lui raccolto in modo particolare nelle parabole e che coincidono perfettamente con le aspirazioni dei piccoli e dei poveri della terra intera.
Il "letame" della storia che ne ha impedito la putrefazione, che ha sostenuto la vita. alimentato la speranza, fatto rifiorire la libertà, risuscitato la pace, è certamente costituito da quella immensa moltitudine che ha i lineamenti degli uomini e delle donne che in tutti i tempi hanno "resistito" con tutte le loro forze alle terribili leggi della conquista. della deportazione. dello sterminio. dell'asservimento al dominio del più forte. Questa realtà emerge con forza da tutte le angosciose tragedie umane: dai popoli conquistati e trucidati dopo la "scoperta" dell'America; dagli schiavi negri strappati all'Africa e deportati a milioni per rendere fertili le "nuove terre"; dalle moltitudini di ogni colore degli emigrati; dai campi nazisti dove 6 milioni di ebrei trovarono la morte programmata e organizzata con scientifica ferocia; dai popoli profughi a causa della guerra, sospinti come gregge senza più pastore né patria... Dentro questo fiume di dolore inesprimibile ci sono sempre le "tracce" di presenze tenaci. chiare, intense che hanno fatto sì che la storia umana, dopo l'oscurità della notte, conoscesse lo splendore di nuovi mattini. Presenze "perdenti", ma nello stesso tempo splendido, meraviglioso, fertile letame da cui la vita ha succhiato le energie necessarie alla sua vittoria.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA giugno 1992, Giugno 1992

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