Il tempo favorevole

Vorrei fare delle semplici riflessioni sugli "appuntamenti" che lo scorrere del tempo, la cronaca e la storia della nostra vita spesso ci offrono e che possono essere appuntamenti perduti, incontri mancati, occasioni per scelte che potrebbero significare cambiamento, novità, conversione del cuore e dell'esistenza. Come cristiano penso sia giusto credere che il tempo non è "neutrale"; che non si debba vivere la vita comunque sia, ma che occorra lottare perché il buio faccia posto alla luce. Quindi credo sia importante prestare attenzione al procedere delle vicende umane, al complesso tessuto di tutto ciò che avviene, al dipanarsi di quel misterioso filo che è la cronaca d'ogni giorno: poiché certamente è all'interno di essa che passa il tempo di Dio, la spinta crescente del suo Regno, l'emergere lento ma inarrestabile di una umanità che sia sempre più quella sognata, annunciata, attesa dall'Amore del Padre. Non per niente il nostro essere cristiani è radicato in un fatto preciso di questa cronaca e di questa storia: quella "pienezza dei tempi" di cui parla l'apostolo Paolo riferendosi alla nascita di Gesù, all' entrare del Figlio di Dio nello svolgersi della storia dell'uomo.
Non sono un teologo e quindi non ho nessuna patente autorizzata per una riflessione organica, scientifica, culturale sui motivi, le ragioni, le verità della Fede; né pretendo assolutamente di esserlo. Questo scrivere sul nostro piccolo foglio non ha nessuna pretesa all'infuori di quella che nasce da un umile, ma appassionato desiderio di mettere in comunione con gli amici "lettori" qualche spezzone del suono racchiuso nell'intimo del cuore e dell' anima - magari in maniera confusa e forse anche contraddittoria - e che ispira il proprio cammino quotidiano.
Così, sollecitato dalla lettura di un documento molto serio di un gruppo di teologi sudafricani sul gravissimo problema dell'apartheid, mi sono trovato a pensare ad alcuni "momenti perduti" da parte di noi come Chiesa italiana, intendendo per "Chiesa" tutto l'insieme di credenti, il popolo di Dio con la gerarchia. Momenti perduti nel senso letterale del termine: appuntamenti mancati per una scelta seria in ordine ai valori del Vangelo; che sono poi valori decisivi per una storia umana che non sia più segnata dalla distruzione, dal compromesso, da una "giustizia dei farisei" buona in sé ma non sufficiente per la crescita del Regno di Dio.
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Ho pensato a Comiso: il tempo dei missili a testata nucleare, il tempo di una scelta molto seria in ordine alla pace, di fronte ad un concetto di "difesa" basata sempre più sulla deterrenza, termine che significa "fare paura" all'avversario con mezzi e sistemi che sopravanzino il più possibile le sue capacità di offesa. Così, in una terra buona per il verde delle vigne e il profumo dell'uva, è fiorito un campo che segna la vittoria delle forze della morte: e all'interno di esso è iniziata - e va avanti - la costruzione di una grande chiesa. La prima pietra è stata solennemente benedetta dal vescovo di Ragusa e a niente sono valse' le proteste, anche recenti, di cristiani e sacerdoti della Sicilia (e di altre parti): il tempo è passato, è difficile - forse impossibile recuperare un simile appuntamento per proclamare che non può esistere comunione là dove gli uomini si mettono insieme non per costruire la pace, ma per organizzare sistemi di guerra. Le ragioni della vita non possono andare d'accordo con quelle della morte; l'amore per i nemici non può conciliarsi con la preparazione delle loro distruzione.
La città di Dio, di cui ogni chiesa materiale dovrebbe essere come il simbolo e l'indicazione, non può nascere dalle stesse radici di Babele, la città degli uomini che progettano il loro destino "senza Dio".
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Poi c'è stato il concordato fra la S. Sede e lo stato Italiano. Forse, io sono un sognatore incallito, un piccolo visionario fuori dalle serie ragioni della storia. Ma continuo a pensare che anche questo è stato un "tempo mancato", un'occasione perduta per ridefinire finalmente un rispetto e una libertà radicale fra ciò che è lo Stato e ciò che è la Chiesa del Signore Gesù. Concordare, mettersi d'accordo, su che cosa? Come cittadino ho la Costituzione; come cristiano ho il Vangelo: il "concordato" - quando è possibile - è fra questi due termini, con precisa e indiscussa prevalenza del secondo. Poiché bisogna obbedire prima a Dio e poi agli uomini. Tutto il resto è sospetto fortemente di interessi di parte, di vantaggi, di privilegi materiali, morali, economici, politici... Così rimangono i compromessi di struttura; soprattutto il concetto di una "Chiesa-società" che sembra chiaramente rifiutarsi di scomparire come lievito nella massa, camminando fra la gente senza borsa, senza denaro di scorta, senza particolari appoggi e sicurezze che non siano quelli che le vengono dall'Amore premuroso del Padre e dalla potenza dello Spirito del suo Signore. Pugno di sale, luce accesa sulla collina, pezzo di pane sulla tavola del povero e dello sfiduciato, scalpello che rompe le catene dei prigionieri e degli oppressi, voce che grida la parola della giustizia e della pace: questa Chiesa è figlia dell'utopia e del sogno, oppure è il frutto della Fede nella presenza di Dio nella storia?
Il concordato del 1985 - dicono gli esperti - è un "nuovo concordato": certo è più moderno, più secondo i tempi, più illuminato e aggiornato.
Non so, però, quanto esso sia "nuovo" secondo la novità del tempo di Dio.
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Non sono pessimista, nonostante le apparenze: vorrei essere "realista", cercando di vedere esattamente come stanno le cose nella loro verità quotidiana, precisa, senza maschere. Vorrei poter chiamare pane il pane e vino il vino; pace ciò che pace è veramente e guerra ciò che è guerra, violenza, sopraffazione. Vedere chiaro il tempo degli uomini, anche il "mio" tempo, e il tempo di Dio, il suo incessante bussare alla nostra porta, il suo instancabile tentativo di fare dei nostri cuori di pietra dei cuori di carne viva e ardente, e di ammorbidire la durezza delle nostre menti. Perché spesso é evidente il nostro essere "popolo dalla testa dura": popolo delle mezze verità, dei mille compromessi, dei facili applausi, della doppia lingua.
So benissimo - e questo mi dà coraggio e fiducia piena - che qua e là nell'intreccio della cronaca e della storia umana soffia con forza il vento dello Spirito: allora la parola diventa chiara, la verità e l'amore si fanno strada, la giustizia e la pace germogliano e fruttificano. La Chiesa, allora, diventa popolo di Dio in cammino nella libertà e nella limpidezza del Vangelo. Anche se ogni volta che questo miracolo si compie, subito appare l'ombra della croce. Forse è proprio per questo che abbiamo paura del tempo di Dio che si insinua come un cuneo dirompente nella apparente e falsa tranquillità del tempo della nostra vicenda umana. Le nostre tenebre - come dice l'evangelista Giovanni - hanno timore della luce che viene perché esse scompaiano.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA febbraio 1986, Febbraio 1986

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