Carpenteria in Etiopia

Tra una ventina di giorni partirò in aereo per Addis Abeba. Duecento Km. a sud, ad Assela, resterò per una paio di mesi abbondanti. Presso Padre Silvio in una missione che raccoglie oltre un centinaio di ragazzi e ragazze. Una scuola di arti e mestieri per offrire, da un punto di vista educativo, una consapevolezza di sé e per rispondere ad esigenze essenziali della vita della comu-nità. Il gruppo A.T.M. (Amici Terzo Mondo) di cui fa parte don Rolando mi ha offerto questa possibilità caricandosi delle spese oltre ad un rimborso per il mio mancato guadagno di piccolo artigiano. Dovrei iniziare con un piccolo gruppo di ragazzi della comunità di Padre Silvio un lavoro di carpenteria con gli attrezzi a suo tempo inviati dall' A.T.M.
Praticamente non farò niente di diverso da quello che sto facendo ora. Spero solo... di lavorare di meno. O meglio, con minore affanno. Ed anche se le condizioni saranno sicuramente tutt'altro che simili a quelle di Viareggio, credo che la serenità di questi due mesi di lavoro in Etiopia mi venga dalla consapevolezza che, ancora una volta, sto per vivere un tempo in cui sovrabbondante sarà quello che riceverò in rapporto al poco che potrò dare.
E innanzitutto questo tempo in cui mi troverò in una condizione di solitudine. Una solitudine non certamente fisica, ma dettata dalla lontananza, dalla lingua, da una realtà tutta diversa. Una solitudine desiderata - anche se mi costa - per guardare più a fondo dentro di me, per lasciare che emerga quello che appartiene al mio divenire. E la difficoltà di comunicare non mi sarà di peso proprio per questa presenza di me a me stesso: non superbia e chiusura narcisistica, ma attenzione interiore che rende profonda la comunicazione non attraverso le parole, ma il gesto, il corpo, lo sguardo che abbraccia lo stesso orizzonte.
Ed insieme alla solitudine la sensazione di una pagina nuova che si apre. Oh, intendiamoci prenderò il biglietto andata e ritorno! Ma non si parte per un lungo viaggio senza che ci accompagni un nuovo essere delle cose, una valutazione diversa dei rapporti vissuti. E questa disponibilità ad entrare nel nuovo mi appartiene senza forzature, ma con molta speranza. Sento che è cosa da coltivare con attenta sollecitudine proprio per fedeltà agli affetti, le amicizie, gli impegni che fin qui mi hanno accompagnato.
Ma l'Africa, l'Etiopia, il Terzo Mondo... sono forse un fondale a problematiche tutte personali ed interiori? Un fondo di tinta neutra per una vicenda tutta intimistica?
No. È realtà concreta di cielo e terra, volti umani, storia che affonda le sue radici oltre i segni di questa nostra occidentale civiltà. È mano cui voglio avvicinare la mia, aperta il più possibile in modo che sia chiaro che non contiene nient' altro che il desiderio di stringerne un' altra.


in Lotta come Amore: LcA giugno 1986, Giugno 1986

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