L'adorabile sogno della pace

Può essere affermazione e convincimento coraggioso pensare che il corpo e più genericamente "il materiale" possa essere e realmente sia, rivelazione, manifestazione di Dio e più ancora 'luogo" della presenza di Dio. Ma forse tutta la difficoltà e più ancora tutta la diffidenza nei confronti di questa Fede, perché di Fede si tratta e non di vago sentimentalismo o di romanticheria più o meno letteraria, è a seguito di una millenaria cultura (da che esiste la storia e più avanti ancora per immaginazione mitologica) responsabile di un'invenzione e quindi di spietate accentuazioni, più o meno disumanizzanti secondo i tempi storici e le relative complessità culturali, di uno scontro fra cielo e terra, fra lo spirituale e materiale, anima e corpo, il bene e il male, Dio e l'idolo...
Una guerra (forse la più crudele e impazzita, anche perché sempre alla radice di ogni guerra e di tutta la conflittualità che imperversa nell'umanità da che mondo è mondo) una guerra implacabile, uno scontro impietoso e assurdo, nel segreto, nell'intimo di ogni persona, nel mistero della vicenda dei popoli, nell'abisso tenebroso e senza fondo delle razze umane e dei razzismi.
E tanto più le religioni in questa guerra senza armistizi (e all'orizzonte non spuntano aurore) hanno avuto un ruolo determinante.
Qui, nei misteri insondabili della religiosità, lo scontro e il combattimento hanno dilagato il mondo e la storia di lacrime e sangue. E quindi misure infinite di angoscia, di sgomento, di disperazione. Di esaltazione, di accensione mistica, di ascetismi spiritualizzanti... e di stragi e stermini, genocidi come missione divina. Liberazioni, purificazioni, trascendenze, angelismi, divinizzazioni, santità... e violenze per convertire alla Fede; difenderla, torture spirituali e fisiche per salvare le anime.
Fede, religiosità, moralità ecc. perennemente intese e vissute come coscienza di questa conflittualità, come necessità, dovere, obbedienza, fedeltà di lotta in questa guerra, in continuità permanente e crescente, da combattersi, giocandovi letteralmente tutto di se stesse e del proprio mondo, pena la sconfitta più disastrosa e cioè la propria perdizione: questo disumano ricatto-incubo, a demolire la libertà, Cioè l'essenzialità dell'essere umano. Ma chi è che non ha conoscenza culturale ed esperienza personale di questa conflittualità nel segreto più nascosto, negli angoli più strettamente personali del se stesso? Ognuno di noi, perché è proprio di ogni essere umano nato dalla storia del mondo, si è trovato diviso, ansioso, perplesso, incerto, traumatizzato, ribelle, ha pensato, ha creduto, si è esaltato e disperato... Esattamente (e non può non continuare il paragone, nonostante l'antipaticità) come chi si ritrovi in un campo di battaglia travolto dal furore dello scontro e non sa più chi sono i suoi o il nemico, da che parte è più giusto stare e più ancora che senso ha quella guerra e perché uno si trovi e continui a combatterla.
Perché poi anche a cercare di tirarsene fuori dalla mischia, gettar via le armi e la divisa e imboscarsi nei propri interessi... rimane e riemerge inevitabilmente il famoso senso di colpa che, lasciato cadere quanto si vuole, finisce per manifestarsi e infestare la vita, in mille modi, per se e nei rapporti intorno a se.
Forse è letteralmente impossibile la pace? Può darsi. Però l'importante è non arrendersi. Cioè bisogna cercare la pace dove la pace è. E cercarla la pace nei modi in cui è possibile trovarla.
Si tratta di pace. Cioè del respirare, del cuore che palpita, del sangue che circola... un valore fondamentale, essenziale, decisivo, vitale. Il valore costitutivo, creativo essere umano, dell'uomo e della donna. E l'essenzialità non è mai impossibile, non è un'assurdità. Non è mai l'essenzialità fruttificazione di contrasto, di lotta, di guerra. Non è valore, preziosità da strappare di mano gli uni gli altri, come l'osso da spolpare fra cani affamati, non è oggetto di conquista per sopraffazione, sfruttamento.
Non è proprietà privata, da recingere di mura o di filo spinato. Perché la pace non è la mela pendente dall'albero carico di bene e di male.
Qualcosa da raccogliersi a volo durante la lotta fra il cielo e la terra, dalle mani del dio o dell'idolo.
Tutto ciò che è o significa opposizione, antitesi, assolutizzazione, imposizione, spodestamento, invasione, violenza ... (ma è possibile una elencazione?) non è e non sarà mai pace.
Perché pace è Libertà.
Perché pace è Semplicità.
Perché pace è Amore.
La cultura che irretisce e imprigiona non è pace. La civiltà fondata e che prospera sullo sfruttamento e la strumentalizzazione non è pace.
E dove non è pace non è Dio.
È davvero inutile "cercare Dio su questo monte o nel tempio" finché monte e tempio saranno lotta e in guerra. Tempo perso consumarsi gli occhi a scrutare i cieli e non sapere ascoltare in pace le armonie della terra. Trascendersi nello spirituale e inorridire per il materiale. Amare l'anima e odiare il corpo, amare il corpo e dimenticarsi dell'anima.
Chi sa perché, per quale meccanismo misterioso la fede religiosa, la Fede, non sia mai stata e non sia, motivo e realtà, indicazione e concretezza di pace. E quindi non conoscenza e non Amore di Dio. Terra promessa se non a seguito di conquista.
Fedeltà ma tutta nel seppellimento della coscienza. Elezione e privilegio. Assoluto e sterminio. Verrebbe da pensare che la cultura ebraica, del popolo eletto, ha fatto di Dio l'assurdità di Dio perché il suo Dio non è Dio di pace.
E pace non permette e non concede.
Gesù ha dichiarata compiuta, conclusa, finita questa cultura, affrontando e sostenendo lui personalmente lo scontro del chiudere la storia del suo popolo. E ha pagato duramente questo destino messianico. La sua croce è la chiave che chiude e che apre. Perché lui è la fine e l'inizio. La fine della "guerra", l'inizio della "pace". La fine del "nemico" l'inizio dell'Amore...
Spesso viene da domandarci cosa sia il cristianesimo. Certo è che cercarne il chiarimento, e la conoscenza nella cultura cristiana (la storicizzazione di Cristo) è come camminare nella nebbia e spesso nel buio più fitto. Perché il Cristianesimo è unicamente Gesù Cristo.
Sta il fatto che dopo Gesù e appena un respiro di tempo di due o tre secoli, nella cultura cristiana, nel cristianesimo del dopo il quarto secolo, ritorna imperante e sopraffacente la cultura ebraica di Dio come lotta armata, scontro, guerre giuste, guerre sante, crociate a non finire (e ancora non siamo al "chi di spada ferisce di spada perisce").
Dio è con noi, era scritto sul cinturone delle SS e Dio stramaledica inglesi, pregavano i fascisti: e nessuno si scandalizzò dell'orrendo sacrilegio del nome di Dio. E ancora, ai nostri giorni, non scuote e agita fino all'angoscia più sconcertante che l'uomo si sia sostituito a Dio nel possesso del mondo fino ad essere il padrone della sua sopravvivenza o della sua distruzione. Lasciando che possa insinuarsi il dubbio che anche Dio sia d'accordo con la disumanità ormai arrivata alle misure estreme. Una cultura religiosa che ha distrutto e distrugge la purissima e dolcissima verità che Dio è buono, Amore. Che la creazione, tutta la creazione dal filo d'erba alle stelle è manifestazione di bontà, è in se stessa totalmente e unicamente buona, Amore, serenità, pace, per sostituirvi un legalismo opprimente, un ritualismo ossessivo, un moralismo proibizionista, un moltiplicarsi del male, del cattivo, dell'orrore, del tabuismo... Una realtà, salita su dagli abissi infernali, a dilagare nella crea-zione rendendola maledetta e maledicente, terra di guerre, luogo di orrori. fiumi e oceani di lacrime e di sangue. E Dio?
Inevitabilmente è nella guerra se tutto è guerra, è angoscia della lotta, nella disperazione della paura; nello sgomento della sconfitta, nell'alleanza per la vittoria, è con me strappandolo a te, è qui e non può essere là, è in questo, assolutamente non in quello, è in me non in te... e verrebbe da pensare che piano, piano si è ritirato nel suo cielo, lasciando che gli uomini si strappino l'uno l'altro la sua ombra e l'ansia struggente dalla nostalgia di lui.
Ma non è così. Certamente. La creazione è la sua creazione e niente e nessuno ne sarà mai il padrone anche e nonostante che non esista un metro quadrato della terra e ormai già anche dello spazio extraterrestre, dove non sia piantato il cartello con su scritto: qui c'è mio. Non è così. Perché Gesù è nella storia "ogni giorno fino alla fine dei tempi". E la sua parola non passa pur passando e svanendo i cieli e la terra. E al di là dei cristianesimi e delle chiese, la sua Persona, pace di Dio e di Uomo, muove e guida la storia sulla sua strada che è di passione, di croce, di risurrezione. Cioè Mistero e realtà di Amore.
Non è facile, forse, credere e tanto più avvertire questa Presenza e consentirvi appassionatamente, lasciandosi coinvolgere e travolgere dal fascino stupendo del suo progetto.
E può essere che la difficoltà a questa Fede e a questo Amore e cioè a questo consenso a Gesù Cristo, sia il fatto che, in fondo, non si crede e non si ama la pace.
La pace, valore antecedente, preminente, assoluto. Da preferirsi e scegliere sempre, con la disponibilità più serena a perdere tutto, a pagare qualsiasi prezzo.
La pace più della carne e del sangue e della salvezza dell'anima.
La pace con il nostro corpo e con il nostro spirito.
La pace con l'uomo e con la donna, la pace dell'uomo e della donna.
La pace perché dentro di se e intorno a se non esiste nemico, né inimicizia. Nemmeno il diavolo è un nemico e converrebbe lasciar in pace anche lui, povero diavolo.
La pace perché è scomparsa dal più profondo del cuore e dell'anima, la paura, l'angoscia, lo sgomento della difesa, la fatica della lotta. Sogno, utopia, follia? Può essere. Ma può anche essere che la pace sia fare spazio alla presenza di Dio. Trasparenza cristallina di aria, di acqua, di luce per la visione di Dio e il riflesso dolcissimo, adorabile della bontà, dell'Amore, nello spirito e nel corpo, nel cielo e sulla terra, nell'uomo e nella donna, nell'individuo e nei popoli, in ogni istante e nella storia.
E se sogno la pace è bellissimo sognare lo stesso sogno di Dio.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA marzo 1983, Marzo 1983

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