La posta di fratel Arturo

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di Arturo comunicata dal bollettino di Rete Radie' Resch.

"Buon Natale".
Oggi la TV annunzia l'aumento del 30% della benzina. I poveri della mia comunità possono rimanere tranquilli: nessuno è proprietario di un motore a benzina o diesel. Eppure i colpiti dal provvedimento che si scandisce nel tempo a un ritmo regolare, implacabile, sono loro. Domani il biglietto degli autobus aumenta il 40%, tutti i prodotti del supermercato - i necessari e i superflui - aumentano il 50%; quelli che posseggono macchine di lusso, o per motivi di lavoro, non tremano all'annunzio televisivo: paradossalmente i danneggiati dell'aumento della benzina sono quelli che non posseggono macchine. La notizia che ha occupato la mia mente nel giorno in cui avevo deciso di scrivervi gli auguri di Natale, non è la nota giusta su cui intonare l'annuncio della festa. Non saprei dirvi se ha disturbato la mia preghiera mattutina, oppure devo considerarla come il suo contributo normale. I salmi piangono anche - l'acqua mi arriva alla gola - affondo in un mare di fango. La sollecitudine dei poveri è un disturbo per la preghiera, o non è piuttosto quel motivo che accompagna un'immagine che ci ha liberato dalla superficialità? Vi confesso che ho pensato con tristezza non solo al consumismo che ormai ha travolto il senso religioso del Natale; ma persino ai presepi, da quelli entrati nella storia dell'arte, a quelli più umili delle nostre case.
Per Francesco, l'inventore del presepe, la sceneggiatura dell'ingresso nella storia del Dio amoroso e solidale, è un momento contemplativo in cui coglie la totalità della storia umana avvolta dalla tenerezza del Padre che non può rinunziare all'opera delle sue mani. La storia che concesse pochi decenni a Francesco d'Assisi, prese il senso della riconciliazione e della pace. Credo che i presepi domestici conservino ancora il ricordo del momento contemplativo di Francesco; ma penso che per i più sia un gioco molto vicino all'aereomodellismo o a quei giochi per me enigmatici, che fissano per ore ragazzi davanti ad un computer. Non voglio scoraggiare le famiglie che hanno preparato uno spazio per il presepio; ma questo senso ludico e secondario della religione che si scopre non solo nell'iniziativa del presepio, ci costringe a meditare sui metodi della formazione alla fede. Dobbiamo assumere la responsabilità di essere nati nel centro di elaborazione e di diffusione del cristianesimo che ha promesso di condurre l'umanità verso la libertà e la verità, e non è certamente un impegno leggero. Il Natale 1990 e' particolarmente importante, perché è stato deciso di dare il via in quel giorno alla "nuova evangelizzazione dell'America Latina". Nuova vuol dire che non deve ricalcare il passato e deve emergere dalla critica di ciò che nel passato è stato negativo. La cristianità europea ha portato all'America la luce del vangelo, la rivelazione del Dio padre di Gesù, e in Gesù padre di tutti gli uomini. Ma questa rivelazione non ha rallegrato nessuno, perché, dietro l'avanguardia dei messaggeri del vangelo di pace, stavano uomini avidi di terra e delle ricchezze della terra. La storia della colonizzazione dell' America Latina non è chiusa; si è fatta solo più astuta e crudele per gli strumenti delle varie tecniche. Chi vive in mezzo a questo popolo sente nella sua carne l'ironia del saluto biblico che è stato divulgato dalla tradizione francescana: "che il Signore faccia brillare su te il suo volto". Altro che brillare: "fuori dalle vostre terre, perché io bianco devo tagliare gli alberi, scavare l'uranio. E se non ve ne andate vi snidiamo di lì con le armi". Credete amici italiani che questo che vi sto dicendo non è retorica, è storia contemporanea.
Portare il vangelo all'America Latina vuol dire tutta la verità su Cristo e dire che lui non può volere il genocidio degli indios. Non possiamo nel 1992 assistere all'azione di una chiesa che catechizza, che costruisce templi, che convoca il culto e chiude gli occhi su quella vergogna dalla quale non ci potremo mai lavare che si chiama schiavitù. Sono scomparsi dalla scena i teologi che, per liberare i cristiani dal complesso di colpa dichiaravano che i neri non avevano anima, non avendo ancora raggiunto lo stadio umano. Per annunziare il Dio di Gesù non possiamo attendere la liberazione politica ed economica del continente, ma la solidarietà è il solo metodo per mostrare il Volto paterno di Dio. E la solidarietà ha come punto di partenza il rifiuto energico di spiegazioni superficiali e beffarde che cercano di giustificare il ritardo del continente e la sua condizione di miseria. Gesù non ha risolto i problemi che pesavano sulle spalle del suo popolo; ma si è fatto fratello, uno del popolo, compagno e partecipe della vita degli oppressi per illuminare la sofferenza di speranza. Dividere i compiti; "io mi occupo di dare la dottrina, altri si occuperanno di risolvere i problemi economici e politici, nasconde una posizione antievangelica".Non esiste un Dio lontano. Noi crediamo del Dio di Gesù, il Dio solidale, il Dio della pace. I poveri dell'America Latina sanno il vangelo; non hanno bisogno di catechizzazione, hanno bisogno di dimenticare un incubo che ogni tanto si rinnova nella loro storia: cancellare il volto duro arcigno prepotente di un padre bianco, perché mostri radioso, senza ombre, il volto dolcissimo del Padre, il Padre che si rivela nell'esperienza felice di Gesù. Se abbiamo questa coscienza ecclesiale e solidale, il bambino Gesù non è un giocattolo, sua è l'immagine del Signore della storia che solleva gli umili e abbatte i superbi.
E se riusciamo a comprenderlo, vivremo un Natale felice.
Saluti a tutti gli amici,


Arturo


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1990, Dicembre 1990

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