La lettera di Arturo

Cari Amici:
nella mia ultima permanenza in Italia (8 aprile - 8 giugno) ho scoperto il senso di essere un ponte fra l'Europa e il terzo mondo. L'aver guardato costantemente l'Italia dall'America latina, e il guardare periodicamente l'America latina dall'Italia, mi ha aiutato a vivere la problematica che vedo trattata ottimamente nell'ultimo numero di "Bozze" che porta come titolo "Pentirsi della conquista".
Credo sia molto importante creare fra i due mondi una nuova relazione e ve lo vorrei spiegare prendendo come paradigma la mia esperienza americana. Questa esperienza di vita in America latina si potrebbe dividere in tre tappe: a)guardare l'Italia dall'America latina con NOSTALGIA. La mia vera terra è quella non questa; sono qui per una missione provvisoria con gli occhi fissi sul ritorno. b) Progressivamente si compie la conversione culturale, l'identificarsi con quelli che sono "altri", ed è la tappa della COLPEVOLEZZA "Guarda quanto male vi abbiamo fatto". E come conseguenza guardare l'Europa con rancore e con la volontà di caricare l'Europa di un complesso di colpa: vi dobbiamo una riparazione. c) Ma questa America latina deve situarsi sempre in una relazione di vittimismo e di rivalsa? Sto scoprendo la tappa della COMPLEMENTARIETÀ. È urgente aiutare ora il dialogo fra le culture. L'America latina non deve continuare ad essere il mendicante che tende la mano alla parte sazia e sufficiente, ma deve dare la sua partecipazione attiva alla ricerca di salvezza dell'umanità, che è la meta più urgente della nostra storia. Vedo, senza timore di ingannarmi, che la nostra è la cultura della SOLUZIONE e quella è la cultura della SALVEZZA: le due si devono incontrare e completare.
È stato per me importante vivere due vicende italiane, quella del metanolo e quella della nube radioattiva. L'avvertimento del metanolo dimostra quanto sia fatale, portatrice di morte, l'obbedienza alla legge di mercato che è il dogma in discutibile della società capitalista. Partecipe di questa vergogna nazionale, ho pensato spesso alle parole di Paolo: la legge è morte. La nube radioattiva ci ha persuaso quanto sia pericolosa la nostra sufficienza tecnica, il credere ciecamente che basti la nostra capacità di risolvere tutti i problemi. Torno con più esperienza nella "mia" America latina e mi propongo di continuare la funzione di ponte finché ne avrò la possibilità.
Credo che l'esperienza della nube atomica abbia svegliato in noi europei la coscienza di appartenere a una cultura disumana perché tutti i ragionamenti pro e contro la nube radioattiva non ci hanno mai fatto calare nella questione di fondo. Nel dibattito l'ho sentita appena sfiorata da un fisico americano, Robert Pollard: "Provi a fare questo esperimento: dica ai suoi ospiti che nella coppa delle caramelle ci sono 999 caramelle buone e una al cianuro. Una probabilità su mille pare rassicurante, non le pare? Tuttavia nessuno toccherà le caramelle". L'argomento pare convincente, eppure non convince nessun paese.
l reattori nucleari ormai sono fuori discussione, si parte dalla necessità di costruirli, poi si vedrà come non farli pericolosi. In fondo dimostriamo di non amare la vita: l'amiamo come concetto, come astrazione, come diritto, ma non come realtà. Il fatto che ci scagliamo contro l'aborto che attenta il diritto alla vita, che non ci scagliamo con altrettanto vigore contro la fame dei bambini che sono già al mondo, significa che siamo più sensibili alle astrazioni che alla realtà. E allora sul terreno delle astrazioni hanno più argomenti gli scienziati che i moralisti. Se veramente siamo difensori della vita, bisogna che difendiamo quella concreta dei poveri; dei bambini di quelli che vogliono sopravvivere in un terzo mondo che è il mondo sfruttato, oppresso. E quando una teologia e una pastorale della liberazione cerca di far giungere ai fratelli di fede il clamore degli oppressi, che, secondo il racconto dell'Esodo, giunge all'udito di Dio, bisognerebbe che questo clamore non si trasformasse in una curiosità. Ho avuto spesso l'impressione che la teologia della liberazione si allineasse alle novità di libreria per l'arco di tempo abituale per le novità e che sfuggisse alla grande maggioranza che questa teologia portava il gemito dei poveri, era il seguito dell'Esodo. La mediazione dell'America latina dovrebbe aiutare il pubblico di cultura europea a scoprire la vita, come vita concreta e non come astrazione. Il secondo decreto sulla teologia della liberazione prova che sappiamo trasformare la liberazione in libertà cioè un processo reale storico, pagato col sacrificio della vita, autenticato dal martirio, in una idea astratta che non fa male a nessuno, sappiamo imbalsamare un essere vivente e metterlo in un museo. Non sono negati i concetti fondamentali della teologia della liberazione solo che sono svuotati di vita e allineati in una vetrina per soddisfare la curiosità estetica dei visitatori del museo. La teologia della liberazione scritta dalla vita, entra nell'accademia teologica e muore, ma al di là dei mari vive, e questo continuerò ad annunziarlo. So che la mia voce si sperde, ma lo Spirito del Signore può darle vigore ed efficacia.
Vi devo tendere la mano, perché abbiamo dato inizio ad una cooperativa di lavoro; che ha reso necessario l'acquisto di terre e quindi la necessità di un capitale considerevole, ma vi prometto di inviarvi altra ricchezza. Paolo tendeva la mano a una chiesa e scriveva: "Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e ci sia uguaglianza, come sta scritto: "Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno" (2 Cor. 8,1.3) E anche questa è complementarietà.
il vostro amico


Arturo


in Lotta come Amore: LcA giugno 1986, Giugno 1986

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