La posta di fratel Arturo

Carissimi amici d'Italia,
nell'ultima lettera vi annunziavo la mia conversione dal nomadismo alla vita sedentaria. Speriamo che l'altra, quella che propriamente chiamiamo conversione, non sia della stessa qualità, perché sarei perduto. Nel tempo intermedio fra le due lettere ho passato una quarantina di giorni in Argentina, viaggiando dalla Patagonia a Mendoza - la Mendoza de "Dagli Appennini alle Ande" -, a Resistencia, a Buenos Aires; poi ho viaggiato per lo stato di Rio Grande. Una trovata per farmi accettare ritiri, incontri e cose simili dentro lo stato è che "sono in casa" e non si può parlare di veri viaggi. Ma pensate che lo stato di Rio Grande ha la stessa superficie dell'Italia meno le due isole. Per andare da una città all'altra devo fare un viaggetto come Milano-Roma. Questa settimana, per esempio, per stare un giorno con gli amici della Fraternità sacerdotale che si riunivano "vicino a casa mia", ho fatto trecentocinquanta chilometri di andata e altrettanti di ritorno.
Ora siamo già alla metà di settembre e devo prepararmi a un viaggio di tre mesi che ha come meta Canadà-Nicaragua-Colombia. Perchè vi scrivo questo? Per farmi compatire o ammirare? La ragione vera che ho trovato è quella di protestare vibratamente e davanti a testimoni, la mia volontà di fermarmi e di mettere finalmente radice in un posto. Mentre scrivo una voce interna mi dice - devo registrare tutto per essere veramente aperto e leale con voi - "E se Dio non lo volesse?". Così chino la testa e avanti. Non pensatemi triste e rassegnato: ogni mattina mi alzo salutando la vita e assumendo con gioia quello che devo fare oggi.
Con i miei tre compagni siamo stati fedeli all'adorazione dalle 22 alle 23 nella nostra cappellina che è davvero accogliente e invita molto alla preghiera; cerchiamo di mettere tutti i mezzi per essere una vera fraternità. Dopo tante esperienze di comunità religiose, sono arrivato ad una convinzione che mi accompagna in questa ricerca costante. Mi pare che la vita religiosa attuale sia stata formata da esigenze che sono risultate dal Concilio di Trento: esigenza che chiamerei missionaria o di conquista, esigenza di istruzione che chiamerei dottrinale, per raggiungere efficacia; di qui viene la necessità di una disciplina, e di fare dell'obbedienza il centro della vita religiosa. Mi pare che le due grandi correnti religiose pretridentine, la monastica e la francescana, rispondessero alla intenzione di lodare Dio, riconoscendo la sua bontà nella creazione e quella di vivere nel mondo in mezzo agli altri e con gli altri, soprattutto i poveri, quell'amore che Gesù è venuto a portare sulla terra. Penso che la richiesta dell'uomo di oggi sia quella di poter dire: "Guardate come si amano" piuttosto che quella che potrebbe nascere dall'assistere a una parata militare: "Guardate come sono ordinati e come sono bravi". Sento che la vita religiosa non può aiutare veramente la Chiesa e il mondo, se pensa a riformarsi dall'interno; deve rispondere al tempo, a quelli che il Concilio chiama i segni del tempo. Sento che è molto più esigente una comunità che vive cercando la comunione che una comunità che è orientata alla ricerca della efficacia, anche se si tratta di una efficacia pastorale. Non so se riusciremo a costruire qualcosa, se non siamo capaci noi, altri gruppi raccoglieranno il nostro messaggio. Non mi sgomenta per nulla il fatto di essere sempre al principio. In questo mese ho piantato delle mute di alberi che io non vedrò crescere, gli ulivi della nostra terra, che amici mi hanno mandato, cipressi e altre cose. Non sento la tristezza di non arrivare a vederli, sento piuttosto la gioia che proveranno gli altri nello scoprirli un giorno. Penso che il dono grande dello Spirito Santo è proprio quello di motivare a seminare nelle lacrime, vedendo quelli che mieteranno con gioia. Il momento oscuro della seminagione è già illuminato dalla gioia della speranza che è una forma di amore verso gli altri, quelli che verranno. Penso di non lasciare nulla, perché quello che si mette da parte per gli altri, quando gli altri lo ricevono, è "andato a male" come diciamo noi toscani, e quindi non serve più.
Vorrei lasciare questa disposizione a ricominciare sempre, fino all'ultimo giorno della vita e ricominciare è sperare. Lasciare agli altri la speranza è trasmettere la migliore eredità, perché con la speranza tutto è possibile, senza speranza i piani più efficaci sono svuotati di efficacia.
Sono convinto che un vero rinnovamento della vita religiosa sarà reale quando i gruppi religiosi e congregazioni, senza perdere la loro identità, si lasceranno interpellare seriamente dal popolo e saranno capaci di comprendere le esigenze del popolo e di dare una risposta soddisfacente. Finché tutti i rinnovamenti sono orientati ad una applicazione sempre più esatta delle regole e delle costituzioni non possiamo attendere un vero rinnovamento. La condizione che pone lo Spirito Santo per compiere la sua opera di rinnovatore, è sempre quella di avere il coraggio di perdere la sicurezza che ci viene dalla dipendenza dalla legge. So che questo non è facile, ma non possiamo inventare un altro metodo. Mi scuserete se vi ho trattenuto su un argomento che forse interesserà a pochi, ma non potevo non aprirvi il mio cuore che è costantemente rivolto agli interessi di quella grande comunione che ci comprende tutti, e che si chiama Chiesa.
Vi abbraccio e vi porto con me,


Arturo


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1985, Dicembre 1985

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