Il peccato della banalità

Se fossimo capaci, mossi da un desiderio di sincerità, di guardare dentro di noi, fin negli angoli più nascosti e segreti del noi stessi e del mondo nel quale viviamo, avremmo la spiacevole sorpresa di scoprire che il tessuto costruttivo e connettivo della nostra cosiddetta personalità e civiltà, è fatto, pressochè totalmente, di banalità.
E cioè tutto quell'insieme d'irrazionalità, di assurdità, di miserabilità che, attraverso il montaggio operato dalla vanità, questa voglia instancabile di falsificazione e di darla ad intendere a noi e agli altri, ottiene disinvoltamente che la stupidità diventi realtà di valori, che l'imbecillità apparisca intelligenza e cultura, che l'insignificanza risulti importanza ecc.
È chiaro che la banalità, la riduzione dell'infinito ad un guscio di noce e la gonfiatura del guscio di noce alle misure dell'infinito, rovescia i veri valori ottenendone il deprezzamento, la svalutazione attraverso quel semplice meccanismo di sostituzione progressiva proprio di una cultura che ha abbandonato la chiara ricerca ed esaltazione della verità, sostituendovi semplicemente la menzogna, l'apparenza, la strumentalizzazione, lo sfruttamento.
È vero che tutti, un po' più o un po' meno, siamo "quelli della notte" e tiriamo tranquillamente avanti in un clima di parapsicologia dove il racconto e la dimostrazione del come stanno veramente le cose, comprese quelle scientifiche, avviene sotto le luci di un palcoscenico.
È davvero sconcertante questo bisogno che tutti abbiamo, della banalizzazione, di ridurre sul lastrico della stupidità anche i valori più elevati, essenziali, determinanti la nostra dignità umana. Quella dignità che non ha niente a che fare con l'orgogliosità, ma che è semplice e serena coscienza dell'essere uomo, dell'essere donna, umanità che cammina eretta, può guardare il cielo azzurro e il firmamento stellato, cuore ansioso d'Amore, spirito che sogna l'Infinito...
Ma forse è perché la spaziosità, la grandezza, la gloria e cioè la coscienza profonda, misteriosa della vera dignità, ci spaventa, ci sgomenta, per quella strana impressione di perderci, che allora ci aggrappiamo all'assurdo come l'ostrica allo scoglio.
In fondo, è vero che banalizziamo tutto per paura. Paura dell'ideale, del sognare, dell'utopia e cioè di tutto quello che ci dà l'impressione (e l'esperienza) d'inconsistenza, d'irrealtà, d'impraticabilità.
Si fa avanti e spesso inconsapevolmente, ma anche a seguito di scelte precise e responsabili, il bisogno della concretezza, la logica del reale, del pratico, dell'immediato. Nella progressiva intensificazione di questa istintività del concreto, inversamente diminuisce, fino a vanificarsi o quasi, la coscienza dei valori dello spirito, della vera dignità umana: la libertà, l'uguaglianza, la fraternità; il diritto comune, la collaborazione, la pace, ecc. La banalità, la banalizzazione è inevitabile che sempre imperversi e a livelli mondiali fra i popoli (cosa c'è di più spaventosamente banale in questi nostri tempi della stupida, assurda banalità della "potenza" dei due blocchi e della sua personificazione negli uomini che detengono il potere?) e a livelli individuali per il moltiplicarsi e l'affermarsi della "serietà" pratica, realizzatrice, della banalizzazione, cioè del ridurre tutto, assolutamente tutto, alla calcolatrice, alla computerizzazione del concreto, in termini di profitto economico, di carriera politica, finanziaria, di affermazione di se, di vanità, di alterigia personale ...
Disgraziatamente per la dignità umana e per la sua onorabilità, la banalizzazione è, o sempre che sia, irreversibile. È come l'inquinamento: l'acqua limpida, l'aria pulita, la sanità della terra ecc. è sempre più una impossibilità perché l'inquinare è una necessità stabilita dal benessere. Così è della banalizzazione, sembra proprio che il nostro tempo ne abbia assoluto bisogno, fino a farne una cultura, una civiltà.
L'esemplificazione è perfino assurda da quanto la banalizzazione è ormai sistema imperversante. Perfino la Fede e cioè la visione e il consenso alla verità di Dio e dell'Uomo, al Mistero del tempo e dell'eternità, al giudizio nei confronti della pace o dello sterminio dell'umanità e cioè tutti quei valori che costruiscono dignità, onore, gloria... è spesso costretta nelle angustie di una proclamazione devozionale, di una testimonianza individuale o di groppunzoli, di liturgie a spettacolo, di presenze autoritarie, di affermazioni assolutizzate, di pastorali personalistiche... e cioè spesso di sconcertanti, angosciose banalizzazioni.
E il Vangelo ridotto a banalità è sacrilegio che grida vendetta davanti a Dio e davanti agli uomini. (E a ben pensarci di questo sacrilegio noi cristiani siamo tutti responsabili.)
Chi è che non ha sofferto (certo, meno che gli interessati per la loro faccia di bronzo) della banalizzazione delle ultime elezioni e del referendum sul "sì" e sul "no" per tutto quel tritume di rissa fra partiti, unicamente accaniti a strappare voti gli uni agli altri cercando di provocare e di sfruttare al massimo la banalità dell'elettorato?
Cos'è quell'incontro di Ginevra dove si banalizza, fino al tragicomico la sopravvivenza dell'umanità? E la spaventosa, orrenda guerra fra l'Iran e l'Irak per il rancore mortale di un vecchio maledetto e di un dittatore spietato e dei venditori di morte che sono i commercianti di armi?
E così nel disgraziatissimo Libano, nel Sud Africa, in Cambogia, nell'Afganistan, intorno al Nicaragua, nel Cile ecc. Tutti attestati spaventosi di riduzione di popoli e popoli alla banalità d'interessi economici, di miserabili vanità personali.
La banalità orrenda fino all'assassinio assurdo, impazzito del terrorismo. La banalità miserabile della mafia, "l'onorata società" a schiavizzare la miseria per realizzare supremazie a forza di paura e di spargimento di sangue. Così la camorra. Così la produzione di cocaina e di eroina nelle terre diversamente costrette alla fame e il suo fluire maledetto destinato a concludersi nell'arricchimento e nella morte. Così la fabbricazione di armi e il commercio ad alimentare, a favorire le guerre.
Lo scontro fra i blocchi giocando sulla distruzione del mondo...
È tutta un' enorme, spaventosa, terrificante banalizzazione di valori ridotti sempre più alla miserabilità, allo schifo, alla nausea d' interessi personali o multinazionali.
Perché ciò che domina il mondo e la storia e conduce l'umanità all'autodistruzione è la vanità, la banalità di persone, di essere umani, che per trenta, sporchi denari, vendono la pace, la dignità, la libertà, la fraternità, l'intesa, raccordo, il rispetto... ogni valore autenticamente umanità. E cioè i politici, gli economisti, i militari, gli scienziati, gli intellettuali, i mestatori internazionali, gli arrivisti nazionali... È chiaro che l'elenco non può che essere simbolicamente indicativo perché chiunque cerca e ottiene, a qualsiasi titolo e a qualsiasi livello, l'elevazione della propria statua (questa banalità estrema) facendo degli altri (famiglia, società, partito, popoli, Chiesa ecc.) il piedistallo dove sistemare la propria "personalità", si abbandona alla banalità più stupida e commette il peccato di ridursi alla banalità dell'idolo.
Ma non è possibile non considerare la responsabilità di queste banalizzazioni personali (assai più comuni di quanto si creda) anche e particolarmente per la provocazione di banalizzazioni collettive. La passività dell'opinione pubblica, la stupidità delle folle, questo affidarsi, consegnarsi al "capo" riponendo in lui (e in tutto quello di cui lui è l'emergenza) ogni speranza e ogni illusione, è immensa, penosa, sconcertante banalità. Banalità che spesso, oltre alla delega, comporta altre banalità quali quelle, così per esempio, di ridursi a pensare e a interessarsi solo a se stesso, al proprio buco, ovattandolo più che sia possibile di benessere, realizzando il proprio giro, piccolo o grande che sia, dove sentirsi veramente "qualcuno".
Ecco dove e come la banalità è stata vinta, respinta. Dove e come la banalizzazione può essere superata e ritrovare la pura, semplice, esaltante dignità umana.
Anche se è vero che sempre più queste due pagine di Vangelo siano inaccettabili: le banalità di cui siamo inquinati c'impediscono perfino di considerarle una proposta seria.
Le due pagine di Vangelo (ma tutto il suo racconto è annuncio e proposta di umanità nuova) si trovano, per chi volesse leggerle, ma è vero che sono conosciutissime, in Matteo capitolo 4,1-11 e capitolo 6,25-33.



in Lotta come Amore: LcA giugno 1985, Giugno 1985

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