Autodenuncia del ciabattino di Saluzzo

Lettera aperta al Pretore, all'Ispettorato del lavoro, all'Associazione Artigiani, al Presidente Pertini, ai gruppi parlamentari, ai Sindacati, agli organi di informazione.
Nell'Aprile 1981 dichiarai pubblicamente di insegnare il mio mestiere di ciabattino ad un apprendista senza però metterlo a "posto con i libretti" in quanto mi era economicamente impossibile. Mi autodenunciai, cioè, per attirare l'attenzione su di una legge che non permetteva, in sostanza, che i mestieri artigianali venissero insegnati ai giovani.
Tralascio, per il momento, le discussioni e le polemiche, le proposte che furono provocate da quel mio gesto e vado avanti con il racconto dei fatti. Venne, nel maggio 1981, l'ispettore del lavoro che mi notificò la contravvenzione che io dissi subìto che non avrei pagato.
Mi annunciò che sarei stato convocato in pretura e poi processato.
Nell'Aprile 1982, un anno dopo, Claudio (l'apprendista) concluse il suo apprendistato e lasciò la bottega. Intanto io, pur non avendo pagato nessuna multa, non ero ancora stato convocato in tribunale.
Finito l'apprendistato di Claudio iniziò subito Guido, un altro apprendista, a venire in bottega a imparare. Non mi riautodenunciai subito perché stavo ancora aspettando il processo per la prima autodenuncia.
E arriviamo così al dicembre 1982. Sono ormai passati 20 mesi dalla notificazione della prima contravvenzione e ancora nessuna convocazione in tribunale. Intanto sono ormai 9 mesi che Guido viene in bottega ad imparare il mestiere e nessuno si preoccupa di denunciare il fatto. Anche i Sindacati, che durante il loro intervento nel periodo successivo all'autodenuncia dichiararono che il loro solo compito era quello di denunciare simili situazioni di illegalità all'ispettorato del lavoro non si preoccuparono minimamente di effettuare in pratica, e non soltanto a parole, questa comunicazione pur essendo molto bene a conoscenza della nostra "irregolare posizione" (la sede della CISL è proprio vicino alla mia bottega).
E così è toccato a noi ripartire per richiamare l'attenzione su di un problema (l'apprendistato artigianale) di cui molti parlano ma pochi affrontano realmente.
Quindi, nel mese di dicembre, Guido si reca all'ufficio di collocamento e rilascia uno scritto (concordato con me) nel quale dichiara di esercitare il lavoro nero.
Alcuni giorni dopo, il 21 Dicembre, arriva (puntualissimo come sempre a fare rispettare la legge quando i diretti interessati si autodenunciano) un appuntato carabiniere al servizio dell'Ispettorato del lavoro.
Innanzitutto ci da una notizia che non può fare a meno di stupirci e cioè che, per quanto riguarda la prima autodenuncia, il procedimento è stato sospeso in quanto ho "beneficiato" dell'amnistia generale data nel mese di Agosto a tutti i detenuti. Poi l'appuntato rifà il verbale elencandovi le leggi alle quali trasgredisco insegnando il mestiere a Guido. Il 6 Gennaio mi è arrivata la notificazione degli atti giudiziari con relativo verbale di ispezione, tra l'altro falso in alcune parti e non contenente le mie dichiarazioni e motivazioni. A questo punto, essendo numerose le infrazioni che ho commesso, sarà il pretore a decidere l'entità della contravvenzione che, lo dico fin da ora, non ho nessuna intenzione di pagare.
Rivolgo nuovamente a tutti la domanda che già avevo rivolto, senza ottenere risposta, oltre un anno fa all'ispettore del lavoro, al presidente Pertini, ai gruppi parlamentari e cioè: - come può un giovane imparare il mestiere di calzolaio quando non esiste un calzolaio in grado di potere legalizzare un'assunzione? (infatti l'insegnamento comporta alti costi e perdita di tempo e quindi rallentamento della produzione per un certo periodo). Il fatto che costoro si siano trovati impossibilitati a rispondere significa che l'attuale legge vigente è da cambiare. L'idea di essere un fuorilegge, di essere condannato da un tribunale perché insegno a un mio amico un mestiere che gli permetterà di guadagnarsi di che vivere non mi diverte affatto. Potrei starmene zitto, non insegnare il mestiere a nessuno, guadagnerei di più di quel poco che guadagno e non avrei tante grane. Ma credo sia giusta e onesta la mia posizione e spero che il mio gesto sia di stimolo per sbloccare una situazione assurda che non permette il rifiorire dei mestieri artigianali.
In una situazione di sempre maggior crisi dell'industria, di disoccupazione in spaventoso aumento, penso che l'artigianato possa sempre più fornire notevoli sbocchi occupazionali.
Io sono contrario in modo assoluto al lavoro nero, ma ho dovuto esercitarlo a lungo per imparare il mestiere e sono costretto dalla attuale legge ad insegnarlo allo stesso modo. Ho voluto denunciare la mia situazione perché detesto sia la disoccupazione che il lavoro nero.
Tengo nuovamente a precisare che non sfrutto nessuno (Guido prende parte agli incassi della bottega); il mio intento è solo quello di insegnare un mestiere fra tanti che si vanno estinguendo e che necessitano, per essere legalmente insegnati, di una opportuna regolamentazione.
13 Gennaio 1983 Osvaldo Fresia
Via Piave 13 - Saluzzo




in Lotta come Amore: LcA marzo 1983, Marzo 1983

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -