Questi nostri vescovi

Sentiamo il parere di Angelo Rizzo, che è da dieci anni vescovo di Ragusa e di Comiso. Il vescovo mi riceve nella sede della curia vescovile. "Alle marce per la pace, i comisani in genere non partecipano. Come mai? La gente non scende in piazza perché è convinta che non c'è niente da fare: comunque vada i missili arriveranno. Poi i comisani temono di essere strumentalizzati dai partiti. Ecco perché alle manifestazioni per la pace, sinora, hanno preso parte soprattutto i forestieri. Si tratta di marce su Comiso, e non dei comisani".
Come mai, ai comisani piacciono i missili? "Anche i comisani - risponde il vescovo - vogliono la pace, e sono contro i missili. Tutti i missili, sia quelli dell'Est che dell'Ovest. La gente diffida del pacifismo unilaterale, a senso unico, propagandato dai pacifisti che calano dal Nord. Certo la base NATO è un bubbone che si è venuto a collocare nel nostro corpo. Ma le marce, secondo noi, non servono a nulla. Sul problema dei missili, anche qui a Comiso è in atto uno scontro politico, ma la gente resta alla finestra. All'interno del clero ci sono state piccole frange che avrebbero voluto manifestare contro la base. Io, come la maggior parte dei vescovi italiani, ritengo che, come punto di passaggio sulla strada del disarmo, la deterrenza sia legittima. È una posizione vicina a quella dei vescovi francesi e tedeschi, che si sono già espressi nello stesso senso. Anche l'episcopato americano, che in un primo momento sembrava favorevole al disarmo unilaterale, è pervenuto alle stesse conclusioni". Quindi i missili sono necessari, per preservare la pace? "Noi non diciamo che è necessario convivere coi missili, ma di fatto ci sono. Se li togliessimo solo da una parte, daremmo spazio alla parte avversa, all'avversario, e questo non sarebbe giusto".

Corriere della sera - 4 dicembre 1983


In più di un'occasione ho sottolineato con altri l'utilità e la necessità che l'episcopato (italiano) dica una parola chiara sulla pace e su pace e disarmo. Evidentemente, quanti condividiamo questa opinione, finora non siamo stati convincenti sui modi e sui tempi di questa parola.

Mons. Bernini - Vescovo di Albano


Dal documento dei Vescovi francesi dei primi di novembre '83
"No, alla guerra! No, al disarmo unilaterale! La dissuasione nucleare come soluzione temporanea. Ma la dissuasione non è la pace! La non violenza, impegno per la persona, non può essere moralmente imposta ad uno Stato. I cristiani devono costruire la Pace!" "La chiesa non incoraggia affatto il pacifismo ad oltranza. La chiesa non ha mai patrocinato un disarmo unilaterale ben sapendo che esso può essere un premio alla violenza di un aggressivo complesso militare, politico e ideologico... ".
"In queste condizioni la condanna radicale di ogni guerra non getta forse i popoli pacifici alla mercé dei popoli animati da una ideologia di dominazione?...
Per sfuggire alla guerra questi popoli non rischiano di soccombere ad altre forme di violenza ed ingiustizia? Colonizzazione, alienazione, privazione delle loro libertà e della loro identità.
Al limite la pace ad ogni costo conduce una nazione ad ogni sorta di capitolazione! Un disarmo unilaterale può perfino provocare l'aggressività di certi vicini facendo loro nutrire la speranza di impadronirsi di una preda troppo facile...
...In un mondo dove l'uomo è ancora lupo all'uomo, trasformarsi in agnelli può anche provocare chi è lupo! Delle generosità male illuminate hanno talvolta provocato dei pericoli che esse credevano invece di esorcizzare. Una non violenza male impostata può scatenare delle reazioni a catena di violenze inspiegabili".
"La questione centrale è la seguente: nel contesto geopolitico attuale, un paese minacciato nella sua esistenza, libertà ed identità, ha moralmente il diritto di parare questa minaccia radicale con un 'altra "controminaccia" efficace, anche nucleare?
Fino ad oggi, pur sottolineando il carattere di limite di questo modo di parare e in più l'enorme rischio che contiene, la chiesa non ha ritenuto doverlo condannare. Si tratta di una logica di destrezza, certo, che non può nascondere la sua debolezza congenita. È per non voler far la guerra che si vuol mostrare la capacità di farla!
È ancora una volta un servizio alla pace lo scoraggiare l'aggressore costringendolo ad un inizio di saggezza grazie ad un timore appropriato.
La minaccia non è l'impiego!...".


Il Papa e la disobbedienza alla guerra
(da "Repubblica" del 17 novembre 1983

Il Papa ha invitato gli scienziati a non lavorare per la guerra e a rifiutarsi di dare il loro contributo a tutto ciò che serve alla fabbricazione di armi atomiche. Anche in ambiente laico questo invito ha suscitato consensi ed emozioni. Nel passato la chiesa ha benedetto bandiere e cannoni, ha proclamato guerre sante. Oggi, con un gesto rivoluzionario il pontefice non si limita a condannare gli eserciti e le guerre, ma invita gli scienziati all'obiezione di coscienza, ad abbandonare il posto di lavoro quando hanno il sospetto che ciò che fanno possa servire la causa della guerra anziché della pace. Li invita ad applicare quella che Max Weber chiamava l'etica della responsabilità. Essi non debbono farsi trarre in inganno dalle buone intenzioni, ma guardare ai risultati ultimi del loro lavoro, e sentirsi responsabili di questi.
Che cosa ne possiamo concludere? Che la chiesa cattolica si è portata sulle posizioni del pacifismo più radicale, di quelli che papa Wojtyla ha chiamato "i profeti disarmati'? Ho sentito che alcuni hanno interpretato le cose in questo senso. lo mi permetto di dubitarne e per diversi motivi.
Il primo è che il papa ha rivolto l'invito all'obiezione di coscienza agli scienziati, ma non a tutti coloro che sono, a qualunque titolo, in rapporto con la produzione e l'utilizzo di armi. Non ha chiamato in causa gli industriali che le producono, i loro operai. Non ha chiamato in causa i militari, gli stati maggiori, gli specialisti che fanno i giochi di guerra, i soldati che devono ubbidire, gli ausiliari. Non ha messo in discussione il servizio militare, non ha condannato i politici, i parlamentari che prendono le decisioni sul bilancio della difesa.


In realtà il papa non ha lanciato nessun appello alla disubbidienza civile. Non ha detto: voi cattolici che, a qualunque titolo, contribuite alla possibilità di una guerra atomica, dovete rifiutarvi di farlo, a costo di abbandonare il vostro posto di lavoro. Non ha nemmeno detto che collaborare, direttamente o indirettamente, alla possibilità di una guerra, è un grave peccato, per lo meno uguale ad altri peccati su cui recentemente si è soffermato, come l'aborto o l'uso di metodi contraccettivi chimici o meccanici.
In realtà la guerra non è un problema di scienza, ma di morale politica. La guerra finirà quando riuscirà ad imporsi un'altra morale, in cui verrà ritenuto colpevole quanto finora era considerato naturale. Il pacifismo e l'ecologismo sono i primi movimenti che tentano questo mutamento. E il tentativo, finora, è ancora maldestro, impregnato di vecchie ideologie, di pregiudizi paranoici. Però è in corso, ed i protagonisti sono questi movimenti nuovi. Né l'uno né l'altro hanno un'origine specificamente cattolica. Il discorso del papa significa che i valori portati da questi movimenti incominciano a farsi strada anche nel solenne edificio del cattolicesimo. Ed è anche di più: che il cattolicesimo dà via libera a forze che, finora, erano tenute a freno, Per questo è importante.
Francesco Alberoni


in Lotta come Amore: LcA gennaio 1984, Gennaio 1984

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