Lettera di fratel Arturo

Cari amici dell'Italia,
Sempre lascio l'Italia con una spina nel cuore, perché la separazione sarà sempre dolorosa, ed è una dei segni di quella rinunzia al proprio "io" che Gesù lealmente chiede a chi decide si seguirlo, e forse non è il più doloroso. Sono sbarcato a Rio de Janeiro, dove ho passato due giorni riposanti, incontrando amici che mi hanno avvolto della loro cordialità così calda in questo sud del mondo, da cancellare ogni residuo di tristezza.
Uscendo dalla casa che mi ospita, m'imbatto in bambini macilenti che emergono da scatole di cartone dove hanno trascorso la notte. A venti minuti da qui c'è Copacabana la spiaggia, la mondanità, la nudità pulita all'epidermide qualche volta più veramente sporca del sudicio che appare sulla pelle di questi ragazzi, Una mattina, percorrendo una straducola molto simile a quella dei bassi di Napoli, per recarmi a una casa religiosa, mi è apparso improvvisamente nel fondo lo scenario del Corcovado: sulla cima emergeva poco a poco il Cristo redentore. Un Cristo lontano, turistico, che questi poveri ormai non guardano più. Il Cristo vicino cammina per queste straducole e si dà a conoscere solamente se abbiamo il tempo di sedere con lui con questi poveri che circolano per la Rio proibita, e mangiamo il pane che lui spezza per ciascuno di noi. Mi sono sentito stringere di angoscia pensando di non avere una casa dove costringere l'ospite ad entrare, e mi sono sentito sciolto solo quando mi hanno telefonato che le famiglie del barrio mi attendono con impazienza, "con saudade", suona con intraducibile parola portoghese che racchiude tristezza e gioia, il rimpianto della lontananza e la gioia di rendere vicino colui che è lontano. Non mi hanno dimenticato, mi accoglieranno e posso uscire di casa e camminare per queste strade e sorridere a questi bambini che noi escludiamo dalle nostre case per mantenerle pulite e in ordine. Purtroppo devo differire il ritorno, perché da Rio parto per Caracas a vedere gli amici venezuelani. I miei viaggi mi fanno pensare al fratello Paolo e vorrei come lui, essere un mezzo di comunicazione fra le varie chiese. In Italia ho parlato di complementarità delle culture e di una comunicazione fra gruppi che vivono esperienze storiche diverse, per superare un tipo di relazione verticale assistenzialista che, invece di favorire la pace, scava sempre più profondo il solco della separazione. Se veramente vogliamo la pace, e la nostra collaborazione alla pace va oltre i sospiri e le iniziative idealiste che non calano nel concreto della storia, bisogna cercare tutti i modi di favorire questa comunicazione che deve produrre il frutto di una vera comunione. Mi colpirono molto le parole che vidi scritte sulla copertina di una rivista "pentirsi della conquista". Anche il pentirsi potrebbe restare sterile, se finisce in tre colpi sul petto: bisogna cancellare un tipo di relazione inaugurata alla conquista e trasmessa come metodo di relazione, ormai accettato passivamente e incrostato nella nostra cultura.
Quanto a me, nella mia vita, ho scoperto che, per resistere psichicamente a tanti cambiamenti e a tante successioni, la sola condizione è quella di mantenere una unità interiore, evitare di perdersi nella moltitudine d'interessi, respingere le sollecitazioni che ci vengono da situazioni nuove che emergono dal succedersi di ambienti diversi. Ho notato in quest'ultimo viaggio di essermi stancato molto meno del solito, perché mi sono avviato a questa specie di quiete interiore e di raccoglimento nell'uno necessario che in fondo è l'amore che si offre nella sua opportunità concreta. Fino a qualche anno fa desideravo con una certa inquietudine, uno spazio stabile, una specie di stabilità monastica per dedicarmi con più libertà e forse più comodità, alla preghiera e alle attività sedentarie che mi hanno sempre attratto. Ora lo penso meno e con più calma e distacco.
Dopo il soggiorno in Venezuela, verso il 24 del mese, andrò da don Pedro Casaldaliga il Vescovo poeta dell'Amazonia con cui stiamo preparando un libro di spiritualità. Pedro è una di quelle persone che fanno riflettere seriamente alla radicalità del Vangelo: la sua stessa figura fisica che porta i segni evidenti di una vita povera e appassionata, è un richiamo permanente all'esclusività che Cristo richiede da chi manifesta il desiderio di seguirlo. Dialogando con lui, mi fa da sottofondo musicale la frase della beata Angela da Foligno: "Non ti ho amato per burla" e Pedro avrebbe il diritto di dire: "Non ho scherzato con l'amore" eppure la sua radicalità non ha cancellato per nulla la sua umanità che definirei travolgente: è poeta e per questo conosce il segreto di liberare il suo cuore dalle strette angosciose che gli procura la sua missione di Vescovo in terra di conflitto, e di lasciarlo portare sulle ali della fantasia. E l'umorismo, segno evidente di equilibrio e di saggezza, smorza sempre quel senso di ammirazione che farebbe sorgere la sua ammirevole vita. Nonostante lo abbia visto piangere, l'immagine che porto con me è quella di un uomo che riposa costantemente in Dio. Se viene in Italia, vi chiedo di non mostrargli queste righe, perché non gli piacerebbero. In fondo non so se gli farebbero dispiacere, perché pensare che Pedro possa essere raggiunto dalla vanità, vorrebbe dire conoscerlo solo da lontano.
Poi tornerò a Foz di cui, come vi dicevo sopra, mi sono giunte le voci. Finalmente il Natale con i miei; ma chi sono i miei? Questi viaggi mi fanno scoprire la vastità della nostra famiglia. Raggiungere i suoi spazi non vuoi dire perdere l'intensità del'affetto che ci unisce: quanto più aumenta lo spazio dell'amicizia, tanto più cresce la profondità dell'amore che ci unisce. E faccio l'esperienza che la morte non è triste quando ci troviamo circondati da amici. Come spostando continuamente di luogo, mi accorgo di non lasciare nessuno, cosi morendo, penso di non lasciare nessuno. Carlos il compagno argentino che mi accompagnava nel mio viaggio in Italia, è rimasto molto soddisfatto di incontrarsi con molti di voi: credo che abbia potuto constatare che il nostro nazionalismo e illuminismo cartesiano, che è visto un po' come il motivo della relazione nord-sud così disumana, non ha distrutto completamente il nostro cuore; e anche nell'emisfero nord esistono persone che hanno conservato una grande capacità di amare. L'ho visto partire dal Brasile un po' cupo, perché aveva la coscienza di andare nell'accampamento nemico, e tornare sereno, perché in questo accampamento ha scoperto degli amici. Gesù ha sentenziato che un regno contro lo stesso regno è destinato a polverizzarsi, e tutti speriamo che il regno della dominazione, della disuguaglianza della non-fraternità si polverizzi presto e si manifestino i segni del regno di Dio. Penso spesso ai violenti colpi di piccone che buttano giù i fregi barocchi e fanno apparire nella sua bellezza elegante l'edificio originale che un criterio discutibile di bellezza aveva nascosto sotto una fastosità apparente. Ma non dimentichiamo che il ricordo di Carlos è stato evocato perché egli desidera unire i suoi saluti cordiali ai miei.
Vi abbraccio con vera amicizia e arrivederci.


Aturo


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1987, Dicembre 1987

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